Cara redazione, si dice in modo quasi unanime che con la «lenzuolata» delle liberalizzazioni l’Italia cambia ed il cittadino ha più garanzie. Bene, come cittadino sono contento del provvedimento ma come lavoratore dico a Bersani e agli altri che questo non è sufficiente perché non sempre più garanzie per il cittadino-utente-consumatore significa necessariamente più garanzie per il cittadino-lavoratore. Se è vero infatti che la “lenzuolata” di provvedimenti ha l’obiettivo dichiarato di mettere al centro del mercato il cittadino-consumatore, promuovendone la tutela e favorendone gli interessi attraverso la libera concorrenza delle imprese, le semplificazione di alcuni adempimenti amministrativi per l’avvio immediato di un’impresa in un giorno hanno in sé, senza le opportune misure di controllo e verifica preventive e successive, degli elementi di rischio; bisogna fare dei distinguo perché l’autocertificazione che rimanda i controlli a dopo per alcuni settori produttivi può essere molto pericolosa. Mi riferisco in particolare al settore edile, quello in cui lavoro. Già oggi, per effetto di criteri selettivi assenti e nessun tipo di qualificazione nei confronti del singolo imprenditore artigiano senza dipendenti, gli ultimi dati dimostrano una proliferazione di imprese monolavoratore a cui fa fronte una illegalità sempre più diffusa. Con due semplici passaggi è già infatti possibile ora (prima del decreto legge approvato) aprire un’impresa: Ufficio del registro per la partita iva e Camera di commercio per iscrizione al registro delle imprese; in un settore produttivo che continua a dare un contributo pesante e tragico al fenomeno delle “morti bianche” (nel 2006 258 e nel 2007 già 48), dopo questi due semplici passaggi basta essere armati di cazzuola, di tanta buona volontà e tanta disponibilità a lavorare a qualsiasi condizione per chiamarsi imprenditore. In cambio il sistema Paese cosa chiede oggi a questo audace imprenditore di se stesso? Quali garanzie sociali, quali capacità tecnico-organizzative, quali capacità di impresa e di predisposizione di misure di sicurezza? Quale conoscenza delle leggi e norme da rispettare per lavorare nella legalità e regolarità contrattuale, fiscale, retributiva, contributiva? Quale formazione e consapevolezza delle operazioni e dei dispositivi da mettere in essere per garantire la salute-sicurezza propria e degli altri? Assolutamente nulla… Sono sempre più numerosi i cantieri, anche grandi e per importi considerevoli, dove si trovano decine di imprese individuali – i singoli artigiani appunto – che svolgono per squadre e senza diritti al soldo del “caporale” , quello che una volta veniva svolto da lavoratori dipendenti, con diritti e doveri certi per loro e per l’impresa per cui lavoravano; oggi ognuno quando va bene è responsabile per se stesso ed il lavoro c’è per quelli che “non rompono le scatole”, gli altri a mendicare… Il settore delle costruzioni non ha bisogno della sburocratizzazione delle procedure amministrative, al contrario ha bisogno di paletti, di percorsi di certificazione certi ed immediatamente esigibili alla fonte. Come cittadino-consumatore al di là dell’interesse immediato del “mio portafoglio” resto convinto che al centro di tutto debba esserci come principio fondante ed inalienabile la dignità delle persone e del loro lavoro… Bersani non ha fatto per il mio settore “una cosa di sinistra” perché nei cantieri edili con le misure previste il diritto “alla vita” è messo ancora di più alla berlina degli imprenditori con meno scrupoli e di questo come edili non ne avevamo francamente bisogno.
* Fillea-Cgil, Bologna