A quattro giorni dalla liberazione di Daniele Mastrogiacomo è scoppiata la bomba: il portavoce del dipartimento di stato Usa denuncia duramente il comportamento del governo italiano. La trattativa con i Talebani è un tradimento dell’alleanza. Non bisognava trattare, l’uccisione di Mastrogiacomo sarebbe stato un ordinario fatto di guerra.
Di questa bomba a scoppio ritardato innanzitutto (ma non è il dato principale) colpisce il ritardo. A parte la cena tra D’Alema e Condoleezza Rice, i servizi americani sapevano tutto, momento per momento, perché si è arrivati a questa durissima denuncia con quattro giorni di ritardo? Viene da pensare che anche nel vertice Usa ci siano state divisioni: l’Italia, anche per la sua presenza militare in Afghanistan, non è un alleato che possa essere preso a schiaffi senza pensarci un momento. Poi certamente ci saranno state le pressioni, di altri paesi alleati, l’Inghilterra in primis.
Certo l’attuale governo italiano, preso in contropiede perché qualche forma di consenso deve averla avuta, è sotto tiro e ora D’Alema è costretto a dire (ma con scarsa credibilità) che lui, governo, una trattativa diretta non l’ha mai fatta, e a rilanciare l’impegno militare in Afghanistan fornendo ai nostri soldati i mezzi necessari: cioè più armi, forse presto più uomini. Un comportamento piuttosto pietoso, tanto più che il governo doveva sapere (caso Calipari) che gli Usa non gradivano trattative.
A occhio siamo in una situazione di grande difficoltà del nostro governo, ma proprio per questo viene da dire che – se le cose stanno a questo modo – è tutto da rivedere e da ridiscutere il ruolo dei militari italiani in Afghanistan e i rapporti con gli Usa. Se il governo italiano è trattato come un suddito che deve obbedire tacendo al potere degli Usa, allora che in Afghanistan la guerra se la facciano gli Usa con chi vuole restare con loro. Non è primaria, ma c’è anche una questione di dignità nazionale se salvare la vita di un cittadino ci costa tanta condanna. Chiudere la questione con le nostre scuse o con l’affermazione menzognera che nell’affare Mastrogiacomo il governo c’entrava relativamente non è decoroso, né possibile.
In Parlamento, quando, tra pochi giorni, si discuterà della missione in Afghanistan, l’attuale governo dovrà rimettere in discussione tutte le condizioni della nostra presenza in quella guerra infinita. E nel caso che questo non sia possibile, il governo deve avere la dignità di fissare un termine al contratto di partecipazione. Altri importanti paesi europei hanno rifiutato di partecipare a questa guerra. Restare per rischiare morti e prendere schiaffi non mi pare proprio conveniente.
L’Italia è un paese la cui alleanza ha un valore, che conta anche per gli Usa: un valore che forse ha ritardato di quattro giorni la denuncia del Dipartimento di Stato. Chiedere scusa, far finta di niente e restare in Afghanistan come nulla fosse, sarebbe grave autolesionismo.