L’urgenza del cantiere delle sinistre e dell’alleanza (se non del partito)

Caro direttore, ti ringrazio dell’invito, che hai voluto rivolgere anche a me, a dire in poche righe un paio di cose che mi sembrano essenziali per una nuova sinistra. E’ un opportuno richiamo a misurarsi sui contenuti, da cui ogni contenitore dipende. Tuttavia chiedo una licenza. Poiché sui contenuti ho contribuito a scrivere, addirittura, una sorta di manifesto di molte righe e anche un suo riassunto (entrambi pubblicati da Critica marxista , insieme con gli interventi di Giordano, Mussi e Salvi) vorrei intervenire proprio sul contenitore. In primo luogo perché con la scelta importante della sinistra Ds la situazione mi sembra richiederlo. Ma anche stimolato dallo scritto di Luciana Castellina sulle vostre colonne che chiede non un confuso ammasso di gruppi che tra di loro si tollerano, ma la costruzione – pur “senza nostalgie leniniste”, come annota – di un vero partito e dunque di una cultura comune, senza la quale un partito non si forma. Mi pare giustissimo. A questo scopo, infatti, abbiamo cercato di lavorare con l’attività dell’Associazione cui partecipo.
La costruzione di una cultura comune, però, ha bisogno di un tempo ragionevole e certamente non brevissimo, anche per quella arretratezza nell’analisi del passato e del presente che non solo Luciana sottolinea. Questo tempo necessario, con ogni probabilità, non coincide con l’urgenza, che a me pare grande, di fornire una indicazione unitaria a sinistra, di fronte al permanere di tante divisioni e dinnanzi allo sforzo di unificazione dei moderati. Temo che se alle prossime elezioni politiche, europee o nazionali che siano, la sinistra non si presentasse almeno con una sua intesa politica unitaria, l’inclinazione moderata ne sarebbe favorita, impoverendo così la politica e rendendo più difficile la soluzione dei problemi dei lavoratori e del paese. Occorrerebbe dunque conciliare questa urgenza con quella di un lavoro più paziente per gettare le fondamenta di un edificio comune.
Concordo, naturalmente, con la diffusa idea che non si tratta di organizzare un mero incontro tra “stati maggiori” (di piccoli eserciti, peraltro) e che il coinvolgimento deve essere il più ampio: anche se questa affermazione non dovrebbe diventare un luogo comune inesplorato.
Certo, mi pare vero che adesioni e consensi conquistati da movimenti ed associazioni poiché sono costruiti con impegno volontario, con disinteresse, e spesso con sacrificio personale, possono essere considerati umanamente i più significativi, anche se mossi dai più diversi intenti. Ma ciò non dovrebbe portare a considerare insignificante la rappresentanza dovuta al consenso elettorale, più o meno piccolo che sia, poiché anch’essa (e di conseguenza i rappresentanti) non si ottiene senza fatica quando non si tratti del frutto di puro clientelismo o peggio. Mi sembra dunque che tra tutte le forze e i gruppi sociali e politici che si dichiarino partecipi di un’ispirazione di sinistra (socialistica, comunistica, femministica, ambientalistica, cristiana ecc.) andrebbe ricercata con prontezza una alleanza politica basata sui molti punti già ora in comune tra molti di essi. In parallelo e contemporaneamente potrebbero essere concordati e organizzati luoghi unitari locali e nazionali per un lavoro di ricerca e di studio sulle possibili risposte nuove e comuni alle domande sulle fondamenta di principio e di valore. Dico “risposte nuove” perché se quelle vecchie fossero state tutte valide, di qua o di là, non saremmo al punto in cui oggi si ritrova la sinistra – e il mondo. Per quasi un ventennio in Italia chi ha molto predicato il nuovo ha praticato in realtà risposte assai vecchie e consunte con la conseguenza di un puro arretramento come quello di tornare alla liberal-democrazia – o a liberismo – senza il socialismo. Ma praticare delle riprese nostalgiche e su queste dividersi non porta a nulla: il socialismo stesso ha bisogno di essere non solo riscoperto, ma reinventato.