Libano: Al via una Missione “di Pace e di interposizione”?

Dall’ultima visita del Ministro degli Esteri D’Alema in Medio Oriente apprendiamo che in 14 giorni, dunque entro la fine di Agosto, i nostri soldati saranno pronti per l’avvio di una ennesima missione, questa volta in terra libanese e con l’accordo almeno iniziale dei due belligeranti. Nella sinistra, anche nelle aree critiche, le voci sono quasi unanimi nel sostenere questa scelta, con evidenti distinguo tra chi giustamente sostiene la necessità di definirne i confini come missione di pace e chi, manco a dirlo, si accontenta e si felicita che sia una missione, militare, all’estero, senza preoccuparsi troppo del tipo di regole ed obiettivi che dovrà perseguire.
Il governo israeliano ha un’idea abbastanza precisa di come debba essere caratterizzata la missione ONU e soprattutto verso quale obiettivo di contenimento debba essere rivolta: le forze hezbollah, intendendo la missione ONU in chiave più “combat” che “peace”. Ma fin qui siamo ai termini teorici per definire una missione militare. Una domanda che nessuno pare porsi in queste ore è questa: Quale obiettivo realistico Israele si è posto attaccando il Libano? Questo obiettivo è stato raggiunto? Molti, anche nel mondo arabo, anche i capi indiscussi di Hezbollah, parlano con un pizzico di guerresca retorica di “sconfitta” israeliana.
In realtà l’opposizione dei regimi arabi e la resistenza incontrata sul territorio libanese, durante un’offensiva molto rapida, sul terreno, non soltanto dall’aria, non poteva non essere nel conto, interamente prevista, così come le dichiarazioni del ministro della difesa israeliano Peretz già nei primi giorni di combattimento, non lasciano dubbi sulla consapevolezza dell’impossibilità di cancellare la presenza Hezbollah dal Libano con l’azione militare israeliana.
Ma facciamo un passo indietro, perché mai Israele proprio ora doveva colpire le capacità offensive di minacciose forze combattenti votate alla sua distruzione, presenti accanto ai propri confini da decenni? La tempistica pare collegata alle minacce americane di aggressione ad Iran e Siria, in particolare il regime iraniano pare il più titolato per un prossimo attacco.
Il clima di isteria collettiva che viene costruito nell’opinione pubblica occidentale parla chiaro, a partire dalle tonnellate di mascara e medicine e altri oggetti innocui che sono interdetti ad accompagnare i viaggiatori negli aerei di mezzo mondo, e vengono gettati in grandi bidoni negli aeroporti, a significare il sacrificio quasi rituale e la partecipazione della signora del sedile accanto a questa guerra: “pure io ho gettato il mio mascara, e ora spezziamo le reni all’Iran!”.
Se così è, se cioè la mossa di attaccare il Libano è di tipo preventivo in vista di una più larga offensiva, di una nuova grande guerra americana contro Iran e Siria, allora l’obiettivo tattico più probabile era proprio quello di portare le forze ONU in Libano, cioè costruire un cuscinetto tra Israele e le forze ostili presenti in Libano, forze irregolari che certamente in caso di attacco ai paesi sostenitori e fratelli non sarebbero rimaste a guardare, ed avrebbero tirato dritto su Israele, qualunque fossero gli intendimenti del governo ufficiale Libanese.
La missione che sta per prendere il via potrebbe dunque rivelarsi ben più complessa e delicata di quanto si possa pensare, se davvero in autunno inizieranno a scaldarsi i motori di qualcosa di simile, o di peggiore, alla tremenda guerra irachena; saranno in tal caso le forze ONU, e non quelle israeliane, a doversi misurare con la presenza di Hezbollah o di chi altri si proporrà attaccare il vicinissimo Stato israeliano e la sua popolazione. Questo per Israele sarebbe un importante risultato politico, oltre che militare, per le forze ONU diverrebbe qualcosa di diverso dall’interposizione tra due belligeranti trasformandosi nella presenza in una fondamentale retrovia non pacificata di un più largo conflitto. In tal senso, oltre alla risoluzione ONU sulla crisi libanese, le forze partecipanti alla missione ONU -tra cui l’Italia- farebbero bene a prestare grande attenzione agli aspetti diplomatici riguardanti il contesto internazionale e a richiedere precise garanzie, dato che ogni forzatura su questo piano sarà destinata a ripercuotersi sullo scenario libanese.
Riguardo alle possibilità di attacco all’Iran, poco importa disquisire sulle motivazioni demagogiche per attaccare il popolo iraniano, sappiamo bene tutti che il problema per gli USA non è il grado di democrazia presente in quel paese, né il fondamentalismo che lo domina in questo momento, che la guerra imperialista persegue tutt’altre finalità assolutamente aliene a qualunque obiettivo di tipo democratico. Se Israele è stato informato in anticipo, sui propositi e la tempistica di un possibile attacco, e su questa informazione ha costruito la propria campagna in Libano, è credibile che il governo italiano non ne abbia mai saputo niente…?
Il problema oggi sarebbe capire se questa possibilità di attacco, questo nuovo cruento capitolo criminale della guerra infinita e permanente, sta o meno per realizzarsi, o se invece, come ipotizzato da molti anche nella sinistra pacifista, siamo di fronte a un ripiegamento della guerra infinita dovuto ai troppi insuccessi, e in tal caso la missione ONU in Libano potrebbe diventare il preludio a un nuovo clima internazionale di cui tutti sentiamo il bisogno…