Luca Casarini: un Kosovo bis

«Questo è un altro Kosovo perché, a fronte del fallimento della guerra preventiva contro il terrorismo, si ritorna a parlare di guerra umanitaria, schierando in campo l’Onu. Siamo di fronte a un governo incapace di costruire un ragionamento critico sul mondo». A differenza di una fetta consistente del movimento no war, il disobbediente Luca Casarini non usa mezzi termini riguardo alla decisione del governo di rifinanziare la missione in Afghanistan.
Come consideri il compromesso sul decreto?
L’ennesimo fallimento della battaglia contro la guerra.
Che genere di fallimento?
Innanzitutto culturale, perché la sinistra che fino a ieri, quando era all’opposizione, sembrava avesse elaborato un nuovo concetto di guerra di tipo permanente e non eccezionale, oggi che occupa Palazzo Chigi ha cambiato decisamente rotta, decidendo di accettarla come mezzo di risoluzione delle controversie. In secondo luogo è un fallimento politico, considerando il tentativo dell’Unione di trattare il conflitto come un problema tecnico.
Spiega meglio.
Decidere di ridurre il contingente militare e di aumentare quello civile vuol dire voler stare nella guerra fino al collo.
Perché? Non c’è differenza con il passato?
Sostanzialmente nessuna. Il governo Berlusconi era criticato dalla sinistra per la sua sudditanza nei confronti degli Stati uniti. Ma come considerare l’amorosa corrispondenza tra Parisi o Prodi e Bush, se non con la constatazione che tra la passata e la nuova stagione politica non c’è stata soluzione di continuità?
Stai dicendo che per te non c’è nessuna differenza tra centrodestra e centrosinistra.
L’unica differenza sta nella presentazione della guerra: il centrosinistra costruisce una cortina fumogena o maschera il volto della guerra, definendola umanitaria, al posto della concezione, più schiettamente autoritaria, del centrodestra.
Quindi?
Due strategie per un unico obiettivo, ma sulla guerra, a mio avviso, non è possibile la mediazione.
Come valuti la posizione di Rifondazione che considera, invece positiva la mediazione sull’Afghanistan?
Trovo vergognoso che parlamentari che hanno sempre votato contro la guerra e hanno sfilato con il movimento pacifista per il ritiro delle truppe in guerra in Iraq adesso votino compatti per il rifinanziamento della missione in Afghanistan. La strada di questo governo va contro la direzione del movimento. Questo è un governo embedded.
Però non tutti i pacifisti la pensano così.
Il movimento dovrà uscire dalla timidezza perché ha dalla sua parte la ragione: cioè che non può restare in piedi il concetto di guerra democratica. Noi per il momento il 5 luglio manifesteremo a Vicenza contro la costruzione della nuova base militare americana.