L’articolo di Antonello Soro su “Il Riformista” del 30 novembre ci induce ad alcune considerazioni profondamente critiche. Non basta la pacatezza e la sobrietà del tono, comunque apprezzabile, scelto da Soro per attenuare la gravità delle tesi esposte. Trovo che in qualsiasi disputa sia senz’altro importante affrancarsi da pregiudizi. Ma appunto: sono gli ideologismi neoliberisti che, in questo caso, devono essere in primo luogo evidenziati senza infingimenti.
Prendiamo in considerazione il tortuoso percorso legislativo e politico degli ultimi 15 anni in materia di servizi pubblici locali. Non si può obiettivamente non constatare il pervicace tentativo legislativo di tutti i governi succedutisi di imporre agli enti locali la gestione privatizzata dei servizi pubblici locali (spl): dalle gestioni dirette si è passati alle aziende speciali, poi alle società di capitali prima pubbliche e poi in parte o in tutto private, fino alla messa a gara. Si è sempre argomentato (ideologicamente) che è l’Europa ad imporre tutto ciò. Invece non è così: ancora oggi non esistono direttive europee che impongano o stabiliscano liberalizzazioni in materia di servizio idrico, di rifiuti e di trasporto pubblico locale. Inoltre i settori dove le direttive europee impongono oggi le liberalizzazioni, per esempio in materia di gas, elettricità, trasporto ferroviario, sono stati liberalizzati, o almeno sono stati liberalizzati in maniera drastica, proprio perché negli anni ’90 negli equilibri di Bruxelles l’Italia fu l’ago della bilancia che si collocò dalla parte della destra liberista inglese e spagnola di Aznar in contrapposizione all’asse franco-renano. Non nascondiamoci dunque dietro il dito di presunte regole europee che oggi ancora non esistono. Anzi, proprio il disegno di legge Lanzillotta – ddl S772 – potrebbe ancora una volta essere l’ago della bilancia per imporre, anche in ambito europeo, la totale liberalizzazione nei settori dei servizi di interesse generale ancora non normati dalle direttive UE: e cioè acqua, rifiuti e trasporto locale. La decisione legislativa in Italia avrebbe infatti ripercussioni negative in Olanda, in Portogallo, in Svezia, in Belgio.
In ogni caso, nonostante i tentativi legislativi nazionali, gli enti locali italiani per anni hanno tentato di resistere agli orientamenti iperliberisti sui servizi pubblici locali. Poi, con la finanziaria del 2002 – in particolare tramite l’articolo 35, votato con ampia approvazione parlamentare bipartisan – il Governo Berlusconi aveva tassativamente orientato i spl verso la spa mista o la gara. L’art 35 era tecnicamente così scorretto che ci fu un forte intervento censorio di Bruxelles che rese inoperativo l’articolo stesso. Al fine di uscire dall’empasse, con la Finanziaria 2004 si stabilì semplicemente che i spl avrebbero potuto essere gestiti non solo da vincitori di gara per il servizio tout court o da S.p.A. miste (con il partner privato scelto con gara europea), ma anche da S.p.A. al 100% pubbliche, secondo il modello “in house” tipico di altri paesi europei. Venne cioè semplicemente restituito il diritto all’opzione per gli enti locali. Successivamente, ulteriori disposizioni del Governo Berlusconi hanno reso pressoché impossibile tra il 2004 e il 2006 l’affidamento diretto in house del trasporto pubblico, del ciclo dei rifiuti e reso complesso l’affidamento in house del servizio idrico.
Come si vede, non si può certo parlare di un presunto antiliberismo del governo Berlusconi, che invece sui spl è ben lungi dall’essersi concretizzato. Piuttosto, sarebbe opportuno affrontare la questione pragmaticamente e a partire dall’opinione diffusa: la verità è che, per ciò che concerne gli enti locali, i cittadini non amano né le liberalizzazioni né la gestione privatistica dei spl. Non a caso la sinistra radicale ha spesso trovato e continua a trovare nei governi locali molti alleati riguardo a proposte di gestione in house: nella stessa Margherita, nei DS e in altre forze dell’Unione. Il ddl S772 Lanzillotta, in barba alle sensibilità locali che emergono nell’Unione e alla sua pretesa vicinanza ai cittadini, vuole sancire dall’alto la messa al bando finale dell’affidamento in house.
