L’Unione si impegni a cancellare la Legge Fini

Venticinque giorni al voto! L’Unione non può più permettersi, come spesso è avvenuto in queste settimane, di farsi dettare l’agenda elettorale dalle invettive e dalla propaganda del Presidente del Consiglio. Si vince, parlando e confrontandosi sui problemi quotidiani, che assillano la maggioranza degli italiani (disocuppazione, precariato, carovita, situazione economica, diritti civili ecc.). E, tra questi – come dimostra la grande manifestazione di sabato scorso a Roma (purtroppo quasi oscurata dal pomeriggio “nero” di Milano) – la ricerca degli strumenti utili e efficaci per affrontare la questione “droga”, soprattutto dopo l’approvazione del nefasto dl Fini. Un insieme di norme criminogene che – se non azzerate imediatamente – riempiranno le aule di giustizia di migliaia di imputati colpevoli di condotte che riguardano la sfera individuale e che non dovrebbero avere alcuna rilevanza penale e che, invece, rischieranno da 6 a 20 anni di carcere. Bene, quindi, ha fatto Liberazione a ricordare l’impegno, preso in Parlamento dall’intera opposizione, di considerare tra le priorità, in caso di auspicata vittoria dell’Unione, la cancellazione di quelle norme approvate con una vera e propria truffa legislativa. Ma, non potremo, e non dovremo, limitarci ad un ritorno al passato: sarà indispensabile, prima che sia troppo tardi, una totale inversione di rotta, legislativa e culturale, che, prendendo atto del fallimento delle politiche repressive sulla droga, inizi anche a mettere in pratica quella politica di “riduzione del danno”, su cui vi era stato ampio consenso quando il centrosinistra era maggioranza. Non, o non solo, per scelta ideologica ma anche, e soprattutto, in quanto, là dove è stata praticata, ha dato risultati estremamente positivi (oltre il 70% dei tossicomani non ha più fatto uso di droghe e circa il 90% ha ripreso una regolare vita familiare e lavorativa; le morti per overdose e la trasmissione di malattie si sono paticamente azzerate; drastica è stata la diminuzione dei reati connessi alla tossicodipendenza, di cui sono vittime soprattutto donne e anziani). Ed è significativo che, allorchè, sono iniziate simili sperimentazioni, forte era stata la contrarietà della maggioranza dei cittadini; che però si è trasformata in maggioranza favorevole – verificata anche, come in Svizzera, con referendum popolari – non appena sono stati resi pubblici i risultati ottenuti.
Già prima dell’approvazione della legge Fini-Giovanardi, del resto, il programma dell’ Unione non solo escludeva ogni sanzione penale per i consumatori ed il carcere per i tossicodipendenti, ma prevedeva espressamente anche l’eliminazione di sanzioni di carattere amministrativo. Così come prevedeva la costruzione di strutture alternative al carcere per favorire la disintossicazione dei tossicodipendenti e, più in generale, una seria politica tesa alla “riduzione del danno”, quale presupposto per avvicinali ai SERT e alle cominità terapeutiche. Come sarebbe possibile, allora, accettare, una legge che pone sullo stesso piano il consumatore e lo spacciatore, le droghe pesanti e le cd. sostanze leggere, in aperto contrasto col principio di eguaglianza, che non permette di trattare in modo eguale situazioni diverse (e in modo diverso, situazioni eguali) e che, contemporaneamente, troppi nel centrodestra, fingono di ignorarlo, ha diminuito le pene per i trafficanti di morte.

Ma cancellare le nuove norme contro consumatori e tossicodipendenti non è, e non può essere, sufficiente. Altra priorità assoluta deve essere quella di porre fine alla cd. detenzione sociale (solo il 12% è in carcere per fatti di sangue o di criminalità organizzata; la gran parte dei detenuti è composta, oltre che da tossicomani, da immigrati ed emarginati). Ecco perché è parimente urgente un drastico intervento su altre norme, quali, la Cirielli, la illegittima difesa, il fermo di polizia ecc.: ogni giorno di ritardo, renderà sempre più difficile la possibilità di dare al nostro Paese una giustizia degna di questo nome.

