L’ORO DI RIFONDAZIONE. Compagni in lotta per il capitale. Di soldi

Un tesoro rosso, molto più di un tesoretto, la cui entità sfiora i cento milioni di euro, duecento miliardi di vecchie lire. È questa la polpa, davvero succosa, su cui, dietro le quinte, si sta consumando Jo scontro interno a Rifondazione Comunista. Un cospicuo patrimonio immobiliare, ramificato in tutta Italia, in alcuni casi fatto di appartamenti in palazzi di pregio nel centro di città, qualche opera d’arte e soprattutto la liquidità che deriva dai contributi elettorali di due legislature, la 2006-2001 che in quanto a contributi non si è interrotta anticipatamente, così quella in corso 2008-2012perla quale, comunque, Rifondazione incasserà un euro a voto.
CONTENDENTI
Tutto sta avvenendo in stanze ovattate, lontano dai clamori dei giornali, ma è nel controllo del patrimonio e delle casse del partito che si sintetizza anche la vicenda politica. Non è un fatto di avidità personali, però tutti sanno che chi controllerà i soldi controllerà anche quello che resta del partito dopo la scomparsa dalle aule parlamentari. Lo sanno soprattutto i due contendenti, Paolo Ferrerò e Niki Vendola che a partire dal prossimo 24 luglio si contenderanno, a Chianciano, nel VII congresso nazionale, laleadership di Rifondazione Comunista.
Lunedì mattina, senza coinvolgere la stampa, la direzione nazionale di Rifondazione ha tenuto una delle poche riunioni successive alla Ca-poretto elettorale. Non si discuteva di politica ma all’ordine del giorno c’è stata proprio l’approvazione, avvenuta all’unanimità, del bilancio interno. Dopo una relazione del tesoriere Sergio Boccadutri, è stato
messo ai voti il bilancio consuntivo del 2007 e quello preventivo del 2008. Un atto dovuto, certamente, però, scattato alla vigilia del congresso. La Corte dei Conti, attraverso il collegio di controllo delle spese elettorali, nella parte relativa a Rifondazione, il 2 aprile scorso, riconoscendo l’integrale copertura finanziaria dichiara “non regolare” il conto consuntivo.
UN VOTO, UN EURO
Il piatto forte del tesoretto di Rifondazione è la linea dei contributi statali che è rimasta aperta nono-stantel’uscitadal Parlamento. Ci so -no in primo luogo i contributi elettorali della legislatura che si è chiusa anticipatamente (2006-2011). Camera e Senato sono state sciolte, si è votato, è nato un nuovo Parlamento. Ma il vecchio continua ad esistere per una fìctio contabile perché i partiti che ne hanno fatto parte continuano a percepire tutto il contributo elettorale, nonostante la legislatura sia morta prematuramente. Nel 2006 il Prc ottenne circa due milioni e mezzo di voti, 5,8 per cento alla Camera e 7,4 al Senato, 41 deputati e 27 senatori. Per la legge di un euro a voto, Camera più Senato, nelle casse rifondarole, e ovviamente anche degli altri partiti, arriveranno altri 12 milioni di euro, relativi al triennio 2009-2011. Rifondazione, come prescrive la legge, incasserà una bella quota di finanziamento anche per la legislatura in corso. Non è entrata in Parlamento, poco importa, perché la norma accorda 1 euro a voto anche a quelle forze politiche che non hanno ottenuto seggi, basta che abbiano superato laso-glia dell’ 1 per cento. Così tabulati al-la mano si scopre che alla Sinistra Arcobaleno, nel complesso, vanno 13.356.565 euro, tolti circa 3 milioni
di euro da concedere agli imbarazzanti alleati, Verdi e Comunisti Italiani, al partito restano circa 10 milioni di euro, non male.
Ci sono i contributi per le elezioni regionali quelle del 2005, dove il partito di Bertinotti ottenne un buon risultato, che frutta ancora in termini di contributi elettorali fino al 2010 per circa altri 10 milioni di euro. Infine, c’è la quota delle elezioni europee, quelle del 2004, dove Rifondazione da sola ha ottenuto il 6,1 per cento e 5 eurodeputati: Le spettano per cinque anni circa 7 milioni di eu -ro.
UN PATRIMONIO IN CASE
L’altra parte consistente del “tesoro rosso” è quella formata dal cospicuo patrimonio immobiliare del Partito della Rifondazione, a cominciare dalla sede della direzione nazionale, un intero stabile del primo Novecento, in viale del Policlinico,
in una zona vip di Roma, accanto al Pinciano-Parioli e a meno di un chilometro da via Veneto. Di proprietà sono anche la sede della federazione di Roma, in via Gianluca Squar-cialupo, quella di Napoli nella centralissima via Pasquale Scura, la federazione di Genova a via San Luca e la federazione di Livorno di Borgo Cappuccini. Cinque immobili’che da soli superano un valore di 10 milioni di euro. A Borgo San Lorenzo in Toscana, invece, c’è una casa colonica su due piani acquistata dal partito.
SCISSIONI FELICI
Una parte dei beni immobili provengono dalla scissione del febbraio ’91, a Rimini, quando nacque il Partito della Rifondazione Comunista, allora fu Guido Cappelloni, primo tesoriere del Prc a trattare la delicata pratica. Oggi il partito dispone di 2.500 circoli e 121 federazioni provinciali, non tutte le sedi sono in proprietà, ma una buona parte sono state acquistate per effetto di una precisa scelta di investimento.
Appena tre anni fa, il precedente tesoriere Franco Bonato, nella relazione alla direzione evidenziava una «condizione economica positiva del Partito», e puntualizzava «grazie all’acquisto delle nuove sedi».
Il tesoriere aggiungeva: «Questa situazione ci ha permesso di consolidare come già in passato il patrimonio incrementando, secondo un programma ampiamente condiviso di radicamento del Partito sul territorio, la voce “terreni e fabbricati” delle immobilizzazioni materiali».
Solo chi controllerà questo patrimonio, blindato attraverso società esterne, potrà avere una qualche chance di sopravvivere politicamente. Lo sanno bene le parti i campo