“L’Italia resti neutrale, così si aiuta il Libano”

«Non bisogna lasciare soli i palestinesi che vivono in Libano, va sostenuta la loro richiesta di tornare a Nahr al Bared (il campo profughi recentemente distrutto dall’offensiva dell’esercito contro gli estremisti di Fatah al Islam, ndr), altrimenti non riavranno mai più le loro case». Jacopo Venier ha preso parte alla delegazione italiana che, con il Comitato per non dimenticare Sabra e Shatila, è appena rientrata dal Libano. Per il responsabile delle politiche intemazionali dei Comunisti italiani (Pdci) è stata un’occasione per mantenere i contatti con la società libanese e, allo stesso tempo, fare il punto sulla missione Unifil II, alla quale il suo partito aveva guardato in un primo momento con diffidenza

Onorevole Venier che situazione ha riscontrato nel sud del Libano e tra i militari italiani?
Prima di noi del Pdci sono stati i nostri interlocutori libanesi a esprimere un ottimo giudizio su Unifil II. Se l’anno scorso avevamo concesso al contingente un’apertura di credito, ora abbiamo piena fiducia in questa missione che sta riuscendo a fornire sostegno alla ricostruzione e protezione alla popolazione. Un modello che potrebbe essere applicato a Gaza e alla Cisgiordania, a protezione della popolazione palestinese.

L’ambasciatore Usa a Beirut denuncia che Hezbollah sta introducendo armi nel Paese in violazione delle risoluzioni delle Nazioni Unite.
A noi i militari hanno raccontato che ogni giorno si verificano da sei a otto violazioni dello spazio aereo libanese da parte degli israeliani, con caccia o velivoli senza pilota. Così com’è la missione sta avendo successo, perché il sud si sta ricostruendo. Certo c’è chi (gli Stati Uniti e Israele anzitutto) vorrebbe cambiarne il mandato, espandendolo al nord del paese, ma non ce n’è alcuna ragione, le violazioni sono solo israeliane.

La scadenza del mandato presidenziale aumenta le tensioni tra le comunità libanesi. Quale dovrebbe essere il ruolo della diplomazia italiana?
Sulle divisioni confessionali del paese agiscono forti pressioni esteme, in primis quelle statunitensi che destabilizzano il quadro politico. L’Italia non deve intervenire a sostegno dell’una né dell’altra parte, ma premere per una deconfessionalizzazione del Paese. C’è bisogno
che questa diventi anche la posizione dell’Europa ed è incoraggiante, a questo proposito, il passo indietro fatto con Sarkozy dalla Francia che precedentemente, con Chirac, era schierata completamente dalla
parte del premier Siniora e contro Hezbollah.