La crisi che durava da mesi è esplosa: il presidente proclama lo stato d’emergenza. Appelli alla resistenza civile
L’ecuadoriano Lucio Gutierrez da tempo viene indicato come uno dei presidenti latino-americani più a rischio. Sempre più impopolare, con gran parte dell’opinione pubblica e dell’establishment politico che ne esigono le dimissioni immediate, Gutierrez è apparso venerdì sera in televisione, con tanto di fascia presidenziale a tracolla e gli alti gradi militari alle spalle, per annunciare la proclamazione dello stato d’emergenza e il licenziamento in tronco di tutti i 31 giudici della Corte suprema, che lui stesso aveva imposto a ferro e fuoco alla fine del dicembre scorso. Lo stato d’emergenza limitato, per ora, solo alla capitale Quito e alla sua regione metroplitana, taglia i diritti civili e politici, proibisce riunioni e assembramenti pubblici. Gutierrez l’ha imposto dopo che dall’inizio della settimana manifestazioni popolari sempre più imponenti e rabbiose scendevano per strada al suono assordante dei cacerolazos per chiedere le dimissioni del presidente ma anche della corte suprema e del parlamento, tutti giudicati colpevoli per una crisi sociale e politica sempre più pesante. Gutierrez ha detto in tv di aver preso le due decisioni nell’ambito dei poteri conferitigli dalla costituzione. L’opposizione invece parla apertamente di uno sfondamento della costituzione e, come titolava ieri il quotidiano di Quito El Comercio, di «colpo di stato a metà». Il sindaco di Quito, Paco Moncayo, che è un ex generale e appartiene alla Izquierda democratica (all’opposizione), ha detto che Gutierrez sta portando il paese «alla dittatura, come il decreto dimostra, per cui noi chiameremo alla disobbedienza civile». Idem Xavier Sandoval, un deputato del Partito social-cristiano, il più numeroso in parlamento e il più ostile a Gutierrez, che ha annunciato «il pieno sostegno nostro alle dimostrazioni della popolazione di Quito». In effetti fin da venerdì sera, subito dopo l’annuncio dello stato d’emergenza da parte di Gutierrez, le strade della capitale si sono rimempite di un fiume di genete furibonda che ha sfidato il divieto di manifestare. Non è passato inosservato che fra i militari in piedi alle spalle di Gutierrez, c’era l’ammiraglio Victor Hugo Rosier, capo degli stati maggiori congiunti, ma mancava il generale Luis Aguas, comandante in capo dell’esercito, che, sembra, non fosse affatto d’accordo con lo stato d’emergenza. Ieri mattina l’ammiraglio Rosier e gli alti comandi militari sono andati loro stessi in tv per spiegare che «l’unico obiettivo dello stato d’emergenza è quello di ristabilire l’ordine e la tranquillità».
Anche gli Stati uniti, gli sponsor di Gutierrez insieme al Fondo monetario, hanno criticato sia lo stato d’emergenza sia la dissoluzione della Corte.
La crisi in Ecuador viene da lontano. Dal `97 già due presidenti sono stati cacciati: nel `97 il populista Abdala Bucaram e nel gennaio del 2000 il neo-liberista Jamil Mahuad, l’uomo che aveva decretato la dollarizzazione completa del paese (l’Ecuador da allora non ha più il sucre). Il 21 gennaio di quell’anno una rivolta popolare cacciò Mahuad e impose un governo composto da alcuni militari di basso grado – fra cui l’allora colonnello Lucio Gutierrez -, i sindacati e la Conaie,l’organizzazione dei movimenti indigeni. Ma quel governo durò un giorno, poi i militari – e gli Usa – imposero alla presidenza il vice di Mahuad, Gustavo Noboa, che portà a termine il mandato asservendo il paese ai dettami della Casa bianca e dell’Fmi. Nel novembre del 2002 riemerse Gutierrez che fu eletto a valanga dalle stesse forse che l’avevano appoggiato nel 2000. Ma in capo a sei mesi Gutierrez tornò nell’alveo tradizionale: Usa e Fmi. Perse gli alleati di sinistra senza trovarne a destra.Perse la maggioranza nel parlamento unicamerale e dei giudici della Corte suprema. Nel novembre scorso di fronte al tentativo della Corte, e dei partiti d’opposizione, di aprire contro di lui l’impeachmnet per corruzione, mise insieme 52 dei 100 deputati per destituire i 31 giudici, rimpiazzandoli con altri giudici più ligi.
Ma la crisi non ha fatto che aggravarsi. La goccia è stata la decisione della nuova Corte di revocare le accuse di corruzione contro l’ex presidente Bucaram, da 8 anni rifugiato a Panama, che è tornato un paio di settimane fa. Un voto di scambio per l’appoggio dato dal partito Roldosista di Bucaram in novembre contro l’impeachment.
E’ difficile dire cosa succederà ora in Ecuador. Ma non è difficile prevedere che Gutierrez non arriverà alla fine del suo mandato.