Dopo la ritrattazione dei due testimoni chiave della commissione Onu sul caso Hariri l’inchiesta è ad un punto morto. Ma per gli Usa e il giudice Mehlis sul banco degli imputati ci sono sempre Damasco e la resistenza libanese e palestinese
«L’assassinio di Rafiq Hariri è stato un atto contro il Libano, la sua stabilità, la sua ricostruzione, la sua resistenza, un atto destinato a far precipitare il paese in un clima da guerra civile. Noi chiediamo di conoscere la verità ma senza teoremi precostituiti, senza rinunciare alla nostra sovranità e senza l’intervento esterno degli Usa che cercano di subordinare le indagini ai loro piani contro la Siria». Trad Hamade, ministro del lavoro del nuovo governo libanese, uno dei due membri dell’esecutivo provenienti dalle fila del partito sciita Hezbollah, esprime con chiarezza le critiche del suo partito alla commissione di inchiesta Onu del giudice Detlev Mehlis, accusata di non essersi impegnata a ricercare la verità ma solamente a cercare conferme al teorema Usa di un coinvolgimento nel complotto dei vertici siriani. Il nuovo ministro del lavoro, il primo ad aver abolito il divieto per i profughi palestinesi ad esercitare una cinquantina di mestieri, è reduce da una riunione fiume dell’esecutivo nella quale, ad un passo dalla crisi di governo – con il rischio di un’uscita dall’esecutivo di tutti i ministri sciiti – il suo partito, insieme all’altra organizzazione sciita «Amal», ha accettato un’estensione di sei mesi dei lavori della commissione Mehlis ma ha bloccato il tentativo Usa, sostenuto dal premier Siniora e dal blocco che fa capo a Saad Hariri, il figlio dell’ex premier ucciso, di sottrarre alla magistratura libanese un eventuale futuro processo per usarlo contro il governo di Damasco. «Abbiamo bocciato la proposta di un tribunale internazionale innanzitutto per il fatto che ora è tempo di indagare seriamente sull’uccisione di Hariri e non di celebrare processi sommari – ci dice sorridendo Trad Hamade – tanto più che i due supertestimoni del rapporto Mehlis hanno entrambi dichiarato di aver subito pressioni e di essere stati pagati per accusare i vertici dei servizi libanesi e le autorità di Damasco. In secondo luogo dobbiamo essere molto cauti perché è evidente il tentativo di smantellare la sovranità del Libano e mettere sotto tutela il nostro paese».
Eppure il suo partito aveva accettato a suo tempo l’istituzione della commissione Mehlis..
Certamente, ma in quella mozione si diceva chiaramente che la commissione internazionale avrebbe dovuto aiutare la magistratura libanese e non sostituirsi ad essa. Purtroppo l’inchiesta è stata politicizzata per soddisfare le pressioni Usa e così la possibilità di arrivare alla verità si è allontanata.
Considera un successo il rinvio di alcuni mesi della discussione sulla possibile istituzione di un tribunale internazionale sull’affare Hariri?
La riunione di governo dello scorso fine settimana è stata drammatica, ci sono volute quattro ore per calmare le acque, e la sua conclusione è molto positiva non tanto per noi ma per la stessa sovranità del Libano. E’ assurdo discutere del tribunale quando ancora non si sa nulla di come siano realmente andati i fatti.
A chi può essere ricondotta la crescente tensione tra le due sponde del Mediterraneo…
Direi piuttosto che c’è il tentativo di forze esterne al Mediterraneo decise a bloccare il dialogo tra i popoli delle sue sponde. Si tratta delle correnti fondamentaliste dell’Amministrazione Usa e di quelle fondamentaliste nel nostro mondo che tanto ci danneggiano ogni giorno. Si tratta di due opposti fondamentalismi, uno dei quali però ha a sua disposizione tutti i mezzi bellici ed economici della maggiore potenza mondiale. C’è poi, soprattutto, Israele, con le sue armi di distruzione di massa, il suo rifiuto della legalità internazionale, la sua politica di aggressione. Un paese che ancora occupa le terre palestinesi, libanesi e siriane…
Tutto sembra ruotare attorno alla questione palestinese…
La Palestina è il centro della questione meriorentale e se non si risolverà questo problema non vi sarà mai la pace in questa regione. Il popolo palestinese è stato cacciato dalla sua terra e ancora attende giustizia mentre i suoi diritti vengono calpestati ogni giorno da nuove colonie e uccisioni. Non dimentichiamo inoltre che Israele occupa ancora una parte del territorio libanese, le fattorie di Sheba e che ogni giorno viola la nostra sovranità, sul terreno, nel cielo, per mare. Noi siamo contrari alla guerra ma non possiamo non difenderci.
Gli Usa accusano la resistenza libanese degli Hezbollah di terrorismo…
Se c’è un terrorismo è quello di stato di Washington e di Israele. Noi siamo un movimento che punta solamente a liberare il nostro paese dall’occupazione straniera.
Gli Usa chiedono al governo libanese di attuare la risoluzione 1559 sul disarmo delle forze della resistenza palestinese e libanese…
La risoluzione 1559 è frutto di vari interessi: in primo luogo quelli Usa ma anche europei, in particolare francesi, con un tocco di Germania. Obiettivo della Francia e degli europei era quello di ottenere il ritiro della Siria dal Libano e arrivare a nuove elezioni. Gli Stati uniti però vorrebbero andare oltre e arrivare al disarmo della resistenza palestinese e libanese. A nostro parere, una volta realizzato il ritiro siriano la risoluzione è stata attuata. Per quanto riguarda il disarmo della resistenza libanese e palestinese si tratta di una questione interna al Libano. Siamo noi libanesi a decidere come difendere la sovranità del paese e come riorganizzare i rapporti tra noi e i palestinesi. La resistenza islamica libanese è un movimento che ha sempre operato all’interno del Libano e che ancor oggi ha bisogno delle armi per completare la liberazione del paese dall’occupazione israeliana e per difendere i confini nazionali. Quindi per noi la 1559 è un capitolo chiuso.