Lo scalone «camuffato» divide la maggioranza

E’ ancora in alto mare la trattativa sullo «scalone», ma ieri con un primo incontro Damiano-sindacati il tavolo è stato sostanzialmente riavviato: è vero che si è parlato della rivalutazione delle pensioni basse – con i soli segretari confederali e senza i «big» generali – ma dall’altro lato Cgil, Cisl e Uil si dicono pronte ad affrontare e «chiudere» anche il controverso nodo della riforma Maroni. La maggioranza, invece, resta divisa sulla «proposta Damiano»: portare l’età da 57 a 58 anni, sperimentare 3 anni di incentivi, e se non funzionano alzare automaticamente l’età. Viene attaccata sia da destra che da sinistra. Da un lato ci sono i «fanatici» dello «scalone», quelli che evidentemente non vedono neppure il programma sottoposto agli elettori poco più di un anno fa (che parlava di «abolizione»): la ministra Emma Bonino è fautrice addirittura dell’innalzamento dell’età per le donne, e sul tema ha tenuto un convegno dallo slogan «Viva lo scalone»: citatissimo il vicepremier D’Alema che qualche giorno fa, a un dibattito con Epifani, aveva detto che «anche se ci fossero le risorse per abbatterlo, si dovrebbero investire su altro». Tra gli «scaloniani» si annoverano ovviamente anche altri membri dell’Unione, come Lamberto Dini e Antonio Polito, o Tiziano Treu, che però propende più su «scalini seri» e reputa insufficiente lo «scalinetto Damiano». Al convegno è anche intervenuto Maurizio Sacconi, di Forza Italia, prefigurando quanto già anticipato dalla battuta di Bonaiuti: c’è un terreno comune tra Partito democratico e berlusconiani. Diverso e più frammentato il fronte della sinistra radicale. Sinistra democratica, attenta non solo ai boselliani dello Sdi (favorevoli ai 60 anni entro il 2010), ma soprattutto alla Cgil, sposa in pieno la proposta Damiano. Il Pdci è per abolire «in toto» lo scalone. Rifondazione comunista, tornata ieri in campo con il ministro Paolo Ferrero, ribadisce di guardare al programma: se ha già aperto ai 58 anni più incentivi, insiste però sulla contrarietà a introdurre l’automatismo tra tre anni. E resta ferma sulla garanzia dei 57 anni per chi fa lavori usuranti (fabbriche e turnisti) e chi ha già maturato i 40 anni di contributi. Paolo Cento, dei Verdi, ieri ha espresso una posizione simile a quella di Rifondazione: «E’ indispensabile – ha spiegato l’abolizione completa dello scalone per i lavori usuranti, mentre non è positivo che il testo preveda un nuovo innalzamento dell’età pensionabile dopo il 2010». Ma nella sinistra radicale c’è già chi agita la possibilità di una crisi di governo, affermando che il voto in Senato mancherà se la proposta dovesse essere quella di Damiano. Franco Turigliatto, di Sinistra critica, definisce «fumo negli occhi» l’ipotesi del ministro: «Stupisce aggiunge – che anche i sindacati, di fronte ai presunti buchi nel bilancio dell’Inps, non facciano pesare sul tavolo il +0,3% di contributi versati da tutti i lavoratori che già copre i costi dell’abolizione dello scalone o anche la separazione della previdenza dall’assistenza». Così minaccia il non voto Fosco Giannini (Prc), secondo cui «Damiano fa il gioco delle tre carte». Infine gli scioperi: venerdì stop dei meccanici della Fiat di Termini Imerese, mentre tra ieri e oggi si ferma l’Emilia Romagna (ieri l’Electrolux per l’intera giornata). Oggi riprende il tavolo al ministero del lavoro sulle pensioni basse.