A poche ore dalla più grande manifestazione mai svoltasi in Libano, con oltre un milione e mezzo di persone (il 40% della popolazione) arrivate domenica da ogni parte del paese per occupare pacificamente il centro di Beirut e chiedere le dimissioni del governo Siniora e un esecutivo di «Unità nazionale», il braccio di ferro tra il premier filo-Usa Faouad Siniora e l’opposizione «nazionale» si sta avvicinando al punto di rottura, così come la stessa «Repubblica dei Cedri», mentre è in corso una frenetica trattativa, all’undicesima ora, ad opera della Lega Araba.
La mobilitazione contro il governo Siniora da parte dell’opposizione (iniziata con le dimissioni dei cinque ministri sciiti e di uno greco ortodosso) è giunta all’undicesimo giorno e ha completamente paralizzato il centro della città, la piazza dei martiri e quella di Riad el Solh – già teatro delle grandi mobilitazioni all’indomani dell’uccisione di Hariri (febbraio 2005) per chiedere le dimissioni del governo Karame – nelle cui vicinanze, sulla collina di Qantari, si trova il palazzo del governo, il Grande Serraglio, austero palazzo ottomano della metà dell’ottocento, dove ormai vivono assediati i ministri del governo Siniora. L’opposizione, composta dai due partiti sciiti, Hezbollah e Amal, dal «Movimento Patriottico Libero» del generale cristiano-maronita Michel Aoun, da altri movimenti sunniti, drusi e progressisti e, con una sua piattaforma, dal Partito Comunista Libanese, ha posto come condizione per porre termine alla protesta la formazione di un governo nel quale la minoranza abbia un terzo dei seggi. Un diritto di veto necessario per poter bloccare il tentativo di Usa e Francia di imporre al paese una sorta di mandato coloniale finalizzato ad una normalizzazione dei rapporti con Israele senza alcun ritiro dai territori occupati, palestinesi, libanesi e siriani. In caso di rifiuto da parte della maggioranza (la Hariri inc., le destre falangiste e il capo feudale dei drusi, Walid Jumblatt) l’opposizione chiede la convocazione di elezioni anticipate. Su questa base, nonostante l’incoraggiamento dato ieri dalla Siria alla mediazione della Lega Araba e una «buona disposizione» da parte del leader Hezbollah, Hassan Nasrallah, verso quest’ultimo tentativo di negoziato, la partita si concluderà difficilmente con un compromesso. Per questo il sudanese Mustafa Osman Ismail, inviato speciale in Libano della Lega Araba per preparare l’arrivo, oggi, del segretario generale dell’Organizzazione, Amr Mussa, si è detto ieri «preoccupato» anche se «possibilista». In attesa di una svolta, l’assedio al palazzo del governo continua con migliaia di persone che ormai, a turno, bivaccano sulle due piazze del centro degli affari, e trascorrono la notte dentro tende da campo assistite 24 ore su 24 dai militanti degli Hezbollah e dai cristiani di Aoun. A simboleggiare questa nuova, inedita e straordinaria unità, su alcune tende sono state issati dei poster con la mezzaluna e una croce. Su altri invece troviamo i volti dei due leader della protesta, il generale Aoun e il leader Hezbollah, Hassan Nasrallah. La piazza è ricoperta di bandiere libanesi. Vietati i simboli di partito, se non per le bandane gialle dei giovani Hezbollah o quelle arancione dei seguaci di Aoun. Una grande esperienza di unità interconfessionale alla quale – ha differenza della presunta rivoluzione dei cedri del 2005 – questa volta stanno partecipando anche gli sciiti e gli abitanti dei sobborghi di Beirut e dei villaggi distrutti durante la guerra di luglio. In caso di fallimento della mediazione della Lega araba l’opposizione ha annunciato domenica in piazza un ulteriore inasprimento della protesta con una campagna di disobbedienza civile, il blocco dei ministeri e in ultimo di porti e aeroporti. Il generale Michel Aoun, tutto vestito di arancione, ha tenuto domenica un discorso durissimo, teletrasmesso, nel quale ha annunciato la sua intenzione di dar vita, in caso di rottura, ad un governo alternativo a quello «illegittimo» (a causa della mancanza di qualsiasi rappresentante sciita). L’esponente dell’opposizione ha poi aggiunto «La prossima volta che ci raduneremo, la nostra gente sarà libera di muoversi e il Gran Serraglio non sarà più protetto. Abbiamo visto cosa è successo in Serbia e in Ucraina, dove hanno occupato il Parlamento e il governo e hanno fatto cadere l’esecutivo». Gli ha fatto eco il numero due degli Hezbollah Naim Qassem, il quale – intervenendo in piazza – ha tuonato rivolto al vicino palazzo del governo: «Oh voi, ladri del Libano, aprite gli occhi, aprite le orecchie, ascoltate le grida del vostro popolo, che dal primo dicembre è in piazza per chiedere la fine della tutela americana e israeliana sul Libano. Guai a voi, che avete venduto il Libano agli Stati Uniti e lo state portando alla distruzione». Poche ore prima il segretario Hezbollah, Hassan Nasrallah, aveva accusato il premier Siniora di aver boicottato la resistenza durante la guerra con Israele.