L’ultima frontiera: galeoni per i galeotti

Galeoni per contenere galeotti. L’ultima frontiera creativa della detenzione è quella navale. Il Pentagono già aveva fatto ricorso ad alcune unità navali per ospitare per periodi ridotti presunti affiliati ad al Qaeda. In Olanda, nel porto di Rotterdam, furono allestite alcune navi quali provvisori centri marini coatti per migranti. La decisione del governo inglese di affrontare il sovraffollamento penitenziario con le navi-prigione suggerisce almeno due riflessioni. La prima riguarda l’esportazione delle pratiche repressive emergenziali. Quando si rompe una regola – nel caso in questione quando si mette mano ai diritti umani – sulla base della presunta eccezionale gravità di una situazione, è probabile che l’eccezione divenga poi la norma. Così le navi-prigione sperimentate prima contro i terroristi islamici dagli americani e poi contro i migranti dagli olandesi ora divengono la risposta ordinaria ai detenuti comuni in Inghilterra e in Galles per fronteggiare l’esubero di detenuti. La vera novità delle navi-prigione sta nell’oggetto della loro carcerazione: i detenuti comuni. È caduta la maschera dell’emergenzialismo: ogni emergenza ambisce a divenire regola. Gli stati di eccezione costituiscono sempre un vulnus irreparabile allo stato di diritto. La seconda riflessione riguarda la funzione storico-politica che si intende assegnare al carcere. Il carcere è un’invenzione della modernità. Fino al ‘700 vi erano i supplizi. In una concezione progressiva della storia ci saremmo immaginati il lento superamento della pena carceraria. Ma evidentemente la storia per alcuni non è una linea retta. Nella post-modernità sembra che il problema sia solo quello di contenere i corpi. E allora va bene usare tutto lo spazio a disposizione compreso quello marino o aereo. Fa niente se in una nave-prigione i diritti diventano risibili, se l’isolamento nella stiva diventa la normalità detentiva, se i colloqui con i familiari diventano rari se non impossibili. La pena perde ogni altra funzione se non quella di strumento di neutralizzazione sociale. Per fare questo va bene pure una nave. Ma andrebbe bene anche la pena di morte. Questa però non è degna della Regina; l’ha espunta perfino la Chiesa dal catechismo. La logica dell’internamento navale è simile a quella del trattamento dei rifiuti o delle scorie nucleari. Si portano lontano, si nascondono sotto terra o in mare. Colui che viola la legge penale in Inghilterra è considerato un rifiuto. Meglio il clemente Mastella che il laburista John Reid.

* Presidente di Antigone