L’omofobia di Belzebù

Narra la leggenda che i rappresentanti italiani al Parlamento europeo, aggirandosi per i banchi di Bruxelles, quando ai loro colleghi continentali parlano di Andreotti, questi ultimi pensano si tratti di un figlio o nipote di quel Giulio, firmatario della Costituzione italiana sessant’anni fa e sette volte presidente del Consiglio, senza contare tutto il resto.
Facile immaginare l’imbarazzo nazionale nello spiegare che invece si parla sempre dello stesso uomo, un uomo tutto d’un pezzo, a quanto pare, malgrado varie deformazioni fisiche e le ottanta primavere oramai abbondantemente superate.
Fa piacere dunque che a rispondere ad alcuni allucinanti passaggi dell’intervista apparsa qualche giorno fa sul quotidiano “Il Messaggero” (“Noi abbiamo sudato lacrime e sangue per fare la riforma agraria e dare la terra ai contadini. Invece, oggi, vogliono dare il contadino al contadino”, oppure “Ora capisco perché mia madre da ragazzino non voleva mandarmi al cinema. Temeva facessi brutti incontri, perfino in quel cinemetto in via dei Prefetti, dove ti davano anche la merenda”, soltanto per citare due esempi inequivocabili) sia stato un altro illustre ottuagenario, l’ex senatore comunista Emanuele Macaluso: “Giulio Andreotti è rimasto agli anni Sessanta: allora persino il matrimonio civile era considerato concubinato dalla Chiesa… Oggi non riesce a comprendere dove va la società”. Considerazioni che, come sua secolare consuetudine, hanno trovato subito pronta la ribattuta del senatore a vita: “E’ vero. Sono all’antica e le unioni le vedo solo tra un uomo e una donna”. Affermazione che suonerà come soave musica, per molti degli orecchi appesi tra le teste dell’italiano medio, da sempre potenziale elettore del vecchio Belzebù.

Dal punto di vista politico, dopo una settimana di veleni e supposti dietrologismi, alla fine è stato lo stesso Andreotti ad ammettere la reale motivazione della sua astensione/ostruzione all’operato dell’esecutivo in politica estera, dapprima motivata dalla “discontinuità” rivendicata da D’Alema nel suo discorso rispetto al governo Berlusconi, poi rivendicata proprio per “non aver digerito il ddl sui Dico”. Che, guarda caso, spariscono dalle priorità della maggioranza, e mettono politicamente nell’angolo tutti coloro schieratisi a favor di un normativa che riconosca e regoli i rapporti tra essere umani, gli orientamenti sessuali dei quali, in un paese teoricamente appartenente al cosiddetto “primo mondo” che ha superato i duemila anni dalla nascita di Cristo, si dovrebbe pensare essere solo ed esclusivamente appartenenti alla sfera privata del cittadino.

Ma Andreotti sembra aver preso con determinazione il testimone dello schieramento anti-Dico, trascinando la polemica addirittura nel pericoloso terreno dell’assimilazione e contiguità tra omosessualità e pedofilia.

E se scontate possono ritenersi le reazioni da parte di quasi (quasi…) tutto il centrosinistra, una certa sorpresa hanno destato quelle di Giulia Buongiorno, deputata di An che deve la sua fama di avvocato proprio alle “eclettiche” e vincenti difese sostenute a favore di Andreotti durante i processi per mafia subiti dal senatore (in realtà, sino al 1980 il suo assistito è stato ritenuto colpevole di collusione con Cosa nostra sino alla Cassazione, ma naturalmente il reato è caduto in prescrizione). “Non accetto che si finisca con l’equazione no ai Dico no ai gay – sono le parole della Buongiorno-. Io sono per superare le discriminazioni e non ho pregiudiziali contro gli omosessuali”. Sulla stessa linea anche Francesco D’Onofrio: “Sono irritatissimo che passi l’equazione che i cattolici sono naturalmente omofobici e i laici filogay”.

Noi abbiamo voluto chiedere un parere ad Enrico Oliari, presidente di “Gay-lib”, associazione omosessuale vicina ad An: “Peccato che tutti questi anni di Repubblica non ci abbiano ancora liberato dalla schiavitù di un certo tipo di persone, diffuse in tutto l’arco parlamentare. Ma con queste sue pesanti, per non dire volgari, affermazioni, Andreotti non si accorge di discostarsi notevolmente da uno come De Gasperi, che voleva una netta separazione tra Stato e Chiesa, e che secondo me sarebbe stato favorevolissimo ai Dico. Ho il sospetto – conclude Oliari – che quello del senatore a vita sia un tentativo per rimanere politicamente a galla nell’agone politico. Ma credo che siamo agli sgoccioli”.

In verità, su quest’ultima tesi non faremmo troppo affidamento. Chissà se, traendo insegnamento dal mito di Faust, Belzebù non abbia stipulato un patto con l’eternità. Speriamo non sia così, per il bene del Paese.