L’iceberg Israele

«Si è trattato di un atto riprovevole commesso da un terrorista ebreo assetato di sangue che ha cercato di attaccare cittadini israeliani innocenti. Questo atto terroristico è stato un tentativo deliberato di rovinare il tessuto delle relazioni fra tutti i cittadini di Israele…». No, questa non è la dichiarazione che si potrebbe attribuire a uno dei «traditori» della sinistra pacifista, o a qualche antisemita sempre pronto a criticare le nostre oculate politiche: fa parte invece della dichiarazione ufficiale del premier Sharon, il quale, subito dopo l’attacco sanguinoso che è costato la vita a quattro palestinesi israeliani a Shfaram, ha dato il via a un’enorme ondata di condanna dell’assassinio commesso da un fondamentalista ebreo vicino a settori del gruppo neonazista di Kahane. L’insolita reazione di Sharon e della classe politica è stata accompagnata da un massiccio cambiamento di linguaggio dei media israeliani. È normale che un terrorista arabo uccida cittadini israeliani, non che degli arabi «trovino» la morte in circostanze poco chiare. Un ebreo che liquida un arabo è l’accusato o il sospettato di un caso che si dovrebbe indagare prima di emettere un giudizio, o è un pazzo.

Ma ieri, a sorpresa dopo un’ora non si parlava più di follia, l’assassino non era un sospettato, bensì un terrorista, termine che di regola viene riservato solo agli arabi. La radio israeliana ha appena fatto sapere che il terrorista non sarà sepolto nella sezione militare del cimitero, su richiesta delle famiglie dei soldati caduti in passato. I coloni che manifestavano nel Sud e affermavano che sarebbero entrati nella Striscia di Gaza per impedire il ritiro, hanno annunciato che sospendono le loro proteste durante il fine settimana e condannano l’assassinio «che non è la nostra strada».

Ed è qui forse la chiave per capire l’intensità delle reazioni negative. Fonti legate ai servizi segreti temono che l’atto di ieri sia solo il preludio di nuovi attacchi che potrebbero commettere elementi dell’ala più radicale della destra fondamentalista. Questo non solo metterebbe in forse i piani di evacuazione dalla Striscia di Gaza, ma è un fattore che potrebbe far saltare le fragili relazioni fra ebrei e arabi in Israele.

La destra che si oppone alla ritirata ha dato alle sue proteste un volto di legittimità che include la moderazione e «l’amore» per il prossimo (a condizione che sia ebreo). L’atto del disertore e terrorista Eden Natan-Zada gli rovina l’immagine felice e le arie di democrazia e diritti umani che si stava dando. Un generale dell’esercito israeliano preannuncia che si indagherà su come sia successo un atto così vergognoso con un militare, sebbene si sapesse che l’assassino aveva disertato circa un mese fa per opporsi alla ritirata, portando l’arma con sé. Il punto è che sono centinaia i soldati che hanno commesso crimini vergognosi contro i palestinesi nella presente Intifada, senza che siano stati processati.

I coloni, l’esercito, la maggior parte della classe politica rifiutano di affrontare le radici reali dell’atto terroristico di ieri.

Eden Natan Zada non è solo. Fa parte del fondamentalismo nazionalista che oggi prevale in ampi settori della destra israeliana e domina l’ala politica dei coloni nei territori occupati. All’inizio degli anni Ottanta era attivo un gruppo terrorista ebreo, i cui membri provenivano dal cuore del movimento colonizzatore nei territori occupati. Nonostante i crimini commessi da questo gruppo terrorista, pochi anni dopo tutti i terroristi furono amnistiati e si trovarono fuori dal carcere.

Il processo di Oslo fu «salutato» dal sanguinoso attacco di Baruch Goldstein che assassinò 29 palestinesi prima di essere fatto fuori. Oggi Goldstein agli occhi di molti rabbini dell’ala fondamentalista è un santo che morì «al servizio di Dio». Ygal Amir avrebbe ricevuto il via libera da alcuni rabbini che videro nella morte di Rabin un obiettivo legittimo delle forze al servizio di Dio.

Dall’inizio della Seconda Intifada molti palestinesi sono stati assassinati dai coloni israeliani, oltre alle centinaia e centinaia di palestinesi innocenti che sono stati uccisi dalle «forze dell’ordine». I coloni godono della «cecità» volontaria delle forze di sicurezza nelle azioni quotidiane contro la popolazione palestinese. Alcuni dei villaggi israeliani nei territori sono covi risaputi dell’ideologia kahanista, un’ideologia razzista e criminale che all’estero – sulla base dei suoi contenuti – potremmo definire neonazi.

Le manifestazioni dei coloni contro la ritirata da Gaza sono realizzate con il patrocinio dei «moderati». Uno dei moderati più popolari è Pinchas Wallerstein. Durante la prima Intifada la sua macchina fu presa a sassate. Wallerstein uscì dalla macchina è corse per qualche centinaio di metri dietro a un giovane palestinese che – secondo la sua versione – gli aveva lanciato delle pietre; gli corse dietro e gli sparò, uccidendolo. Quando arrivò il generale Mitzna, allora a capo del Comando Generale, lo scagionò da ogni colpevolezza, essendosi trattato di legittima difesa!

I «moderati» sono là in mezzo allo sforzo colonizzatore che fu patrocinato dal Likud e dal laburismo. I «moderati» fanno parte del grande progresso delle forze nazionaliste radicali e furono loro il terreno fertile su cui si alimentò e crebbe il fondamentalismo ebreo, un fondamentalismo di taglio nazionalista che non ebbe appoggio dall’ortodossia ebrea tradizionalmente opposta al sionismo, ma che oggi ha una forza politica molto rilevante.

È un fondamentalismo che non solo usa il terrore – il suo obiettivo ultimo è trasformare Israele in uno stato clericale retto dalle forze al servizio di Dio -, ma nega qualsiasi concezione moderna di stato e non è diverso da altre correnti fondamentaliste. L’assassino di Shfaram è cresciuto sotto l’ala di queste forze e, a quanto pare, non sarà l’ultimo