Londra, Lords e magistrati: «No alle leggi antiterrorismo»

«Un affronto alla giustizia». Parole forti quelle del Giudice Sullivan che mercoledi scorso ha bollato cosí i “control orders”, il provvedimento restrittivo utilizzato dal governo di Tony Blair per limitare la libertá di movimento ai presunti terroristi, senza bisogno di alcun processo. L’Alta Corte di Giustizia di Londra ha accolto l’istanza di un musulmano britannico, appunto soggetto ad un “control order”, perché sia i servizi di sicurezza che il Ministro dell’Interno ritenenevano che pianificasse di recarsi in Iraq per combattere contro le forze armate americane ed inglesi. Nella sentenza si legge che i provvedimenti restrittivi non sono compatibili con la Convenzione dei diritti dell’uomo. Fino ad oggi sono stati eseguiti almeno 11 orders contro altrettanti cittadini definiti dal governo «un pericolo per la sicurezza pubblica a causa del loro coinvolgimento in attivitá terroristiche», sebbene nessuno di loro sia mai stato mai né rinviato a giudizio, né tantomeno processato. Sullivan ha definito le misure anti-terrorismo «marcatamente ingiuste», liquidando le presunte misure a salvaguardia dei sospetti al pari di una «sottile impiallacciatura legale». «Va detto forte e chiaro: queste leggi sono ingiuste. Se tacessimo, questa Corte rinuncerebbe a fare il suo dovere» ha affermato Sullivan. L’istanza è stata fatta da uno studente originario dello Yorkshire del sud. Il 1 marzo 2005 era stato fermato dagli agenti dell’anti-terrorismo mentre cercava di imbarcarsi all’aeroporto di Manchester su un volo diretto in Medio Oriente. Il giorno dopo lo studente tentó di imbarcarsi su un volo dall’aeroporto londinese di Heathrow, ma gli fu impedito di partire anche quella volta. Nel settembre 2005, Charles Clarke, il Ministro dell’Interno, firmó un control “order” che requisiva il suo passaporto, gli vietava di acquistare biglietti aerei e gli impediva l’accesso agli aeroporti e alle stazioni ferroviari. La corte ha ritenuto la procedura di emissione del “control order” ingiusta perché «allo studente non è stato permesso di conoscere gli indizi contro di lui in quanto si tratta di informative delicate da tenere segrete all’indiziato». Lo “special advocate”, nominato dal governo per difenderlo prima dell’emissione del “control order”, ha avuto modo di vedere gli indizi, ma non potendo discuterne con lo studente non ha potuto rappresentarlo a dovere. «Se, come in questo caso, una parte sostanziale delle accuse non viene esibita all’individuo in questione, è difficile sostenere che la vera essenza del diritto dell’accesso alle corti non sia menomata» ha spiegato Sullivan nella sua sentenza. «Questa Corte non puó giudicare se i sospetti del Ministro siamo fondati o meno, pertanto devo ritenere che la procedura in generale sia palesemente inefficace ed ingiusta» ha concluso il giudice. Da circa due anni giudici e governo sono in forte disaccordo su molti punti delle leggi anti-terrorismo emanate dall’esecutivo dopo l’undici settembre 2001 e successivamente irrobustite dopo gli attentati londinesi del 7 luglio 2005. Il Ministero dell’Interno non ha gradito la decisione e ha giá annunciato ricorso in appello. «La sentenza non limiterá l’operativitá della legge. Il Ministro dell’Interno non revocherá alcun “control order” attualmente in vigore e non esiterá in futuro, se necessario, ad emetterne degli altri» si legge in una nota del dicastero. Il tutto, chiaramente, nell’interesse della sicurezza nazionale. Per effetto di una disposizione tecnica contenuta nel testo di legge, i tribunali non possono abrogare i “control orders” sebbene gli stessi vengono giudicati incompatibili con i diritti umani. Tuttavia, Lord Carlile, il garante indipendente designato dal governo per controllare gli effetti delle leggi anti-terrorismo ha esortato il governo a considerare una modifica della legge se perderá il riscorso in appello. La sentenza è giunta un giorno prima della controversa entrata in vigore del Terrorism Act 2006, la legge che rende illegale l’apologia di terrorismo ed estende da 14 a 28 giorni la detenzione preventiva dei presunti terroristi prima di un eventuale rinvio a giudizio. La legge prevede la messa al bando di organizzazioni che esaltano o incitano ad atti terroristici e vieta la distribuzione di materiale inneggiante al terrore. Il provvedimento, introdotto dopo gli attentati del 7 luglio scorso, non solo aveva visto l’opposizione parlamentare sia di conservatori e liberal-democratici ma soprattutto la prima sconfitta di Blair ai Comuni quando i ribelli laburisti bocciarono il provvedimento che contemplava 90 giorni di carcere preventivo, successivamente ridotti a 28 previo compromesso. Qualsiasi detenzione superiore alle 48 ore dovrá essere approvata da un giudice. L’apologia di terrorismo era stata bocciata dalla Camera dei Lords ben 5 volte prima che lo scorso mese il governo raggiungesse un accordo con i membri della Camera Alta. Jeremy Corbin, il leader dei rivoltosi laburisti, ha definito la nuova legge «assurda».