Voglio dire con estrema chiarezza che quanti si battono per l’affidamento in house non sono, per questo, preda di deliri bolscevichi e/o antimoderni. La loro sensibilità è anzi perfettamente in linea con una parte significativa della ricerca economica. Ma di ciò si parla molto poco in Italia, a causa dell’imperante pregiudiziale iperliberista (purtroppo dilagante anche a sinistra). In effetti il modello thatcheriano, anche nella sua versione soft blairiana, è oggi sottoposto a forti critiche negli ambienti accademici europei, sia di lingua inglese che soprattutto di lingua francese e tedesca: per le sue ricadute negative sull’economia dei “sistemi-paese” e per i riflessi negativi sugli utenti domestici. Gli strumenti-tampone, ideati per supportare i diritti dei cittadini per il tramite delle istituzioni di authority, sono stati insufficienti: come, peraltro, molti avevano previsto. Inoltre, la tanto sbandierata separazione tra gestione, controllo e regolazione dei spl trova opposizioni autorevoli sullo stesso versante neoliberista, a metterne fortemente in dubbio l’efficacia.
Ed è fuori discussione che esista la possibilità di gestioni efficienti e non parassitarie in enti e società completamente pubbliche: è un dato della ricerca economica ed è un dato che può essere riscontrato anche in Italia e – soprattutto – in altri paesi europei. Su questo tema, la sinistra radicale e il prc non intendono sottrarsi alla sfida.
Si guardino gli esiti di importanti casi concreti di liberalizzazione. in Gran Bretagna la situazione del sistema ferroviario è al collasso e Blair è stato costretto ad una strisciante ripubblicizzazione. La situazione del servizio idrico e del trasporto locale è molto pesante in Inghilterra e Galles. Negli Usa, con un mercato elettrico privatizzato, il caso Enron ha evidenziato condizioni limite nella difesa dei diritti dei cittadini: addirittura è stato denunciato che i black out di energia erano organizzati ad arte per forzare la mano all’opinione pubblica in materia di emergenze e di tariffe. In Italia una recente sentenza del TAR sta minando, con pesanti conseguenze economiche e finanziarie, la madre di tutte le privatizzazioni dei spl italiani: la Centrale del Latte di Roma. Il Belgio sta optando per l’acqua pubblica. Per non parlare poi di intere ed importanti comunità che hanno rifiutato negli ultimi anni le liberalizzazioni dei spl: Granada, Grenoble, Cochamamba.
Senza contare che anche per l’utenza è ora di finirla con il sillogismo che pone in sequenza liberalizzazione e vantaggi per il consumatore. La verità è tutt’altra, se è vero che nell’arco di un solo anno (il 2005) le tariffe al consumo dei beni liberalizzati sono aumentate di oltre il 5%, a fronte di un incremento del 2% dei prezzi amministrati.
In definitiva – e sulla base di dati di fatto – non credo per nulla che la tutela dell’interesse pubblico nei servizi di interesse generale possa essere integralmente garantita dal privato. Sulla scia dei principi universali promossi dalla Rivoluzione francese, il servizio di interesse generale trova la sua origine nei diritti del cittadino: in sostanza al citoyen deve essere garantito un servizio efficace, a costo “abordable”; servizio a cui tutti non solo possono ma debbono avere accesso. Andare più a “destra” della garanzia pubblica dei diritti di cittadinanza, significa tornare indietro anche rispetto agli aspetti più progressisti delle rivoluzioni borghesi di molto, molto tempo fa.
Per concludere. Se il servizio idrico è escluso dalle liberalizzazioni nel testo del disegno Lanzillotta (ed è il minimo rispetto al programma dell’Unione che ne prevede la ripubblicizzazione), è così indecente chiedere il diritto di opzione per gli enti locali anche nel settore dei rifiuti, preda spesso dell’interesse fortissimo della criminalità organizzata? Si può essere a tal punto condizionati da pregiudizi ideologici da pensare che il privato possa non dico sconfiggere ma anche solo tener testa a Mafia e Camorra?