L’indipendenza del Kosovo di Bush e perché dobbiamo opporci

E’ degli ultimi giorni la notizia ( che ha avuto, significativamente, poca eco) che gli Usa stanno forzando sull’ONU e sul Gruppo di Contatto per ottenere l’indipendenza del Kosovo Metohja, un obiettivo che Bush sta perseguendo da tempo e che sarebbe devastante per l’intera regione balcanica e fonte di nuove e pericolose acutizzazioni dello scontro già in atto tra Usa e Russia sullo “scudo spaziale” europeo. Anche da questo punto di vista la questione Kosovo M. appare più che mai centrale. E da riproporre con decisione nel dibattito politico.
Il 24 marzo 1999 ebbe inizio l’aggressione della Nato alla Repubblica Federale Jugoslava: 78 giorni di bombardamenti, condotti da cacciabombardieri Nato e italiani, anche sulle infrastrutture civili del territorio della Serbia e Montenegro. Giustificata come “umanitaria”, fu una guerra che oggi si vuole – per vergogna? Per coprirne gli orrori? – rimuovere. Essa aveva l’obbiettivo ufficiale “di portare in quella provincia jugoslava la multietnicità, la multireligiosità e un sistema democratico in grado di impedire pulizie etniche contro i kosovari albanesi; fermare le violenze, garantire sviluppo, pace e tolleranza”. Buoni propositi, come per ogni guerra imperialista, visto che il prodotto finale di quella guerra è stato quello di versare più sangue, seminare più divisioni, più odio e molta più miseria sociale.
Dopo otto anni, e 30.0000 militari Onu e Kfor avvicendatisi, secondo le varie fonti Onu, Osce, Kfor, Unmik, niente di tutto quello promesso è stato mantenuto o raggiunto. Il Kosovo M., oggi, è solo una drammatica realtà, il prodotto unico delle violazioni del diritto internazionale. Dati inquietanti rappresentano il fallimento di una missione che tutto ha generato tranne la pace, che ha devastato terra e uomini con i proiettili all’uranio impoverito, compromettendo per lungo tempo la vita di un popolo e lo sviluppo sociale. Neanche i luoghi generalmente considerati sacri sono stati risparmiati: 148 tra chiese e monasteri ortodossi sono stati distrutti.
Il quadro economico evidenzia maggiormente quanto la guerra abbia pesantemente influito sul futuro del Paese. Si registra l’80% di disoccupazione; le attività produttive sono completamente distrutte e l’agricoltura si è ridotta del 60%. Diritti sociali, civili, religiosi, politici: nessuno di questi è oggi praticabile o garantito. La popolazione non albanese vive in “enclavi”, aree circoscritte, in regime d’apartheid.
In questa situazione, l’ex mediatore Onu Athisaari aveva consegnato al Consiglio di Sicurezza un rapporto (su pressioni di Usa e Germania, paese simbolo del neo imperialismo europeo, che torna – dopo il ruolo giocato nello smembrare la Jugoslavia – a svolgere un compito nefasto) col quale si affermava che nel Kosovo M. esistevano gli standard minimi di democrazia e sicurezza per poter concedere l’indipendenza. La “linea Athisaari”, volta a far concedere dall’Onu l’indipendenza al Kosovo M., è stata tuttavia fermata dall’iniziativa di Russia e Cina, che si sono decisamente opposte all’indipendenza e hanno bloccato la discussione al Consiglio dell’Onu ottenendo che passasse al Gruppo di Contatto sul Kosovo M. ( Gruppo formato da Gran Bretagna, Francia, Usa, Italia, Russia, Germania). Un buon risultato, quello di Russia e Cina, che sospende un dramma, ma sconta il limite di aver portato il dibattito in una sede (il Gruppo di Contatto) ove gli USA possono esercitare ancora una forte pressione.
Se è grave, come dicevamo, il nuovo e scientifico attacco di Bush alla Serbia e alla Russia, contenuto nella scelta azzardatissima di premere per l’indipendenza del Kosovo M., altrettanto grave è il fatto che non solo il ministro degli esteri D’Alema – il quale decretò l’adesione dell’Italia all’aggressione della Rfj nel ’99, in qualità di Primo Ministro – ma lo stesso Prodi hanno caldeggiato il processo di indipendenza. Appare ormai chiaro che la definizione dello status di indipendenza del Kosovo M. è un ulteriore tassello della strategia di espansione egemonica e geopolitica Usa e Nato; strategia che un governo di centro sinistra non dovrebbe sostenere, se intendesse, ancora, differenziarsi da un governo di destra. Cosa è possibile fare nel nostro Paese per non essere complici di un ennesimo atto di ingiustizia e illegalità internazionale? Come possiamo impedire l’ultimo – e tragico – smembramento della ex Jugoslavia? Fondamentale sarebbe l’impegno dei senatori e dei deputati comunisti e della sinistra di alternativa, che dovrebbero illuminare la “questione Kosovo” e battersi, incrociando la loro iniziativa con il movimento per la pace, per mettere in discussione l’attuale posizione del governo, chiedendo il rilancio della mediazione delle Nazioni Unite e la prosecuzione delle trattative tra le parti. Ma anche il movimento per la pace dovrebbe impegnarsi per togliere dal buio politico e mediatico la questione Kosovo Metohija, comprendendo e facendo comprendere a livello di massa che la questione Kosovo non è solo un “fatto in sé”, come molti vorrebbero liquidarlo, ma un possibile e verosimile casus belli di una nuova e grave crisi europea ed internazionale. E’ necessario un confronto per costruire una politica estera indipendente, basata sul diritto internazionale, fondata sulla ricerca di soluzioni pacifiche e negoziali dei conflitti. Solo questo costituirebbe una svolta innovativa rispetto ai precedenti governi; solo questo dimostrerebbe una diversa natura del governo Prodi, che, diversamente, consumerebbe sino in fondo il proprio residuo rapporto con il popolo di sinistra e col popolo della pace, finendo per rinchiudersi desolatamente nelle piazze vuote del governismo senza popolo.

Fosco Giannini Senatore Prc, direttore de “ l’Ernesto”
Don Andrea Gallo Coordinatore Comunità di S. Benedetto Genova
Enrico Vigna Portavoce del Forum Belgrado Italia.