Mai come in questo caso possiamo affermare che “la realtà ha superato la fantasia”. Due aerei che si abbattono sulle Twin Towers facendole crollare, un altro che si abbatte sul Pentagono e ad un certo punto era sembrato che anche la Casa Bianca fosse stata colpita da un altro aereo. Attentati che hanno provocato quasi 5.000 morti nel cuore economico e militare del paese più potente del mondo.
L’Inferno di cristallo, Indipendence Day, Potere esecutivo ed altri film o libri in puro stile hollywoodiano, avevano rappresentato come scenario fantascentifico quello che abbiamo visto in diretta. Ma dovendo fare i conti con uno scenario “reale”, abbiamo ora di fronte il problema di comprendere quello che è accaduto e come si sia potuto arrivare a questo.
Non sappiamo se lo sviluppo degli avvenimenti ci consentirà di fermarci a riflettere con calma, certo è che quello che è accaduto negli Stati Uniti è forse meno incredibile di quanto appaia. Di incredibile, forse, c’è solo la nostra tendenza a “digerire” tutti gli eventi, a non coglierne il loro vero significato e portata o l’aver assimilato un “consumismo mediatico” che talvolta fa rasentare l’idiozia.
Dieci anni fa si dissolveva l’Unione Sovietica e finiva un periodo storico durato quasi cinquanta anni e di cui la “pace” (per quanto fondata sulla mutua deterrenza nucleare) e lo sviluppo ne rappresentavano le caratteristiche di fondo. Il Vietnam per gli USA e l’Afganistan per l’URSS, avevano rappresentato gli episodi di guerra più rilevanti e violenti.
Ovviamente è assai schematica parlare di quella fase come di un periodo di “pace”, ma è obiettivo riconoscere che le caratteristiche degli eventi bellici e delle rivoluzioni anticoloniali erano il segno di un conflitto che non limitava le possibilità di sviluppo dell’umanità, semmai era il contrario e tutti i dati e di qualsiasi fonte lo dimostrano ampiamente.
In dieci anni quattro guerre. Significherà qualcosa?
In dieci anni , dopo il ‘91, e con la “dichiarazione di guerra” di Bush, possiamo verificare che in questo decennio abbiamo avuto ben quattro guerre che hanno visto direttamente coinvolti gli Stati Uniti e la NATO, un fatto questo mai accaduto prima. Guerre, tra l’altro, di cui almeno una (la Jugoslavia) tornata a divampare in Europa dopo cinquanta anni. Prima la guerra contro l’Iraq nel ‘91, poi la guerra civile in Croazia e Bosnia per la disgregazione della Jugoslavia, poi l’aggressione armata della NATO contro la Serbia ed ora la prossima guerra dichiarata da Bush (contro l’Afganistan e forse contro l’Iraq e poi….) sono le tappe di una escalation bellica della quale è fin troppo facile addossare le responsabilità al “demone o al dittatore di turno”, in questo caso al cosiddetto fondamentalismo islamico guidato da Osama Bin Laden.
C’è qualcosa di assai più profondo che spinge a questa sorta di “fordismo bellico” che produce guerre come se fosse ad una catena di montaggio. Certo, c’è la globalizzazione che ha cambiato tutto, certamente ci sono una quantità di “cattivi da stanare”, sicuramente potranno esserci una ridda di altri motivi che adesso non appaiono o non vengono alla luce, ma se per esempio collegassimo la guerra alla situazione economica venuta avanti dall’inizio degli anni Novanta, forse qualche idea assai pertinente ci verrebbe in testa.
Se osserviamo la realtà di questo decennio, possiamo verificare come mentre gli Stati Uniti viaggiavano sui boom borsistici e sull’afflusso di capitali dall’estero, il resto del mondo entrava in crisi. Nel 1995 toccava al Messico, nel 1997 all’Asia, poi è toccato al Brasile e alla Russia e qualcosa ha lambito anche la Cina. Infine il Giappone, che negli ‘80 sembrava irraggiungibile, comprava fabbriche e immobili negli USA e distribuiva al mondo i suoi modelli di impresa come il toyotismo, è entrato in una recessione profondissima dalla quale ancora non riesce a venire fuori.
In tale scenario, il nuovo millennio si è presentato con la crisi negli stessi USA ed una Europa che – nonostante l’unificazione economica e monetaria, a malapena riesce a crescere su livelli molto bassi. Tutto questo è avvenuto in un contesto in cui quote crescenti della popolazione mondiale hanno visto precipitare le loro condizioni economiche e gli standard di vita, in alcuni casi deteriorate fino alla disperazione.
Guardando le Twin Towers crollare, dovremmo allora stupirci di essere stupiti e capire che il meccanismo che si è messo in moto è estremamente pericoloso per il futuro di tutta l’umanità. Diventa allora necessario non solo capire le cause della situazione attuale ma anche comprendere per tempo gli scenari che si potranno aprire con la nuova guerra o avventura bellica annunciata dall’amministrazione USA. Le caratteristiche e gli obiettivi delle iniziative militari statunitensi chiariranno in parte alcune cose.
