L’inflazione mangia i salari

Secondo i risultati della rilevazione Istat su occupazione, retribuzioni e oneri sociali, nel terzo trimestre del 2005 le retribuzioni lorde nel settore privato hanno subito una brusca frenata. Dopo una crescita tendenziale (ovvero rispetto allo stesso trimestre dell’anno precedente) piuttosto consistente nel primo e nel secondo trimestre del 2005 (+2,8% e +3,4% rispettivamente), nel terzo trimestre le retribuzioni lorde per unità di lavoro equivalenti a tempo pieno hanno registrato un aumento che non supera il 2,0% e tornano a viaggiare più o meno alla stessa velocità dell’inflazione. Questa, sempre secondo i dati Istat, si è attestata proprio al 2,0% se calcolata sulla base dell’indice Nic (relativo all’intera collettività nazionale) e all’1,9% se calcolata con l’indice Foi (relativo alle sole famiglie di operai e impiegati).

Il deciso rallentamento dei salari si è manifestato di più nei comparti dei servizi e delle attività manifatturiere dove l’incremento retributivo tendenziale ha raggiunto appena l’1,8%. In questi ultimi due anni le retribuzioni hanno rincorso l’inflazione e hanno appena compensato le perdite subite nel biennio 2002-2003, periodo caratterizzato dal passaggio dalla lira all’euro e da un consistente incremento dei prezzi al consumo.

Tutto ciò risulta ancora più evidente se, per misurare la perdita del potere di acquisto dei salari, si utilizza un indice dei prezzi al consumo diverso dal Foi o dal Nic: per esempio, l’indice armonizzato dei prezzi al consumo (Ipca), sempre prodotto dall’Istat ma sulla base di criteri decisi a livello europeo. Questo indice si differenzia dagli altri due soprattutto perchè si riferisce sempre ai prezzi effettivamente pagati dai consumatori: ad esempio, nel caso dei medicinali, mentre Nic e Foi considerano il prezzo pieno dei farmaci a carico del servizio sanitario, l’Ipca fa riferimento alla sola quota effettivamente a carico del cittadino (il ticket).

Ebbene, dal confronto con il tasso di inflazione misurato dall’indice Ipca emergere un quadro più preoccupante. Posto pari a 100 il valore medio degli indici dei prezzi e dei salari nell’anno 2001, e seguendone l’andamento nel corso del quadriennio 2002-2005, si può notare come, confrontata con l’indice Ipca, la rincorsa dei salari non sia affatto finita: nel 2002 l’indice dei prezzi era pari na 102,6 e quello dei salari a 102,4; nel 2003, la differenza è cresciuta ulteriormente (105,5 contro 104,3); nel 2004 si è leggermente assottigliata (107,9 contro 107,1); nel 2005, misurato sui primi tre trimestri, rimane un differenziale a favore dell’indice dei prezzi (110,3 contro 110). In pratica, i salari reali si trovano ancora sotto il livello del 2002. Questo si riconcilierebbe bene con l’impressione che hanno sempre più lavoratori italiani di non arrivare più con il proprio stipendio alla quarta settimana del mese.