L’incubo somalo dei Bush

Gli osservatori della politica americana sostengono che Bush voglia passare alla storia per la sua lotta al terrorismo. Per la verità i risultati non sembrano tali da essere ricordati se non per i fallimenti: Afghanistan, Iraq e Somalia. Tant’è che mentre decide di inviare nuove truppe a Baghdad ignorando i pareri contrari di politici e militari, comincia a bombardare la Somalia, appoggiandosi alla base di Gibuti il cui uso è stato concesso da Parigi durante lo scontro sulla guerra in Iraq.
La Somalia, che era stato uno degli incubi di Bush padre, rientra oggi nelle vendette di Bush figlio. Dunque, inizia anche in Somalia la caccia ai terroristi che sarebbero appoggiati dalle Corti islamiche. Se i terroristi sono arrivati in Somalia, e non è da escludere, chi ha preparato il terreno? Sicuramente l’intervento militare internazionale che nel 1992 doveva «Ridare speranza» (Restore hope) alla Somalia e invece ha affossato qualsiasi possibilità di soluzione, alleandosi con alcuni signori della guerra contro altri. Il precipitoso ritiro Usa dopo l’abbattimento del Blackhawk e l’assassinio di 18 soldati americani, aveva lasciato terra bruciata. Un paese allo sbando, distrutto, in mano ai signori della guerra, sempre più numerosi e trucidi. Per lunghi periodi la Somalia è rimasta inaccessibile persino alle organizzazioni dell’Onu.
Questa situazione ha alimentato gli appetiti delle potenze regionali e non. Innanzitutto l’Etiopia, che non ha mai rinunciato alle proprie mire imperiali e che si era già scontrata con la Somalia che rivendicava l’Ogaden. Mentre le truppe etiopi sconfinavano spesso in Somalia – l’Etiopia è l’unico paese a sostenere l’autoproclamata indipendenza del Somaliland – l’Arabia saudita cominciava a esportare il suo wahabismo travestito da aiuti umanitari e da business. Il porto di Bosaso alla fine degli anni novanta era intasato di merci, macchine e donne velate. I sauditi finanziavano in tutta la Somalia campi profughi, orfanotrofi, scuole (tutte rigidamente coraniche e di stampo wahabita) dove le bambine fin dalla più tenera età erano velate e studiavano su libri sauditi in arabo (e non più in somalo). E naturalmente le moschee, che cominciano a sorgere ovunque, finanziate, oltre che dai sauditi, anche dal gruppo integralista del Kuwait Islah. Le donne cominciavano a portare una specie di chador che non aveva nulla a che vedere con il velo tradizionale. Il chador permetteva di ottenere dagli islamisti 100 dollari al mese e in quella situzione era meglio di un lavoro fisso. Ma l’ostilità verso questa costrizione era manifestata dai colori dei chador: fucsia, verde fosforescente, blu elettrico. Poi, con l’affermarsi delle Corti islamiche le cose sarebbero cambiate e così anche la tenuta delle donne, sempre più rinchiuse dentro le mura domestiche.
La prima corte islamica fu istituita a Mogadiscio nord nel 1994 da Ali Sheikh Mohammed, chiamato Ali Dheere, noto integralista che condannava ad amputazioni di mani e piedi per combattere la delinquenza. Ali Dheere non ha mai nascosto il proprio sostegno ai taleban. Il primo scontro tra l’attuale «presidente» Abdullahi Yusuf e i fondamentalisti guidati da Jama Ali Jama, sostenuto da al Ittihad – considerato dagli Usa il braccio somalo di al Qaeda – per il controllo del Puntland (proclamatasi regione autonoma) risale al 2002. Già allora in aiuto di Abdullahi erano arrivate le truppe etiopi e già allora il leader del Puntland auspicava il ventilato intervento Usa. Non a caso, l’Etiopia ha puntato sul Somaliland e sul Puntland, dopo l’indipendenza dell’Eritrea (alleata di Israele e delle Corti) ha bisogno di uno sbocco al mare rappresentato dai porti di Berbera e Bosaso. Lo scontro con le corti islamiche per la maggioranza di ispirazione salafita non è quindi nuova, così come la loro difesa, da parte di qualcuno, in nome della pace e della sicurezza. Che però, come nell’Afghanistan dei taleban, si basava sul terrore: chiusura dei cinema, proibizione della musica e dei matrimoni tradizionali. Quel che è certo, è che tra intervento etiope-americano e il terrore dei taliban somali, ogni soluzione negoziata è pregiudicata.