L’ex 007 Usa: «Roma sapeva del sequestro di Omar»

Gli italiani sapevano del sequestro di Abu Omar? «Certo, perché è stata quella che in gergo chiamiamo un’operazione bilaterale». Mike è un ex della Cia, che ha fatto decine di operazioni congiunte. La più famosa ha portato alla «liquidazione» di Che Guevara. E’ proprio Mike, in servizio a La Paz, a identificare il capo guerrigliero in una foto trovata dai soldati boliviani. E’ nel suo ufficio che verranno conservate per due giorni le mani tagliate del Che, in attesa di confrontare le impronte digitali.
Lo 007 ricostruisce così il rapimento dell’imam egiziano a Milano nel 2003. L’allora capo stazione Cia a Roma, Jeff Castelli, individua il «bersaglio di opportunità», ne discute con il quartier generale di Langley. In particolare con i vertici del Ctc, il centro antiterrorismo, dove – secondo il Washington Post – è una donna, una ex analista di questioni sovietiche con la passione per le azioni muscolose, a dirigere le «consegne speciali», i rapimenti. Intanto si mettono al lavoro gli avvocati dell’Agenzia: non c’è operazione che non venga valutata sotto il profilo legale. Il Dipartimento della Giustizia – precisa Mike – rilascia un documento che di fatto concede l’immunità agli agenti. «A questo punto Castelli contatta i colleghi italiani del Sismi per organizzare la “bilaterale”», aggiunge l’ex 007 che ha lavorato a lungo in Italia.
Durante il colloquio preferisce usare la nostra lingua: siamo in una tavola calda frequentata dagli scaricatori del vicino porto. Mike non usa, «ovviamente», il cellulare. Per questo non capisce come gli 007 della Cia durante il sequestro a Milano abbiano utilizzato i telefonini senza alcuna precauzione, chiamando Langley e persino casa.
«Chi fa questi blitz – osserva Mike – non crede di fare qualcosa di clandestino, perché c’è sempre un rapporto con lo Stato dove si svolge l’azione». Spesso chi è al comando «si preoccupa delle grandi cose e non di quelle piccole». Ossia i dettagli operativi. Ciò che conta è fare carriera. «La Cia è stata smascherata dopo il sequestro di Abu Omar eppure Jeff Castelli – sostiene Mike – sarebbe stato promosso». Chi ci ha rimesso è il responsabile della «base» di Milano, Robert Seldon Lady, oggi ricercato dalla Procura. «Lady è rimasto con il cerino in mano. Non escludo neppure che i suoi superiori non abbiano gradito che si fosse comprato una bella casa in Italia, cosa vietata dal regolamento interno». Quando ti trovi in questa condizione – conosciuta come «isolamento» – la Cia cerca una soluzione. Ti fanno un’offerta, mai vantaggiosa, o ti riassumono con contratti esterni. Ma può anche finire con pochi spiccioli e senza una stretta di mano.
«I servizi segreti li considerano i figli della colpa, perché ricordano un’operazione andata male», è l’immagine efficace usata da Maurizio Montalto. Italiano, per 20 anni alto dirigente del Sisde, ha sgobbato dall’Europa al Medio Oriente, contrastando terroristi e inseguendo spie. Adesso fa la stessa cosa in proprio con base a Miami dove lo abbiamo incontrato a metà novembre. Montalto lavora per la Dax, società che si occupa di sicurezza. Dax non è altri che Duane Clarridge, il fondatore del Ctc, capo stazione Cia in Italia dal 1979 all’81, inseguito come un’ombra dal caso Ustica. Un capitolo seguito dalla vicenda Irangate e dalla guerra segreta ai sandinisti in Nicaragua. Clarridge è appena rientrato dal Paese centroamericano dove si è incontrato con i suoi vecchi amici contras. Lui che mangiava i comunisti è andato a Managua nel ristorante dell’ex brigatista Casimirri. L’ex 007 ha inventato il sistema dei rapimenti dei terroristi all’estero, ma – precisa – «li portavamo davanti a un giudice in tribunale» e non a Guantanamo. Da buon patriota Clarridge resta sul campo di battaglia. Prossima missione: Iraq.