Lo sciopero generale del 6 settembre e il ruolo dei comunisti e della sinistra

Finalmente, la Cgil. La segreteria confederale allargata ai responsabili dei territori e delle categorie ha proclamato lo sciopero generale per martedì 6 settembre. Il giorno prima, il 5 settembre, il Senato inizierà a discutere il documento governativo sulla manovra economica. Il 5 ed il 6 la Fiom aveva già deciso una propria mobilitazione contro la stangata berlusconiana. Una mobilitazione che confluirà, a questo punto, nello sciopero generale di tutta la Cgil.

Dopo mille incertezze; dopo l’accordo sbagliato del 28 giugno sulla contrattazione ( che giustamente Cremaschi e tanti altri, non solo della Fiom, chiedono alla Camusso di rivedere e disdire ); dopo il “ patto tra soggetti sociali” stretto con Confindustria e banche, la scelta dello sciopero generale è un passo avanti importante e apprezzabile.

Le motivazioni per le quali il gruppo dirigente della Cgil decide la giornata di lotta sono state spiegate: “ manovra economica iniqua e sbagliata”; “ tutta squilibrata a sfavore della fasce medio-basse e con poca o nessuna imposizione su quelle ricche e gli evasori”; contrarietà agli interventi sulle pensioni e contrarierà agli aumenti dell’Iva, aumenti volti ad aggravare la vita quotidiana e materiale dei lavoratori e di tutti i cittadini. Un no, anche, alla messa in vendita degli edifici pubblici, alla svendita del patrimonio immobiliare pubblico. E un no, pesante ed importante, alla cancellazione dell’articolo 18, che di fatto si materializzerebbe attraverso gli accordi aziendali.

Certo, la piattaforma di lotta che si va delineando per il 6 settembre è ancora insufficiente, rispetto alla portata strategica dell’attacco antipopolare ispirato e delineato nei dettagli dalla Banca centrale europea e “ratificato” dal governo Berlusconi.

Mancano, in questa piattaforma, la difesa conseguente del welfare e la difesa dei lavoratori del pubblico impiego, prime vittime sacrificali della manovra. Come mancano la difesa e il rilancio dei salari e degli stipendi, la lotta contro le privatizzazioni richieste esplicitamente dalla Bce, la lotta contro quella controriforma della Costituzione che punta alla messa in mora dell’articolo 41 ( per dare piena e selvaggia libertà di manovra alle imprese) e all’immissione dell’obbligo della parità di bilancio all’interno dell’articolo 81 ( cosa che, in mancanza di un fisco equo, che colpisca innanzitutto e in forma esponenziale le grandi fortune ) potrebbe essere l’arma finale per l’assassinio dello stato sociale. Come mancano le parole d’ordine contrarie alle guerre e alle spese militari, guerre e spese che vampirizzano l’intero welfare e pesano gravemente sull’intera questione sociale. E davvero fa specie, da questo semplice punto di vista, il silenzio ( e persino la complicità ) della Cgil sulle questioni relative agli interventi e alle immense spese militari.

Messe a fuoco le carenze ( certo non da poco) resta il fatto che la proclamazione dello sciopero per il 6 settembre è di per sé un passo positivo e importante.

E’ la stessa Fiom a rimarcarlo: “ Lo sciopero – ha commentato Maurizio Landini – è la risposta giusta e rapida per agire mentre il Parlamento sta discutendo la manovra; perché l’obiettivo è cambiarla e lo sciopero è solo l’inizio di una mobilitazione straordinaria che deve andare avanti coinvolgendo tutti i soggetti che si pongono il problema di un cambiamento, che deve essere anche politico”.

Dentro la scelta dello sciopero, significativamente, Landini introduce due elementi. Una considerazione, non da poco e relativa alla stessa politica delle alleanze della Cgil: “ I punti della piattaforma per lo sciopero – afferma il segretario generale Fiom – rendono evidenti le esplicite differenze che ci sono con altri soggetti sociali”. E un rafforzamento della stessa piattaforma Cgil: “ Sul fronte della manovra – dice Landini – bisogna cancellare le norme sul lavoro, ripristinare le festività che hanno dato identità al Paese, far pagare le tasse di più a chi può farlo, colpendo l’evasione e introducendo la patrimoniale”.