Due ipotesi sugli attentati
Una prima ipotesi da prendere in esame è che effettivamente gli attentati di New York e Washington fossero inaspettati da settori del potere statunitense e che questo ora sia costretto a seguire l’iniziativa dei suoi “ex partner afgani”. Se così fosse, appare evidente che alla prima potenza del mondo cominciano a sfuggire fattori importanti strategicamente e ciò denoterebbe elementi di logoramento e debolezza che vengono associati alla fase economica recessiva, all’affermazione di una nuova moneta internazionale alternativa al dollaro (l’Euro), alla affermazione della Cina come competitore strategico ed anche alla diffoltà israeliane nella conduzione del conflitto in Medio Oriente. Ciò delinea una scenario di ridimensionamento della supremazia globale degli Stati Uniti che una escalation militare potrebbe contrastare anche solo temporaneamente.
Una seconda ipotesi somiglia all’incendio del Reichstag che servì al nazismo per scatenare la sua offensiva prima all’interno e poi contro il resto dell’Europa. Ovvero che i poteri forti negli USA abbiano in qualche modo “agevolato” (se non organizzato direttamente) gli attentati affinchè arrivassero alla loro tragica conclusione di sicuro impatto mediatico. Potrebbe essere una ipotesi decisamente azzardata ma uno sguardo alla storia (dall’affondamento della corazzata Maine a Cuba all’incidente del Tonchino, dalle cavie umane per gli esperimenti atomici e biologici della Guerra Fredda alla strage di Piazza Fontana) non può portare ad una sua perentoria esclusione. I mezzi utilizzati in un secolo dagli USA per raggiungere la supremazia mondiale contengono anche pagine talmente nere ed operazioni coperte da superare di una spanna gli scenari dei film o dei libri hollywoodiani. Se la posta in gioco è alta, il gioco si può fare anche sporco. E quale è la posta in gioco in questo caso?
La posta in gioco? Alta, altissima
Abbiamo già indicato alcuni elementi del possibile ridimensionamento del ruolo degli Stati Uniti nel mondo. A questi occorrerebbe aggiungere anche un “rialzare la testa” da parte della Russia che cerca di recuperare un ruolo strategico a livello internazionale. Lo stesso progetto di Scudo Stellare messo in cantiere da Bush, indica una crisi di leadership. Per omaggiare una tesi tornata di voga in questi mesi, potremmo paragonare lo Scudo anti missili da costruire intorno agli Stati Uniti alla costruzione delle Mura Aureliane intorno a Roma, ancora capitale dell’Impero, per difendersi dall’incipiente minaccia dei barbari. Fino a quando Roma era stata forte, non aveva avuto bisogno di cingersi di mura.
E’ possibile che le elite del potere sappiano più cose di quante ne conosciamo noi, ma non appare certo impossibile che di fronte alla prospettiva di una perdita di egemonia globale, gli USA rilancino l’iniziativa sul piano militare per segnare quel fattore di vantaggio (che hanno sistematicamente nella loro storia) sia nei confronti degli avversari reali e potenziali sia nei confronti dei “partner” (gli europei in primo luogo) diventati sempre più pericolosi sul piano della competizione globale.
Se è questa la posta in gioco, una classe dominante che ha assassinato un presidente (Kennedy) ed ha perduto 50.000 uomini nel Vietnam, può anche concepire un simile progetto. Il dubbio che possano apparire ipotesi fantapolitiche affonda e riaffiora continuamente, ma non lo erano anche gli attentati dell’11 settembre alle Twin Towers e al Pentagono che pure tutti abbiamo potuto vedere in diretta?
Fermare la guerra e non solo.
Qualunque siano stati cause, mandanti ed esecutori, ci apprestiamo di nuovo ad essere coinvolti in una guerra insieme alla NATO. E’ difficile oggi prevedere se tali conflitti ne possano innescare uno più ampio, certo è che gli effetti politici già si intravvedono anche all’interno del nostro paese.
Il Ministro degli Interni Scajola, già prevede restrizioni delle nostre libertà personali e collettive, come del resto sta avvenendo negli USA, in cambio di sicurezza. Il Presidente Ciampi parla della “lotta del bene contro il male”, i partiti dell’opposizione si sdilinguano in dichiarazioni di sostegno all’intervento militare degli USA e della NATO come del resto avevano già fatto per la guerra contro la Jugoslavia (in quel caso erano forze di governo ma quelle d’opposizione, oggi al governo, si erano comportate analogamente).
Si respira insomma un clima “bipartizan” che pone un problema serissimo a tutta la sinistra, ai movimenti contro la globalizzazione ma anche a chi pensa, nei tempi lunghi, di poter ristabilire una alleanza con l’Ulivo nelle prossime elezioni.
Il meccanismo che si è messo in moto, un meccanismo che deriva direttamente dalla natura capitalista e imperialista del modello dominante, non produce solo effetti internazionali ma anche interni ai singoli paesi che provocanbo sempre più asservimento allo sviluppo attuale. Si avvicina dunque il momento in cui le tattiche o le tecniche di galleggiamento perdono ogni efficacia e si ripongono i veri nodi di natura strategica e politica per chi intende attuare concretamente per fermare la corsa al baratro in cui ci sta precipitando il modello capitalista dominante.