Israele e Stati uniti stanno cercando di stabilire relazioni strategiche con i paesi confinanti con l’Iran in vista di un possibile attacco contro Teheran? A questo interrogativo il quotidiano israeliano Yediot Ahronot dava lo scorso 12 maggio una risposta sostanzialmente affermativa, alla luce delle dichiarazioni rilasciate dal ministro per le infrastrutture nazionali Benyamin Ben Eliezer all’Israel Institute of Petroleum and Energy, al ritorno dal suo viaggio ufficiale a Baku. «L’Azerbaijan è un paese musulmano con una maggioranza sciita che confina con l’Iran e noi siamo interessati a stringere rapporti con questo paese», aveva dichiarato Ben Eliezer. «Abbiamo fatto importanti progressi sulle questioni energetiche, ma anche su altri argomenti», aveva poi aggiunto lasciando intendere di aver discusso temi di «scottante attualità» con il presidente Ilham Aliev e il suo parente nonché presidente dell’ente petrolifero azero Natig Aliev.
Israele mantiene da diversi anni relazioni speciali con l’Azerbaijan, paese peraltro noto per le violazioni dei diritti umani e per il pugno di ferro del regime contro gli oppositori. Oltre ad una crescente cooperazione economica, società israeliane specializzate nella sicurezza da tempo addestrano unità speciali dell’esercito azero all’uso delle tecnologie più moderne. L’interesse di Tel Aviv, ma anche di Washington, per l’Azerbaijan è cresciuto con l’aggravarsi della crisi legata al programma nucleare iraniano. Ufficialmente la questione viene affrontata ai tavoli della diplomazia internazionale, ma dietro le quinte gli Stati uniti e Israele si preparano per un eventuale attacco alle centrali atomiche iraniane. Baku è finita ai primi posti nell’elenco delle priorità degli Usa e degli israeliani da quando la Turchia si è rifiutata di concedere le sue basi aeree per l’invasione anglo-americana dell’Iraq. Rifiuto che, con ogni probabilità, verrebbe ribadito in caso di raid aerei contro l’Iran. Poter utilizzare basi azere risolverebbe ogni problema ad americani ed israeliani che potrebbero far decollare i cacciabombardieri da località relativamente vicine all’Iran.
Lo Yediot Ahronot ha sottolineato nel suo servizio sulla visita di Ben Eliezer a Baku che l’Azerbaijan, pur avendo ingenti risorse energetiche da esportare, rimane uno Stato povero che ha bisogno di crescenti investimenti dall’estero per potersi garantire livelli significativi di sviluppo. La cooperazione economica quindi potrebbe essere la chiave giusta per convincere i leader azeri ad avviare una più intensa collaborazione militare. Come è noto uno dei corridoi energetici più importanti al mondo è l’oleodotto e gasdotto Baku-Tbilisi-Ceyhan (controllato dalla British Petroleum, BP). Israele è un partner potenziale del Baku-Ceyhan che alla fine potrebbe essere collegato con i porti e gli oleodotti dello Stato ebraico. Ceyhan e il porto mediterraneo di Ashkelon infatti distano appena 400 km e Israele propone che il petrolio una volta giunto ad Ashkelon potrebbe essere pompato attraverso un oleodotto già esistente sino al porto di Eilat sul Mar Rosso e da lì trasportato in India o in altri paesi asiatici. Nel frattempo si stringerebbero anche importanti alleanze militari tra i vari partner. Teheran sembra aver intuito le finalità di questi accordi economici e militari in via di definizione e ha reagito lanciando accuse. Qualche giorno fa l’ambasciatore iraniano in Azerbaijan, Afshar Suleymani, ha detto che Usa e Israele «hanno interesse» ad alimentare tensioni in Iran tra la maggioranza persiana e la minoranza azera, in apparente riferimento alle recenti proteste divampate a Tabriz, capoluogo dell’Azerbaijan iraniano. Teheran fa sapere che non rimarrà a guardare di fronte al coinvolgimento di Baku nella controversia sul nucleare.