«Licenza di uccidere, diciamo basta agli Usa»

«Il soldato Corsetti era conosciuto come “il Principe della tortura” a Bagram, in Afghanistan, e con i suoi metodi criminali di interrogatorio ha causato la morte di due persone innocenti, il 4 e 5 dicembre del 2002. E’ stato assolto da un tribunale militare. Il massacro perpetrato dai marines il 15 marzo scorso ad Ishaqui, in Iraq, per il Pentagono non c’è mai stato, malgrado le prove-video della Bbc. La strage di 24 civili innocenti ad Haditha è stata coperta da un silenzio criminale per cinque mesi. E’ questo che il governo americano chiama «fare giustizia»? Vogliamo sia resa pubblica tutta la documentazione sulle regole d’ingaggio relative alla licenza di uccidere e torturare civili, che il Pentagono e la Casa bianca hanno secretato. Human Rights Watch «chiede altresì una inchiesta indipendente dal Congresso e dai militari». E’ con questo aspro j’accuse che inizia l’intervista con John Sifton che per l’organizzazione Human Rights Watch si occupa di prigioni segrete e torture inflitte da militari, agenti della Cia e del Pentagono in Afghanistan.
Da anni la vostra organizzazione denuncia i criminali metodi di tortura degli americani in Afghanistan. Qual è l’aspetto più inquietante di queste inchieste-farsa condotte dai comandi militari Usa?
E’ semplicemente scandaloso che uno dei più biechi torturatori dell’esercito americano, responsabile della morte per tortura di due detenuti innocenti nel carcere di Bagram nel dicembre 2002 sia assolto. E’ ancora più scandaloso che il capitano Carolyn Wood, comandante a Bagram, e Christopher Beiring, entrambi responsabili delle tecniche di tortura da applicare durante gli interrogatori abbiano ottenuto immunità e promozione ad Abu Ghraib, pur essendo perfettamente a conoscenza degli abusi e delle torture omicide inflitte dai soldati durante gli interrogatori. Abusi sessuali e sevizie erano all’ordine del giorno nelle carceri afghane inaccessibili a ogni controllo. Le testimonianze dei sopravvissuti di Bagram, Kandahar, delle prigioni segrete della Cia ai confini col Pakistan sono state rese note da Amnesty International, dalla Commissione dei diritti dell’Uomo delle Nazioni unite e dal Rapporto Bassiouni, del marzo 2004.
Chi erano gli innocenti morti a Bagram?
Dilawar era un conducente di taxi afghano, non aveva nulla a che fare con i talebani. Caduto nelle mani degli americani il 28 novembre del 2002 a Bagram, quando è giunto nella camera degli interrogatori è stato preso a calci e colpito selvaggiamente alle gambe, subendo la spaccatura del perone. Le tecniche di tortura autorizzate comprendevano deprivazione del sonno per 36-72 ore consecutive, nudo e incappucciato. In cella è stato appeso con mani e piedi incatenati al soffitto per tre giorni consecutivi. Il 4 dicembre è stato trovato in cella morto. Habidullah, il detenuto afghano n. 412, è stato spedito a Bagram dagli agenti Cia il 30 novembre 2002, e ha subito analoghe torture. Quando è morto, il 5 dicembre, il capitano Beiring che comandava i militari che conducevano gli interrogatori ha dichiarato che il decesso era avvenuto per «cause naturali». Nessuno dei soldati e dei comandanti (27 responsabili in Afghanistan sino al 2003) è stato incriminato o processato. Tutti loro si appellano alle regole d’ingaggio che definiscono i loro metodi di interrogatorio «standard e procedura normale».
In che consistono le regole d’ingaggio in Afghanistan, ad Abu Ghraib in Iraq e a Guantanamo?
Conosciamo solo le direttive generali approvate nel febbraio 2002 dal memorandum della Casa Bianca. Redatte dall’attuale ministro della giustizia Alberto Gonzalez, approvate da Rumsfeld e sottoscritte da Bush, escludono dai diritti garantiti dalla Convenzione di Ginevra i detenuti catturati sul campo di battaglia come «nemici combattenti». Ma noi vogliamo che il governo Usa renda pubbliche le «regole d’ingaggio» e i documenti relativi alle istruzioni impartite da Rumsfeld sull’ «esclusione» o l’ «applicazione» di determinate tecniche di tortura in Afghanistan, documenti che il Pentagono ha secretato. La «National Lawyers Guild», sezione «Military Task Force» ha già fatto ricorso al tribunale federale perché i documenti siano resi pubblici, facendo riferimento a tre eventi specifici: Falluja, la sparatoria contro l’auto che portava Giuliana Sgrena, nel corso della quale morì Nicola Calipari, la strage di Haditha.