Il 7 dicembre i Cobas, dopo il successo dello sciopero di tutto il lavoro dipendente del 17 novembre con trecentomila manifestanti in piazza in 26 città, invitano tutta la scuola a scioperare di nuovo contro la finanziaria, la precarizzazione del lavoro, il blocco dei contratti, la perdurante «riforma» Moratti, i finanziamenti alla scuola privata, la trasformazione della scuola in un’azienda che si pone persino l’obiettivo dell’assunzione diretta del personale da parte dei capi di istituto.
Anche lo Snals e Gilda, dopo mesi di passività, hanno promosso lo sciopero: mentre solo preoccupato di non disturbare il «governo amico» appare lo sciopericchio di un’ora convocato da Cgil-Cisl-Uil per il 14 dicembre, nonostante i roboanti proclami nei confronti della Finanziaria. Tale comportamento è solo apparentemente contraddittorio: esso è l’effetto della introiezione del «farsi governo», dell’assunzione da parte dei tre sindacati del ruolo di «nono partito di governo».
In questa fase molti lavoratori/trici appaiono divisi tra il desiderio di protestare contro una finanziaria che, se fosse stata presentata da Berlusconi, avrebbe provocato ben altro che uno sciopericchio di un’ora, ed il timore del ritorno al governo del centrodestra. Ma ogni giorno che passa (e la manifestazione di S. Giovanni è più di un campanello d’allarme) appare più chiaro che un governo che produce una finanziaria e una politica che soddisfano solo la Confindustria e il grande padronato, finisce con il regalare non solo i cosiddetti «ceti medi» ma anche vasti settori popolari e di salariati/e al centrodestra.
E nella scuola ci si comincia a domandare perché abbiamo speso giustamente tante energie contro la Moratti per poi veder spegnersi il movimento del «popolo della scuola pubblica» ora, nonostante Fioroni abbia mantenuto in piedi la controriforma, addirittura aumentato i finanziamenti per la scuola privata e messo in cantiere più tagli rispetto al centrodestra, spingendo la sedicente «autonomia» fino alla completa aziendalizzazione della scuola, con l’intento di arrivare all’assunzione diretta del personale da parte dei capi di istituto e del loro staff «aziendale».
Per questo invitiamo docenti e Ata di Cgil-Cisl-Uil a liberarsi dalla «sindrome del governo amico», prendendo atto, come ha dimostrato l’eccellente manifestazione del 4 novembre contro la precarietà e le leggi-vergogna, che solo una grande mobilitazione popolare contro il «continuismo» del governo Prodi nelle politiche sociali ed economiche liberiste (il berlusconismo senza Berlusconi) può evitare il ritorno al potere del centrodestra. E perciò ci auguriamo che essi/e si uniscano allo sciopero del 7 in difesa dell’istruzione pubblica.
Il 7, insieme a studenti e ricercatori, manifesteremo a Roma in Piazza Navona (ore 10) di fronte al Senato. Nel corso della manifestazione interverranno senatori/trici per precisare gli impegni dei rispettivi partiti nei confronti della politica scolastica del governo e della Finanziaria. Sciopereremo e manifesteremo contro i tagli alla scuola pubblica (migliaia di classi e 50 mila posti di lavoro) e i finanziamenti alla scuola privata (150 milioni di euro in più rispetto a Berlusconi); per l’abrogazione delle leggi Moratti; per l’assunzione di tutti/e i precari, poiché non è sufficiente il mantenimento delle graduatorie permanenti per altri 5-6 anni, visto che il governo vuole arrivare all’assunzione diretta del personale da parte dei capi di istituto; per il rinnovo del contratto scaduto da un anno, con 300 euro di aumento per docenti ed Ata, e per la corresponsione immediata dell’indennità di vacanza contrattuale; contro i tagli alle pensioni e il furto del Tfr; per la restituzione del diritto di assemblea ai Cobas e a tutti i lavoratori/trici.
Cobas scuola