Dopo due settimane di angosciosa attesa, da quando Berlusconi, all’ombra del Bush romano, ha ufficialmente aderito allo “scudo spaziale” Usa, finalmente arriva la conferma: “C’è spazio anche per l’Italia nel progetto di difesa antimissile dell’amministrazione Bush”, annuncia trionfante il Corriere della Sera (5 agosto). Ne ha dato notizia, il giorno prima, il Washington Post, informando che in luglio è stato stipulato dal Pentagono un primo contratto del valore di 216 milioni di dollari (475 miliardi di lire) per dare concreto avvio al “Meads” (Sistema di difesa aerea di media estensione), alla cui realizzazione partecipa, insieme a Stati uniti e Germania, anche l’Italia. Il “Meads” – spiega The Washington Post – è un sistema impiegabile in un teatro bellico delimitato contro missili a corto raggio, “ma l’amministrazione Bush spera che le difese missilistiche di teatro possano col tempo essere estese così da essere integrate in uno scudo a strati per proteggere gli interi Stati uniti, così come i loro alleati e le truppe all’estero”.
Al centro ancora i Balcani
Ci pensa il corrispondente da New York de La Stampa (5 agosto) a convincere gli italiani che non potranno fare a meno del “Meads”: esso “potrebbe far fronte a minacce contro il territorio italiano come quelle di cui si parlò durante la guerra in Kosovo nel 1999, quando l’Italia temette il lancio di missili serbi contro le proprie coste attraverso l’Adriatico”. E, per meglio illustrare la necessità di questo “sistema di difesa”, egli aggiunge che “il Pentagono ritiene necessaria la realizzazione del Meads soprattutto per la protezione dei contingenti di truppe di pace inviati in zone di guerra all’estero, come ad esempio nei Balcani”. E davvero sarebbe interessante sapere chi, adesso, è in grado nei Balcani secondo i piani Usa di attaccare terroristicamente l’umanitario Occidente?!
L’incauto corrispondente finisce così con lo scoprire le carte del Pentagono: il “Meads”, così come altri sistemi “di teatro”, sono concepiti per dare agli Stati uniti e ai loro alleati la possibilità di proiettare all’estero le proprie forze armate in missioni di attacco, proteggendole da eventuali reazioni del paese attaccato. Per ciò che riguarda il carattere “di pace” di tali missioni, basti ricordare che nel 1999 furono impiegati nei Balcani 1.100 aerei da guerra (per il 75% Usa), i quali effettuarono in 78 giorni 36mila raid sganciando 23mila bombe e missili (per il 90% Usa).
I meriti del governo D’Alema
Fu appunto mentre gli Usa e la Nato affermavano in tal modo il “diritto d’ingerenza umanitaria” – come lo definì Massimo D’Alema, allora capo del governo – che venne tenuto a battesimo il “Meads”. Il 19 maggio 1999, la Bmdo (Organizzazione Usa per la difesa contro i missili balistici) e la Nameadsmo (Organizzazione della Nato per il sistema di difesa aerea di media estensione, con sede negli Usa) annunciarono di aver scelto i contrattisti primari della joint-venture “Meads International”, incaricata della realizzazione del sistema: la statunitense Lockheed Martin, la tedesca DaimlerChrysler Aerospace Ag e l’italiana Alenia Marconi Systems. Questa azienda della Finmeccanica – trasformatasi nell’ottobre 1999 in una joint-venture al 50% con la British Aerospace – è entrata a far parte, sin dall’aprile 1999, anche di un gruppo internazionale incaricato di sviluppare un sistema analogo al “Meads” per la marina statunitense.
Un indubbio successo per l’Alenia, la cui ammissione tra i contrattisti primari del Pentagono è dovuta non solo alle sue alte capacità tecnologiche ma, contemporaneamente, alla fiducia che l’Italia si è conquistata al Pentagono partecipando (con un numero di aerei inferiore solo a quello degli Usa) alla guerra del 1999 contro la Jugoslavia. Lo ha confermato il presidente Bush quando, nella conferenza stampa del 23 luglio a Roma, ha affermato: “Abbiamo realizzato una buona cooperazione militare tra i nostri due paesi e continueremo a farlo” (The White House, Press Conference, July 23). Ci sarà rimasto male Berlusconi, ma non è un caso che proprio nel 1999, con il governo D’Alema, l’Alenia sia stata scelta per il “Meads” e altri importanti programmi del Pentagono, a riprova (come affermò l’allora presidente del consiglio) che l’Italia usciva dal conflitto “con maggior prestigio e rispetto internazionale rispetto a quello che aveva prima, dimostrando di essere un grande paese”.
20 miliardi di dollari. Ma chi paga?
Una sfida per Berlusconi, che si è prefissa un’Italia “ancora più grande”. E’ per questo che ha incondizionatamente appoggiato lo “scudo spaziale”, gettando le basi di una collaborazione italiana al progetto, facilitata dal fatto che l’Alenia è già contrattista del Pentagono per i sistemi “di teatro”. Una sola cosa resta da appurare: una volta che nel 2005 diverrà operativo il “Meads” e l’Italia dovrà obbligatoriamente acquistarlo, chi lo pagherà? Secondo le previsioni della Lockheed Martin, i contratti europei per la vendita del “Meads” frutteranno come minimo 20 miliardi di dollari (44mila miliardi di lire). Per i grandi azionisti delle industrie aerospaziali sarà solo l’antipasto.