Lo sciopero fiscale dei rettori: non ridaremo i soldi allo Stato

A dire «disobbedienti», nel Nordest che ha assistito alla nascita delle tute bianche di Casarini, tutto verrebbe in mente tranne l’ ermellino di Vincenzo Milanesi, rettore dell’ ateneo di Padova. Eppure la disobbedienza è lì, nero su bianco, nella delibera del Consiglio d’ amministrazione: calcolato in 7 milioni di euro il «taglio» imposto dal decreto Visco-Bersani al funzionamento ordinario 2007-2009, «il Cda ritiene impossibile versare per il momento quanto previsto dalla norma “tagliaspese”». Uno sciopero fiscale in piena regola, contro un provvedimento che colpisce bilanci già sofferenti. E più d’ uno ha deciso di seguirne l’ esempio. LA PROTESTA – «Al Cda ho detto solo: non possiamo disdire i contratti già firmati. Se non paghiamo l’ Enel, ci tocca la penale e il blocco delle attività. Sa, Padova non ha un clima che induca a stare senza riscaldamento, d’ inverno». Non è un barricadero il professor Milanesi, rettore dal 2002, una vicinanza non dichiarata al centrosinistra (in città lo ricordano ad accogliere il pullman di Prodi, e a un certo punto si vociferò di una sua candidatura per la Margherita). La sua è una decisione presa «senza pervicacia ideologica»: negli ultimi anni Padova ha già restituito oltre 4,5 milioni, rosicchiati dalle spese di funzionamento. «Ma qui, appunto, non si considera la diversità fra atenei; capirei se si agisse su chi supera certe soglie, magari attivando il rappresentante del ministero dell’ Economia nel Collegio dei revisori dei conti…». Invece, le forbici del decreto calano per tutti: -10% sui consumi intermedi (bollette, vigilanza, manutenzione) del 2006, -20% sulle previsioni di bilancio 2007. Sono i soldi che Padova ha deciso di non restituire, con una delibera trasmessa ai dicasteri di Economia e Sviluppo economico. E a quello dell’ Università, «ben consapevole della ragionevolezza di questa posizione». Reazioni ufficiali, nessuna. Milanesi è ottimista, ma con giudizio: «Nel Discorso sul metodo, Cartesio diceva che il senso comune è la cosa più diffusa sulla Terra. Purtroppo, a volte il buon senso fa difetto ai politici». SULLE ORME DI PADOVA – La «disobbedienza civile» che soffia dal Nordest non sembra dispiacere ai rettori: «Abbiamo approvato la stessa delibera, per 5-6 milioni di euro – dichiara Alessandro Finazzi Agrò, che governa Tor Vergata dal 1996 -. Tagliare significa chiudere un giorno alla settimana. Qui c’ è il policlinico, i laboratori: che faccio, spengo il condizionamento ai topi? Il decreto, poi, si applica anche alle risorse proprie degli atenei: una misura kafkiana…». Una scelta a rischio, «ma la nostra è una linea di difesa. Se l’ autorità giudiziaria mi dicesse che sono un malfattore, non avrei difficoltà a rimettere il mandato. Altrimenti, per stare a galla, dovrei fare falsi in bilancio. No, grazie». Gian Carlo Pellacani, dal 1999 alla guida dell’ università di Modena e Reggio Emilia, sottoscrive: «Credo che questo decreto sia anticostituzionale. Noi facciamo come Padova, martedì porterò la delibera in cda. Non restituiremo 2 milioni di euro». A Bologna la cifra è più alta, «circa 8 milioni – fa il punto il rettore Pier Ugo Calzolari -. Per ora nessuna delibera formale, ma in settimana affronteremo il tema del bilancio. E valuteremo con attenzione anche questa possibilità». L’ APPELLO DELLA CRUI – Tra chi ha chiesto copia della delibera padovana c’ è anche Stefania Giannini, Università per Stranieri di Perugia, 6.000 studenti non italiani (non finanziati dal fondo ordinario) su 8.000 «e un bilancio di 33 milioni. Il taglio del 10% si può sopportare, il 20% sarebbe devastante. Sugli enti di ricerca un ripensamento c’ è stato, ma per noi?». L’ interrogativo serpeggia tra i «magnifici», e infatti la Conferenza dei rettori, spiega il presidente Guido Trombetti, «ha chiesto che l’ università sia sottratta al Bersani, al pari di scuola ed enti di ricerca. Certo non è il 2007 l’ anno adatto per il rilancio, ma almeno niente tagli… Mi sembra, comunque, che ci sia grande ascolto; ho fiducia che le nostre istanze saranno accolte». «Noi questa speranziella la coltiviamo – conclude Marco Pacetti, Politecnico delle Marche (tagli previsti: 1,5 milioni) -. Ma come extrema ratio, stiamo pensando al ricorso alla Corte costituzionale. Insieme a Padova e ad altri atenei».