I giornali gratuiti avranno la pelle della stampa quotidiana di qualità? E’ quello che sostiene da tempo Serge July, il fondatore di Libération, che è ora sul piede di partenza, «costretto e forzato» dall’azionista di riferimento, Edouard de Rothschild. Libération avrebbe perso 3mila copie a Parigi a causa dei gratutiti. Dalla scorsa settimana, c’è in Francia un terzo quotidiano gratuito, Direct Soir, che viene distribuito nel tardo pomeriggio, dalle 16,30 a Parigi, ed è stampato in 500mila copie, diffuse in 15 città francesi. Direct Soir affianca gli altri due quotidiani gratuiti, Metro e 20minutes, che fanno ormai parte della lista dei primi cinque quotidiani francesi per diffusione.
La presenza dei gratuti in Francia, un fenomeno che è esploso nel mondo occidentale negli ultimi cinque anni, sta sollevando da tempo molte polemiche. Soprattutto perché, mentre i gratuiti prosperano – anche se per gli utili tardano a concretizzarsi – i quotidiani «a pagamento» sono in crisi. Quasi un centinaio di soppressioni di posti di lavoro nella redazione di Le Monde nell’ultimo anno, programma di dimissioni a Libération dopo la crisi dell’autunno (ci sono stati anche alcuni giorni di sciopero) fino al nuovo terremoto di ieri, crisi quasi mortale a France Soir, appello a una sottoscrizione tra i lettori lanciato ieri dall’Humanité.
Dei grandi quotidiani, come Le Monde, Le Figaro, L’Equipe o Le Parisien, hanno stanno studiando da un po’ di tempo di pubblicare direttamente un gratuito a Parigi (ma per il momento il progetto è rimasto nel cassetto), mentre la stampa regionale, più prospera, si è gettata a capofitto in questo nuovo mercato promettente (il gruppo Midi libre, ormai controllato da Le Monde, Ouest France, la Socpresse, controllata da Dassault ed editore di Le Figaro: tutti sono editori di gratuiti provinciali). Durante la crisi di Libération, all’assemblea dei redattori e dei dipendenti era stata dibattuta ad un ceto punto l’idea di fare «un gratuito di lusso».
In Europa, ormai il 17% della diffusione dei giornali è rappresentata dalla stampa gratuita, 18,6 milioni di copie distribuite in Europa (27,9 milioni nel mondo, per 169 testate complessivamente). E ci sono paesi dove il peso dei gratuiti è ormai impressionante: 51% del totale del mercato in Spagna, 33% in Portogalolo, 29% in Italia. 439 milioni di quotidiani vengono duffuse ogni giorno del mondo, cifra che sale a 464 milioni se si addizionano i gratuiti. Su 6,5 miliardi di abitanti della terra, più di un miliardo legge quotidianamente un giornale, con una crescita del 6% della diffusione negli ultimi 5 anni.
Ma i dati positivi vengono dall’Asia, non dall’Europa, che è in crisi: la diffusione è stata in calo dello 0,6% nel 2005, meno 5,2% negli ultimi cinque anni (negli Usa, il calo è stato del 4% dal 2001 a oggi). Secondo l’Associazione mondiale dei giornali, i gratuiti, a termine, sostituiranno la stampa quotidiana a pagamento, perché i giovani sono abituati ad avere le informazioni gratis, su Internet e con la free press. I siti web sono in pieno sviluppo: più 200% in cinque anni di audience, mentre le entrate pubblicitarie dei siti Internet dei giornali sono state in crescita del 24% nel 2005.
Direct Soir è di proprietà di Vincent Bolloré, che è anche proprietario di una tv che non ha grande pubblico, Direct 8 e, soprattutto, è il primo azionista del gruppo di pubblicità Havas. La struttura organizzativa di Direct Soir chiarisce bene come funziona la stampa gratuita: il quotidiano viene distribuito da una filiale di Havas, che ha reclutato 300 giovani, che devono portare in testa un cappellino con il nome della «marca», mentre la redazione è fatta di «volontari remunerati di conseguenza» – così spiega Vincent Bolloré – che già lavorano alla tv Direct 8. Una sinergia è anche stabilita con il sito web della tv di Bolloré.
Metro è una multinazionale: presente in 17 paesi e 45 città, appartiene al gruppo svedese Modern Time Group, di cui Tf1 (prima rete tv d’Europa, privatizzata nell’87 dall’allora primo ministro Jacques Chirac) controlla il 34,3% del capitale del ramo francese.
20minutes (Francia) è controllato dal norvegese Schibstead e dal gruppo di stampa regionale Ouest France.
Le redazioni sono ridotte al minimo: una ventina a 20minutes, meno di 30 a Metro, cioè venti volte meno di Le Monde. Malgrado ciò, i gratuiti rifiutano l’immagine di giornalismo low cost di cui vengono accusati. Anche se buona parte del lavoro «giornalistico» si limita a una semplice riproduzione delle agenzie stampa. Metro ha un’agenzia interna, Metro World News, con una rete di circa 400 giornalisti nel mondo che vendono «pezzi». In Francia, ci sono legami con la redazione in linea di Tf1.fr. In questi giornali ci sono anche delle brevi inchieste. Vengono realizzate da una redazione molto giovane, che pur di entrare nella profesione accetta condizioni di lavoro difficili.
Tutti questi gratuiti sono strettamente legati ai tempi (e ai modi) del mercato pubblicitario. Direct Soir uscirà fino al 30 giugno, poi sospenderà le pubblicazioni fino al 4 settembre. Spiegazione di Bolloré: «la maggior parte dei lettori, nelle grandi città, sono in vacanza e gli inserzionisti anche». Metro e 20minutes, del resto, non escono nelle vacanze di Natale, visto che in questo periodo anche gli inserzionisti disertano un po’. I gratuiti sostengono di «scegliere i lettori». E’ vero, ma la scelta viene fatta dalla sezione commerciale: il bersaglio è il «consumatore giovane-attivo-urbano». Così, Metro e 20minutes a Parigi si fanno la guerra della distribuzione nei punti di maggiore circolazione di questo tipo di pubblico. C’è la corsa ad accordi con le grandi catene di distribuzione, con i grandi magazzini, con le ferrovie. In gergo, queste inchieste si chiamano «geo-marketing» e «crono-marketing». I legami con le iniziative pubblicitarie sono forti e spesso molto evidenti: colore in prima pagina che ricorda la marca che ha sponsorizzato il numero, edizioni alcuni giorni trasformate in supporto della campagna pubblicitaria di un prodotto ecc.
Jean-François Kahn, direttore del settimanale Marianne, si chiede: «se un panettiere distribuisse una baguette gratuita, sarebbe violazione della libera concorrenza. Perché questa eccezione per i giornali?». I gratuiti ribattono che almeno il 50% dei loro lettori non leggevano né compravano nessun quotidiano prima, e che, in parte, potrebbero anche essere spinti ad interessarsi alla stampa a pagamento dopo aver gustato i piaceri di quella gratuita. I gratuiti, soprattutto, assorbono una buona fetta del mercato pubblicitario, che in seguito al periodo di crisi economica, è per di più in calo.