Anche Giorgio Cremaschi ha definito la scelta dello sciopero “ giusta e necessaria” ( pur chiedendo alla Cgil passi in più nella lotta ). E va dunque rimarcato il fatto che la scelta dello sciopero ha, intanto, ricompattato la Cgil, obiettivo importante in questa fase in cui necessita la mobilitazione e un’opposizione serrata al governo.

Ma la scelta dello sciopero è importante anche politicamente, poiché è del tutto evidente che se essa divenisse – come ha chiesto Landini – solo il primo momento di un ciclo di lotte e mobilitazioni all’altezza dell’attacco governativo e padronale, è chiaro che al centro del quadro sociale e politico sarebbero ricollocati gli interessi dei lavoratori, dei giovani, dei pensionati e delle donne, la spinta oggettiva volta alla caduta del governo Berlusconi, la cancellazione di quell’orrore politico e sociale del “governo tecnico” e la conquista delle necessarie elezioni anticipate.

Il 6 settembre è vicino e, perché lo sciopero assuma le necessarie caratteristiche della “prima ondata” che apre il ciclo di mobilitazioni, occorre che esso riesca, sia di massa e coinvolga la gran parte del mondo del lavoro.

Un obiettivo non facile, rispetto alla fase sociale e politica e anche rispetto allo stesso periodo, inevitabilmente, scelto: il 6 settembre, che ancora odora di ferie e d’estate.

E’ dentro questo quadro generale che, oggettivamente, si delineano i compiti dei comunisti, della Federazione della Sinistra e di tutte le forze della sinistra d’alternativa.

Per dirla subito e senza fronzoli: occorre che, innanzitutto i comunisti, da qui al 6 settembre facciano uno sforzo straordinario per stare, ogni giorno, in piazza al fine di rendere edotti i più larghi strati possibili di popolazione, i lavoratori, dello sciopero generale.

E’ giusto politicamente e, insieme, è una grande occasione per costruire legami di massa. Occorre che nelle piazze di ogni città e di ogni paese anche solo due militanti comunisti al giorno, con un gazebo alle spalle o attorno ad un tavolino, diano volantini relativi allo sciopero generale, parlino con i passanti, con i cittadini.

Occorre che i comunisti trascinino l’intera Federazione della Sinistra a questa mobilitazione, che vi trascinino le forze di sinistra diffusa, democratiche, di movimento, i singoli lavoratori, intellettuali, artisti, quelli che nei territori sono conosciuti e punti di riferimento civile e democratico.

E nelle piazze i comunisti, con le altre forze, potranno non solo lavorare quotidianamente per la riuscita dello sciopero, ma “ allargare” e irrobustire, con le loro parole d’ordine, la piattaforma della Cgil. Contro le guerre, contro la guerra in Libia e in Afghanistan, contro le spese militari, contro le politiche tiranniche e iperliberiste dell’Unione europea, per la caduta del governo Berlusconi.

La crisi che ha investito il movimento comunista in Italia ha cancellato o appannato anche alcuni punti alti della memoria comunista relativi alla lotta, all’organizzazione, al movimento.

Occorre recuperare tale memoria. E occorre farlo innanzitutto attraverso il ripristino di una prassi.

Cominciamo ora, organizzando, con i mezzi più semplici e con una oculata gestione delle forze e dei militanti ( non serve portare in piazza 15 compagni il giovedì; serve portare in piazza il Partito e gli altri soggetti tutta la settimana, con due o tre compagni/e al giorno) la nostra necessaria – e anche per noi importante- presenza esterna, pubblica, volta alla massima diffusione del progetto dello sciopero del 6 settembre e alla massima popolarizzazione di una piattaforma di lotta irrobustita dalle nostre parole d’ordine.

Stare in piazza, organizzare da qui al 6 settembre tale iniziativa non è certo semplice, ma nemmeno impossibile. Molti lacci e lacciuoli sono, spesso, d’ordine psicologico. Un’inerzia figlia di non belle abitudine. Invece, se si vuole si può fare.