Lettera aperta al Presidente della Repubblica italiana, Carlo Azelio Ciampi

Che Lei abbia conferito alla giornalista Oriana Fallaci una medaglia d’oro in quanto «benemerita della cultura» è un fatto che ci indigna. Come cittadine e cittadini impegnati in senso antirazzista e in svariati campi della ricerca, dell’insegnamento, della produzione culturale, riteniamo che il conferimento del premio ad Oriana Fallaci da parte della massima autorità dello Stato contraddica all’idea stessa di cultura e contribuisca a legittimare xenofobia e razzismo. Come Lei ben sa, l’opera più nota della giornalista in questione è La rabbia e l’orgoglio. Questa congerie di semplificazioni storiche, di scomposte invettive contro i «nemici dell’Occidente», di volgari insulti razzisti, di espressioni machiste e guerresche non solo non rende onore alla cultura ma concorre ad alimentare intolleranza e fanatismo. Di ben altro ci sarebbe bisogno in un tempo, com’è il nostro, di aspri conflitti che alcuni vorrebbero trasformare in «scontri di civiltà»: ci sarebbe bisogno di parole che ricordino almeno che la Costituzione italiana, di cui Lei è supremo garante, ripudia il razzismo e la guerra.

(per aderire: [email protected]; [email protected])
Annamaria Rivera, Univ. di Bari; Alessandro Portelli, Univ. di Roma «La Sapienza»; Alberto Burgio, Univ. di Bologna; Melo Franchina, architetto; Giuseppe Prestipino, filosofo; Carla Pasquinelli, Pietro Angelini, Claudio Marta, Iain Chambers, Alessandro Triulzi, Amalia Signorelli, Università di Napoli «L’Orientale»; Clara Gallini, professore emerito; Ivan Della Mea, Pres. Ist. «Ernesto de Martino»; Walter Peruzzi, dir. della rivista Guerre&Pace; Alex Arrigoni, Univ. di Siena; Giuseppe Faso, Centro intercult.le Empolese-Valdelsa; Paola Di Cori, Univ. di Urbino; Silverio Tomeo, operatore culturale; Andrea Billau, Amara Lakhous, Stefano Galieni, giornalisti; Annalisa Frisina, Univ. di Padova; Franco Piersanti, musicista; Paola Splendore, Anna Bozzo, Univ. di Roma Tre; Pietro Barbetta, Univ. di Bergamo; Nella Ginatempo, Univ. di Messina; Francesco Cardarelli, giurista; Tamar Pitch, Univ. di Camerino; Katherine Russo, Unsw, Sydney; Paola Falteri, Paolo Bartoli, Gianfranco Baronti, Univ. di Perugia; Enrica Morlicchio, Ass. «Senzaconfine»; Ermanno Vitale, Univ. di Sassari; Tecla Mazzarese; Giovanni Russo Spena, deputato; Stefano Anastasia, dir. del Centro Studi per la riforma dello Stato; Silvia Larizza, Università di Pavia; Filippo Miraglia, Arci-immigraz.; Cristina Amato, Univ. di Brescia; Elena Bertonelli, Miur; Gianfranco Laccone, agronomo; Valerio Pocar, Univ. di Milano-Bicocca; Paolo Bene, Pres. naz. Arci)

Mi abbono per i dimenticati

Condividendo la bella lettera di Alessandro di Meo, di sabto, che dice: «Come fai a non abbonarti a questo giornale che ti fa trovare reportage dai dimenticati della Serbia….?», ieri mi sono riabbonata ancora più convinta che bellissime e toccanti pagine come quelle scritte da Tommaso Di Francesco debbano continuare ad esserci affinché continui a esistere l’attenzione sul dolore e le ingiustizie causate da una guerra «umanitaria» e dalle sue bombe «intelligenti».
Silvana Macchi Gallarate (Varese)

La politica negli stadi

Mi abbono: così potrò leggere il mio giornale quando vado in curva sud e aspetto di vedere la partita della Roma. L’unico modo intelligente che conosca per portare la politica negli stadi.
Alessandro Guardabassi

Istituzioni per azioni

Un grazie a Luciana Castellina per l’articolo sul manifesto di mercoledì, «Le amare verità rivelate dal caso Schröder-gas-Putin». Grazie per le riflessioni che contiene e che ci riguardano moldo direttamente. Cito questo passaggio: «L’intreccio fra poteri politici e poteri economici forti è oramai diventato così stretto, e così più potenti appaiono questi ultimi rispetto ai pallidi rappresentanti delle istituzioni, da rendere la politica davvero poca cosa». Non ovunque è fortunatamente così. Come insegna la Val Susa. Ma quello che scrive la Castellina è molto vero anche da noi. Con l’Agcs, Accordo generale sul commercio dei servizi tra Ue e Wto, stanno svendendo tutti, ripeto tutti, i nostri beni comuni. Se si legge la pubblicità sul manifesto sul Convegno della regione Lazio dal titolo: «Economia partecipata» e se se ne scorre i partecipanti, in buona misura di aderenti anche alla Rete del nuovo municipio, come Allegretti, Nieri e altri, come non vedere l’accendersi di più luci? Luci rosse. Due mesi fa, a Bari, lo stesso Nieri, chiedeva l’estensione del Bilancio partecipativo anche alle regioni. Oggi leggo di questo convegno con un titolo che apre, in tutta evidenza, alle numerosissime Spa, sia pure totalmente pubbliche ma sempre società di capitali, che stanno via via facendo chiudere, sì, chiudere, i comuni. Con comuni che stanno facendo a gara per creare la propria multi utility. E amministratori e tecnici pubblici che scimmiottano linguaggi da manager e da grandi imprenditori. E cittadini sempre più esclusi. Sempre più espropriati dei propri beni comuni. Sempre più poveri. Un saluto.
Luigi Meconi, Altidona

