L’Istat conferma: Italia in recessione. Il debito sfonda quota 1.500 miliardi

Segnaliamo l’articolo che segue, apparso sul la Repubblica di sabato 11 giugno, come elemento di documentazione e di testimonianza circa la gravità ormai palese della situazione economica italiana. L’arretramento del PIL e la crescita preoccupante del debito pubblico segnalano con la chiarezza delle cifre una crisi percepita ormai da anni dalle famiglie italiane.

Naturalmente i commenti riportati nell’articolo non fanno che ribadire i punti di vista di soggetti in larga misura responsabili della condizione in cui versa il nostro Paese.

Il Presidente del Consiglio è ottimista, il Ministro dell’Economia scarica le colpe sull’euro, il leader dell’opposizione invoca “misure urgenti”.

E se Confindustria non può far altro che perseverare nel richiedere “rafforzamenti strutturali” e quindi ristrutturazioni, seguitando a reclamare e anche a praticare la classica politica di diminuzione del costo del lavoro e di delocalizzazione della produzione in paesi a basso costo di manodopera, tocca a noi, come chiede Campetti nel suo editoriale de il manifesto di oggi, “ascoltare la voce di quel milione e mezzo di uomini e donne che ieri hanno vuotato le fabbriche per dire che un’alternativa è possibile”. Il punto rimane il medesimo: invertire radicalmente la rotta di una politica economica e di una politica sociale che rafforza le rendite parassitarie delle classi possidenti, investendo sulla capacità di sviluppo del Paese e, finalmente, sulla difesa del potere d’acquisto dei salari dei lavoratori.

Simone Oggionni

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Nei primi tre mesi dell’anno Pil a –0,5%: è il secondo trimestre consecutivo che la crescita è negativa
Berlusconi: ma il paese è ricco. Prodi: il sistema non tiene

Ora non si tratta più di stime. È ufficiale, l’Italia è in recessione. Ieri l’Istat ha confermato l’analisi sulla ricchezza prodotta già anticipata qualche settimana fa: nei primi tre mesi di quest’anno il Pil ha segnato un meno 0.5 per cento rispetto allo stesso periodo dell’anno scorso. La stessa performance si era verificata nel trimestre precedente, l’ultimo del 2004. I due risultati conseguenti negativi, tecnicamente, non lasciano più alcun dubbio, ma anche le prospettive future non sembrano buone: l’agenzia internazionale di rating Moody’s avverte che pure nella seconda metà dell’anno «potrebbe registrarsi una ulteriore riduzione dell’attività economica».
Al di là del dato sul Pil, inoltre, cattive notizie arrivano dal fronte dei conti: Bankitalia segnala che a marzo, il debito pubblico ha raggiunto un record assoluto superando per la prima volta la soglia dei 1500 miliardi di euro (1.501,138 per esattezza). Circa 8 miliardi in più rispetto al mese precedente, 58 rispetto ad un anno fa. Ad allargare la voragine, secondo via Nazionale, avrebbero contribuito più le amministrazioni centrali che quelle locali. Ora – si precisa – prima di arrivare ad una valutazione definitiva si dovrà aspettare la fine dell’anno e tenere conto degli interventi di contenimento che il governo metterà in atto. Ma è certo che la svolta di questi ultimi mesi non faciliterà il raggiungimento dell’obiettivo per il rapporto debito-Pil, per quest’anno fissato al 105,3 per cento. L’unica nota positiva registrata dalla Banca d’Italia riguarda l’andamento delle entrate tributarie: da gennaio ad aprile sono aumentate del 6,3 rispetto allo stesso periodo del 2004, anche se fra marzo e aprile si al contrario notata una frenata.
Per quanto riguarda invece il Pil va aggiunto che a tale risultato si è arrivati soprattutto grazie al tofo dell’export: nei primi tre mesi dell’anno le vendite all’estero, rispetto all’ultimo trimestre del 2004, sono diminuite del 4,1 per cento. Non meglio hanno fatto quelle interne visto l’andamento pressoché piatto dei consumi. Né consola il confronto internazionale: nello stesso periodo la Finlandia è cresciuta in media dello 0,5 per cento, il Giappone dello 0,8, gli Usa dello 0,9 per cento. Se Domenico Siniscalco, ministro dell’economia, si limita a considerare tali risultati inevitabilmente legati alla «forza dell’euro», il premier Berlusconi prosegue sulla strada dell’ottimismo. «Dobbiamo essere consapevoli della fortuna di essere nati in un paese così meraviglioso – ha detto – L’Italia è un paese ricco, abbiamo otto volte, come ricchezza della famiglie, quello che è il prodotto nazionale».
Ecco, ammette forse «non sa far fruttare così tanto bene la sua ricchezza», magari dovrebbe investire «oltre che nel settore finanziario anche sulle imprese». Una lettura criticata dall’opposizione, ma anche dalla Lega. Roberto Calderoli, ministro delle Riforme commenta: «Bisogna avere il coraggio di riconoscere quella che è la realtà dei fatti, altrimenti la gente non ti dà più credito. A prescindere dall’Istat, m’interessa risolvere il problema delle famiglie che non arrivano alla fine del mese». Romano Prodi, leader dell’Unione, è convinto che i dati dimostrino come «il sistema non tenga e siano necessarie misure urgenti». Purtroppo, ha detto, «queste analisi al peggioramento sono diventate una costante. I dati sull’export fanno impressione, il problema dell’Italia è che deve ricominciare a correre». Per il presidente degli industriali Montezemolo «i numeri non certo incoraggianti dimostrano la necessità di affrontare con rigore e senso dello Stato i profondi rafforzamenti strutturali necessari al Paese». Molto preoccupati i sindacati. Guglielmo Epifani, leader della Cgil, è più che mai convinto che il paese versi in difficoltà gravissime «è in recessione profonda, la crisi tocca tutti i settori, dall’industria all’agricoltura. La via d’uscita può essere solo una svolta profonda in politica economica che questo governo non è in grado di assicurare». Savino Pezzotta, leader della Cisl, confessa: «Ad ogni nuovo dato mi vengono i brividi».