Lettera di Adriano Ascoli in solidarietà ai “senatori ribelli”

Di seguito pubblichiamo una lettera inviata a Liberazione sul tema dell’Afghanistan. L’autore è Adriano Ascoli, tecnico informatico di Pisa arrestato un anno fa per reati associativi. L’accusa, fondata sulle dichiarazioni rese da una «collaboratrice» nel quadro delle indagini sulle cosiddette «nuove Br», è di fiancheggiamento. Gli inquirenti, da questo e senza che siano contestati specifici reati o elementi concreti di fattiva partecipazione, ne ricavano una figura di associato senza che questa venga confermata neppure dalla collaboratrice che lo chiama in causa, che anzi smentisce. Il reato associativo si configura in Italia, dal 1930 in avanti, cioè dal fascista codice Rocco e i suoi continui peggioramenti – art.270-270bis- come cosidetto “reato di pericolo”, per cui vale la “volontà” o “disponibilità” verso gli obiettivi storici del sodalizio a configurare il ruolo di partecipe. Basta insomma l’intenzione malintesa o supposta….E’ una carcerazione preventiva, che ha fruttato, ad oggi, quasi nove mesi di semi-isolamento in un reparto super speciale. Da poco Adriano ha ottenuto gli arresti domiciliari, constatata la non pericolosità e comminata una sentenza di primo grado -a quattro anni, senza attenuanti- che non manca di far discutere.

Ho letto l’articolo del Direttore Sansonetti su Liberazione di Giovedì
e le molte lettere che indicano l’imbarazzo, e l’indignazione anche di
molti compagni, per la partecipazione del nuovo governo Prodi e della
nuova maggioranza al rifinanziamento delle missioni militari italiane
all’estero. In effetti la guerra afgana e le ceneri dimenticate, ma non
sopite, di quelle balcaniche, non sono meno guerre o meno occupazioni di quanto non sia per l’Iraq. Le considerazioni di realpolitik in favore della scelta della maggioranza e della necessarietà della sua tenuta
sono comprensibili, meno lo è la giustificazione di un compromesso che
pare troppo vuoto di elementi concreti e, fin qui, di merito. Sansonetti
parla di un compromesso “piuttosto alto” con i partiti dell’Ulivo che
“certamente non sono guerrafondai” e di una decisa “discontinuità” con
gli indirizzi del governo Berlusconi. Nei fatti però, la prima fragrante
violazione dell’ art.11 della nostra Costituzione avvenne proprio sotto
la presidenza del consiglio D’Alema, non fu quella la prima schifosa
aggressione militare? La guerra contro un paese sovrano a cui si prestò
in maniera determinante l’Italia, per le sue conseguenze dovrebbe essere un monito, una lezione per tutti. Migliaia e migliaia di vite spezzate, ambiente ed ecosistema compromessi, e centinaia di migliaia di sfollati in fuga ad ingrossare le fila dei disperati in casa nostra. Tutto ciò non avrà mai rilevanza penale e nessun colpevole: i crimini contro la pace vengono ignorati, potrebbe avere almeno qualche conseguenza politica. Quella guerra non è finita, e sotto gli occhi distratti delle forze presenti in Kossovo continua tranquillamente la strage silenziosa di rom, serbi, di persone, la fioritura dei più loschi traffici e la distruzione sistematica di una storia millenaria. A cosa servono dunque quelle missioni? Quale politica proseguono con altri guerreschi mezzi? Di questo tabù si può ricominciare a parlare? Se non un cedimento, le forze moderate dell’Unione dovrebbero su questo un qualche cenno autocritico, è forse questa la discontinuità di cui c’è bisogno…

Adriano Ascoli Calci (PI)