Una proposta concreta: se l’Unione avrà il compito di governare il Paese dovrà, nelle prime settimane, approvare un disegno legge che preveda, non solo l’eliminazione di ogni pena detentiva per consumatori e tossicodipendenti, nonché interventi di “riduzione del danno”, ma anche una depenalizzazione dei reati minori; sanzioni penali diverse dal carcere per tutti i reati di minore gravità e per i cd. reati sociali; un incisivo ampliamento dei reati perseguibili a querela; l’eliminazione delle norme sulla recidiva previste dalla Cirielli e un intervento equilibrato sulla prescrizione e sulle cause di non punibilità (legittima difesa, stato di necessità, consenso dell’avente diritto ecc), che sappia contemperare le esigenze della giustizia e le doverose garanzie per imputati e vitime dei reati.

In altri termini una serie di norme, non certo secondarie, che anticipino quel nuovo codice, che avrà necessariamente tempi più lunghi, nell’ottica di un diritto penale minimo e mite, ma, nel contempo, efficace e garantista. Piccole-grandi riforme, già presenti in alcune proposte di legge che hanno trovato ampia condivisione tra gli operatori del diritto e la cultura giuridica.
Solo così sarà possibile non solo limitare il più possibile gli effetti deleteri delle leggi del centrodestra ma avere anche, in tempi ragionevoli, significativi effetti positivi: una diminuzione della recidiva e del numero dei reati e, quindi, maggiore sicurezza per tutti; carceri meno affollate e condizioni di vita meno disumane per detenuti e per chi lavora negli istituti penitenziari; inutilità delle impugnazioni meramente dilatorie, con conseguenze positive rispetto ai tempi della giustizia. Tutto ciò comporterà un risparmio di circa due miliardi di Euro: sarà finalmente possibile assumere educatori, assistenti sociali, psicologi e costruire apposite strutture per il recupero dei tossicodipendenti e per quelle detenute madri i cui figli (più di 60 che hanno meno di tre anni) sono costretti a passare in carcere i primi anni della loro vita.

Cambiare rotta, dunque: ma non per tornare a un passato che non abbiamo motivo di rimpiangere. Anche prima delle devastanti leggi del centrodestra, i tempi della giustizia, civile e penale, erano vergognosamente lunghi; le garanzie processuale, e i diritti penitenziari, erano spesso più formali che sostanziali: il nostro Paese, non possiamo dimenticarlo, aveva il record assoluto della condanne della Corte Europea dei diritti dell’Uomo. Certo, non sarà facile dare al Paese una giustizia degna di questo nome ma, nel programma dell’Unione, vi sono i presupposti, organizzativi e normativi, per raggiungere, in tempi accettabili, l’obiettivo che ci siamo proposti. Proprio per questo – e per evitare che, in caso di vittoria, quelle che consideriamo priorità finiscano per essere progressivamente poste in secondo piano – è fondamentale che, il 10 aprile, insieme a un ampio consenso per l’intera Unione, vi sia anche un significativo rafforzamento di Rifondazione. Solo così non correremo il rischio che lo spirito riformatore, che pur continuerà ad aleggiare nei convegni e nei dibattiti, rimarrà tale, senza trasformare la giustizia, e la società, come ci siamo impegnati a fare in questi anni. Siamo, e lo diciamo con forza e con fermezza, pronti al confronto e al dialogo con tutti gli operatori della giustizia, così come siamo consapevoli della necessità di mediazioni, ma, con altrettanta fermezza, diciamo che non vi possono essere cedimenti rispetto a priorità quale, ad esempio, quella di cancellare immediatamente “la legge fascista sugli spinelli”.