«Ma che verifica, sull’Afghanistan voto no»

Fosco Giannini, senatore del Prc (area Ernesto), annuncia il suo no ad Isaf. Il welfare? «E’ un orrore. Chiederò che fare agli operai di Mirafiori»

«Il ddl sul welfare è una mazzata, ratifica la legge 30 ed è evidente che con gli ‘scalini’ peggiora in prospettiva perfino la legge Maroni». Fosco Giannini, senatore di Rifondazione comunista della minoranza dell’Ernesto, è un fiume in piena. La fiducia posta dal governo non gli va giù. Annuncia il suo voto contrario alla missione in Afghanistan («stavolta non la voto neanche se mi impiccano») e spiega che chiederà agli operai di Mirafiori se votare o no il ddl del governo. «Il partito – accusa – ha fatto un errore clamoroso, e tutta la sinistra è stata umiliata dal voto di fiducia. E’ uno scandalo, non abbiamo avuto nemmeno la possibilità di fare piccoli ritocchi su un tema per noi decisivo. Ha fatto bene Pagliarini a dimettersi dalla commissione Lavoro».
E tu che avresti fatto?
Nel gruppo mi sarei espresso per il voto contrario alla fiducia. Se in minoranza l’avrei votata per lealtà al partito ma almeno avrei chiesto di ritirare la delegazione dal governo. Stamattina Giovanni Russo Spena è intervenuto nella riunione del gruppo in senato dicendo che dobbiamo fare autocritica. Benissimo, sono contento, altro che permeabilità ai movimenti, Rifondazione sta facendo da diga, con questa politica «ultragovernista» e il sì a misure di guerra e antipopolari i movimenti li abbiamo proprio spenti…
Mi pare che chiedi un po’ più di un’autocritica…
Ma certo, un gruppo dirigente serio dovrebbe ammettere che ha sbagliato tutto. Al congresso di Venezia si disse che avremmo utilizzato il rapporto con i movimenti come cavallo di Troia per condizionare il governo. Appena arrivati a palazzo Chigi li abbiamo dimenticati. Bisognava rompere ora, sul welfare, e comunque serve un po’ più di coerenza con quello che si dice.
Anche la verifica a gennaio è un errore?
Grandissimo. Ma cosa vuoi discutere? Sull’Afghanistan dobbiamo votare no, e dobbiamo dire no anche alla base di Vicenza, cada o non cada il governo. Io annuncio il mio voto contrario alla missione afghana, stavolta non la voto nemmeno se mi impiccano. Vorrei che fosse la posizione di tutto il partito. E’ evidente che lì sta crollando tutto. L’Italia assumerà il comando a Kabul, l’offensiva Usa è fallita e già una ventina di volte i nostri soldati si sono trovati in una situazione di guerra. Ma che la votiamo a fare?
E sul protocollo?
L’ho detto a Russo Spena. Io sono molto incerto sulla fiducia. Questo protocollo è un orrore. Dico di più: voglio sentire gli operai di Mirafiori, discutere con loro quale deve essere il mio mandato. Chiederò al mio partito la possibilità di non partecipare al voto perché non voterei mai una legge antioperaia. Se avrò una risposta negativa o se minacciano l’espulsione vedremo.
Prima però c’è il ddl anti-rumeni. Hai deciso come voterai?
La discussione è in corso. Se non ci sarà la reclusione nei Cpt potremmo anche votarlo. Abbiamo raggiunto miglioramenti molto significativi rispetto al testo originario ma è certo che il Cpt non può essere riproposto.
Se tutte le modifiche fossero approvate lo giudicheresti una buona legge?
No, non è una buona legge in sé. E’ una buona legge rispetto alle pulsioni razziste e leghiste che l’hanno prodotta dopo la morte della povera signora Reggiani. Il decreto è irricevibile, una risposta emergenziale sbagliata a un problema vero. Ma credimi, è molto cambiato. Tanto che forse Dini non lo voterà e nemmeno la destra. Abbiamo lottato tanto per cambiarlo.
Tu sei contrario anche alla «cosa rossa». Perché?
Perché con Sinistra democratica è un continuo spostamento a destra. Se si liquida la falce e martello si abbandona il progetto teorico stesso di Rifondazione comunista, un partito di classe aperto ai movimenti. Mussi non solo non è venuto il 20 ottobre ma è d’accordissimo al protocollo sul welfare. Ma con chi ci uniamo? Per fare che? Io non andrò all’assemblea dell’8 e 9 e mi batterò al congresso di marzo contro degenerazioni istituzionaliste e governiste. Per la prima volta nella storia del Prc c’è stata un’assemblea autoconvocata, quella di Firenze: oltre 400 compagni di 70 federazioni diverse. L’Ernesto aderisce completamente a questa iniziativa degli iscritti, perché le grandi scelte non possono essere decise in gruppi dirigenti ristretti e fallimentari. Domenica tutti quelli di Firenze si incontreranno a Roma e si deciderà che fare al congresso.

il manifesto 30.11.2007