Primo. Rifondazione spinge sulle modifiche al Protocollo ma governo e Cgil frenano. Conseguenza: il cammino parlamentare dell’accordo diventa sempre più incerto. Secondo. Rifondazione accelera sulla Cosa rossa – mercoledì si svolgerà un incontro dei quattro leader di Prc, Pdci, Verdi e Sd per «fare il punto» – e la sensazione è che ormai i suoi alleati vadano al traino. Ma il partito che verrà rischia di perdere qualche pezzo (soprattutto dalle parti di Sd). Conseguenza: chi raccoglierà l’Opa lanciata dal Prc aderirà a una sorta di Rifondazione allargata.
Ma partiamo dal Protocollo. Non sarà stata una manifestazione contro il governo e contro i sindacati ma il suo day after ripropone, neanche a dirlo, lo scontro del giorno prima, e anche con toni più accesi. Il Prc, dopo aver mostrato i muscoli, non può arretrare in Parlamento e non può permettersi di non incassare nulla (vai alla voce: lotta alla precarietà). La preoccupazione della Cgil è, al contrario, che nel gioco degli emendamenti, alla fine l’accordo possa uscire stravolto. Carla Cantone, segretaria confederale della Cgil, non usa mezzi termini: «Non vorrei che per migliorare una parte da sinistra se ne peggiori un’altra da destra. Se per effetto degli antagonismi viene fuori un Protocollo peggiorato saremo noi a mettere in piedi una vera e propria mobilitazione per ripristinare l’accordo iniziale». È sulla manifestazione prosegue: «Non ci voleva mica quella piazza per farci capire il disagio dei lavoratori. La Cgil si impegna quotidianamente sul tema dei salari e sulla lotta alla precarietà. Ma il punto è che alla fine di tutta questa storia a farne le spese può essere proprio l’equilibrio faticosamente raggiunto. E non sarebbe un gran risultato». Il timore della Cgil, alla vigilia dell’appuntamento parlamentare, è lo stesso espresso dal ministro Damiano, che ieri in un’intervista a Repubblica ha usato toni altrettanto fermi: «A chi da sinistra chiede cambiamenti ricordo che anche da destra vorranno intervenire. L’equilibrio raggiunto è delicato». Ma Rifondazione proprio non ci sta e il capogruppo al Senato Russo Spena afferma: «Bisogna ascoltare quel popolo che vuole stare col governo e chiede miglioramenti». Due sono, dal suo punto di vista, i punti irrinunciabili: «La non reiterazione del contratto a termine e l’abolizione dello staff leasing». Messa così, la coperta potrebbe essere corta ma Rifondazione non può e non vuole rinunciare alla battaglia parlamentare. Prosegue infatti Russo Spena: «Se i settori moderati dell’Unione non convergono, non lo fanno per il contratto a termine in sé, ma perché vogliono l’alibi per un braccio di ferro politico». Quindi, ad oggi, la quadratura del cerchio ancora non c’è ancora. E la Cosa rossa? A guardare la piazza, più che il Sinistra day, è stato il giorno dell’orgoglio comunista (nel senso di Rifondazione e Pdci). Una marea di bandiere rosse, poche bandiere arcobaleno rispetto agli anni scorsi, insomma più partito che movimenti. Ma per Paolo Cento proprio questo dovrebbe spingere ad una accelerazione: «Dobbiamo fare una Cosa arcobaleno e non una Cosa rossa. Per questo è stato sbagliato non esserci. Ora ci vuole coraggio altrimenti l’egemonia del nuovo soggetto è tutta di Rifondazione. Comunque il sentiero dell’unità a sinistra è tracciato». E proprio la forza di Rifondazione – paradossalmente ma non troppo – potrebbe diventare il limite della Cosa rossa: un partito unico sarebbe trainato dal Prc, ma una federazione di quel che offre il mercato, a giudizio di molti, non avrebbe un grande appeal. In questo quadro è Giordano ad avere le carte in mano e infatti accelera il più possibile: sia nell’uno che nell’altro caso per lui sarà un successo. E infatti parla di in ogni lingua di soggetto «unitario e plurale», di stati generali entro l’anno, di tesseramento comune. Ha lanciato l’Opa e, pensando che Mussi aderirà senza porre troppe condizioni, cerca ora di accorciare i tempi.
Dentro Sd questa si annuncia come una settimana verità. Per Salvi dalla piazza arriva un segnale «ineludibile verso la creazione di un partito unico della sinistra» e Carlo Leoni parla di «modello social forum» a proposito degli stati generali. Ma non tutti sono d’accordo. Famiano Crucianelli, ad esempio, dice: «Quella di sabato è stata una manifestazione importante ma è solo un pezzo di realtà. L’unità dei comunisti non è il progetto che vogliamo. Dobbiamo lavorare per un soggetto che vada oltre gli attuali partiti ma si collochi all’interno del socialismo europeo». La partita vera si aprirà dopo il direttivo della Cgil convocato per oggi e domani. Una volta regolati i conti con la Fiom, la parte di Sd più vicina alla Cgil difficilmente potrebbe accettare di seguire Mussi sulla via dell’unità della sinistra-sinistra. Per loro il tratto di strada in Sd potrebbe finire qui.