Macchie di colore

Altre volte ho sopportato, ma questa volta non è possibile. Che il massimo esperto di «metalmeccanologia» (così Benni lo ha definito ), Loris Campetti, avesse una visione tutta Fiomcentrica non è una novità. E non è il solo quando si legge di metalmeccanici e delle loro vicende sul manifesto. Ho 33 anni. Da 10 lavoro e milito per la Fim. E dalla mia organizzazione ho assorbito il patrimonio e la peculiarità che ne fa la punta avanzata del sindacalismo italiano: un’organizzazione ancorata ai principi di libertà, pace, uguaglianza, democrazia, solidarietà, che opera nel rispetto delle idee, affrontando le complessità senza mai ricercare il sentiero in discesa della demagogia organizzata. In una battuta, la Fim è il sindacato dell’Utopia quanto la Fiom lo è dell’Ideologia. Così liberi da non aver bisogno di un blocco di miliziani, bandiere al vento, alla fine di un corteo per dimostrare che c’eravamo ed eravamo in tanti. Ma il nostro esperto aveva i tacchi bassi il 2 dicembre. Ovunque guardasse vedeva solo «rosso Fiom con qualche macchia blu-Uilm e biancoverde Fim». E’ strano ritrovare qualche colonna in là (a pagina 2 del manifesto del 3 dicembre) nell’articolo di Valentino Parlato una descrizione stranamente diversa … «Le bandiere rosse e quelle verdi spesso si confondono e fanno pensare che in questa occasione ci sia una vera unità sindacale, o almeno, una forte convergenza». E allora mi sa che il metalmeccanologo soffre di daltonismo fiomcentrico acuto. Lui vede solo il rosso della Fiom. Ed è un peccato caro Campetti. Un peccato che tu non sappia vedere e tu possa raccontare, se il raccontare è quanto mi è capitato di leggere nel tuo articolo. Per noi della Fim non è un problema sapere che su linee di politica sindacale non siamo d’accordo. Il nostro può legittimamente indirizzare la sua analisi dove e meglio crede, con al centro ovviamente quello che la Fiom dice e fa vedere. Ma trasformare una gran bella manifestazione unitaria dei metalmeccanici, che da troppo tempo non si vedeva, a una parata monocolore, no, questo non si può fare. E tu Campetti non ti puoi permettere, rispetto ai tanti che all’alba del sabato non erano ancora rientrati a casa da un viaggio iniziato il giovedì sera, di relegare la Fim e la sua gente in maniera sprezzante a una «macchia» bianco verde che si confonde nel rosso della Fiom. E a proposito di democrazia glielo spiegasse il Campetti ai portatori di democrazia di piazza S. Giovanni, a quelli che non si decide senza il tuo voto, che ai congressi della Cgil è tutto deciso tranne le decisioni (parafrasando un articolo intervista a Cremaschi pubblicata sul manifesto di qualche settimana fa), ovvero che il patto dei 12 segretari confederali va nella direzione contraria a chi della democrazia diretta ha fatto un paradigma ineludibile. Nella fabbriche ma non nei congressi? Leggo il manifesto. Da tempo. E con piacere. Non tutti i giorni, ma con frequenza. Ritenevo giusto, considerate le difficoltà economiche sempre presenti, dare un segno a un giornale che, pur schierato, con autonomia e impegno da 35 anni garantisce informazione indipendente e libera. Un giornale che con difficoltà e sacrifici regala dei gran pezzi di giornalismo libero dai vincoli che le risorse provenienti dalla pubblicità direttamente o indirettamente sanno determinare. Che ci restituisce pubblicazioni e edizioni musicali svincolate dal mero interesse commerciale e per questo di alto contenuto qualitativo e a costi competitivi. Volevo, come segretario organizzativo della Fim-Cisl di Como proporre al nostro direttivo di sostenere per questi motivi l’abbonamento al manifesto. Dopo l’articolo di Campetti ci ho ripensato.
Alberto Zappa, Fim Cisl Como

Le espressioni immaginifiche, se male usate o male intese, rischiano di rovesciare il senso di un racconto. Non riesco a pensare all’«Utopia» senza macchie di colore: il monocolore ammazza ogni utopia. Caro Alberto, ho rispetto e ammirazione per la Fim, la sua storia e i suoi militanti. In passato spesso mi è capitato di trovarmi più d’accordo con la Fim che non con la Fiom. Oggi più raramente, ma non è questo il punto. Forse sono cieco, non certo «accecato» dal settarismo. Ho raccontato con il mio linguaggio una manifestazione segnata, e non è solo la mia impressione, dalla massiccia, predominante presenza della Fiom. Se fossi stato «accecato» non avrei aperto l’editoriale pubblicato nella stessa giornata di sabato con una citazione (condivisa) del segretario della Fim Giorgio Caprioli sul premio Nobel al metalmeccanico. Se fossi stato «accecato» non avrei tirato fuori io, per primo sulla stampa italiana, l’accordo tra i 12 segretari nazionali della Cgil che predetermina la composizione del nuovo gruppo dirigente che dovrebbe invece uscire dal Congresso. Caro Alberto, non voglio polemizzare, mi interessa invece riaprire – meglio, tenere aperto – un confronto anche polemico ma trasparente, senza fraintendimenti. E mi piace pensare che tornerai sulla tua decisione di non abbonare la Fim di Como al manifesto. Sicuramente sarebbe una perdita per il manifesto, forse anche per te e la tua organizzazione.

lo.c.