Lettera aperta a Fausto Bertinotti e Franco Giordano

Caro Fausto,
nel numero 8 – luglio-agosto 2000 de “La Rivista del manifesto” scrivevi a pag. 7: “Insisto, per chi ritenga fondata e pressante l’esigenza di dare soggettività politica unitaria alle forze della sinistra alternativa, qual è l’ostacolo a fare, e a fare subito? Debbo essere sincero, fino alla brutalità, perché la cosa che più temo è un’eclissi del problema stesso per sfinimento. C’è una resistenza che nasce dall’idea che invece di un’associazione di forze diverse unite in un progetto politico, bisognerebbe sciogliere il Prc, per costruire un nuovo e diverso partito politico? Se c’è, se ne discuta apertamente, dicendo non solo cosa non va in Rifondazione, ma quale dovrebbe essere la base sociale, il profilo ideologico culturale e il programma del partito a cui si pensa. Naturalmente, difenderei allora le ragioni del Prc, del suo lavoro politico e del suo progetto (sebbene sappia bene quanto imperfetto e in formazione), ma, soprattutto, cercherei di spiegare l’insensatezza politica della sua messa in discussione ai fini proprio della sinistra alternativa che si vuole costruire”.
Ti chiedo ora: che cosa è cambiato in Italia dal luglio-agosto 2000 ad oggi per non considerare più una “insensatezza politica” la “messa in discussione” dell’esistenza del Prc a favore di un nuovo “soggetto unitario e plurale” che vada al voto con un simbolo comune, con una lista comune e con un programma comune, quale premessa per giungere poi, come qualcuno sostiene, ad un nuovo partito unico?
Forse la nascita del Pd? Al contrario, questa nascita fa dire che è molto più chiara l’”insensatezza politica” della “messa in discussione” dell’esistenza del Prc. Non si può ridurre, infatti, un partito comunista (quantunque ancora in fase di rifondazione dopo l’“autosuperamento” del Pci) ad una semplice area culturale, coesistente con altre aree culturali in un nuovo partito, non più comunista, ma genericamente di sinistra ed ecologista (“La Sinistra – L’Arcobaleno”). Venendo meno del tutto con la costituzione del Pd l’ancoraggio alle lotte fatte in oltre un secolo e mezzo dalla classe operaia e dalle classi subalterne occorre una grande sottolineatura dell’esigenza di una forza politica che le rappresenti e che le guidi verso il futuro (una nuova società, in cui non esisterà più lo sfruttamento dell’uomo sull’uomo e non esisterà più, quindi, alcun pericolo di guerra). Cioè, occorre nuovamente un grande partito comunista di massa, che sappia realizzare una seria, convinta e grande politica delle alleanze sia sul piano sociale (classe operaia, contadini, ceti intermedi così come si sono evoluti nel corso della storia), sia sul piano politico (Verdi, Sd, Pdci, i movimenti innanzi tutto, ma anche il Pd stesso e altri).
A maggior ragione ora – in piena crisi di governo (fortunatamente, non provocata da noi) – in cui siamo entrati senza condizioni per tuo volere, occorre una piena autonomia e una piena visibilità del nostro partito. Se il Prc, pur continuando ad esistere, non fosse presente nelle schede elettorali e si nascondesse sotto un simbolo inventato (“La Sinistra – L’Arcobaleno”), ciò suonerebbe come una rinuncia al nostro programma di fondo di fuoriuscita dal capitalismo e sarebbe certamente l’inizio della propria fine.
Il Prc deve dotarsi, secondo me, di un programma di governo dell’Italia da proporre a tutti i cittadini italiani e su quello cercare tutte le possibili alleanze a cominciare dai quattro partiti della sinistra alternativa.
Trovo un punto di debolezza estrema e disperata – e non un rafforzamento – la cupidigia di unificare, anche solo sulle schede elettorali, i quattro partiti della sinistra: l’unione di quattro debolezze non è detto che facciano una forza: anzi, la storia ha sempre detto il contrario a cominciare dal Fdp del 1948, ai “Progressisti” e a quasi tutti gli esperimenti fatti).
Mi sembrerebbe – invece di voler unificare con grande fretta quattro debolezze – dopo la manifestazione del 20 ottobre a Roma, che sarebbe cercare di rimettere insieme – magari dentro il Prc – tutti i comunisti, dovunque si trovino.
Perciò, sono rimasto di stucco quando ho letto la relazione del compagno Franco Giordano alla Direzione Nazionale allargata, che diceva: “La mera riaggregazione dei comunisti è sideralmente diversa dagli obiettivi di innovazione che si propone la Sinistra Europea e dal progetto alternativo di società che elaboriamo quotidianamente con i movimenti”.
E perché mai la riunificazione di tutti i comunisti (“i cocci del passato”?) dovrebbe essere “sideralmente” diversa dal nostro “progetto alternativo di società”? Sarebbero comunisti coloro che avrebbero, secondo Franco Giordano, un “progetto alternativo di società” “sideralmente” diverso?
Invece, mi ha lasciato veramente allibito questa sua affermazione: “La nostra opzione strategica resta quella del processo unitario: perciò contesto chi pensa ad una soglia di sbarramento molto bassa solo per mantenere aperta la possibilità di correre da soli e non con gli altri partiti della sinistra”.
Come?! Anche noi siamo favorevoli ad un uso strumentale della legge elettorale con fini coercitivi per fare avanzare una scelta politica? Cioè, tenere alta la soglia di sbarramento (che nemmeno dovrebbe esserci al pari del premio di maggioranza) per obbligare gli altri tre partiti (di cui uno, Sd, è già convinto di suo) a fare un simbolo comune, una lista comune (invece di quattro liste, che ci darebbero certamente qualche eletto in più) e, forse, un programma comune?
Perché impedire a questi piccoli partiti di essere presenti in Parlamento se non si aggregano? Se, poi, come vuole Veltroni, gli eletti non possono costituirsi in gruppo col nome del proprio partito, ma devono costituirsi in un gruppo unico col nome della loro coalizione elettorale (La Sinistra – L’Arcobaleno”), ecco che tutti quei partiti scompaiono dalla scena politica ed è come se fosse stato fatto un partito unico non più comunista.
Mi permetto di suggerirti – e di suggerirlo al compagno Franco Giordano – una mia proposta di legge elettorale.
Si tratta, secondo me, di adottare un sistema proporzionale, con una o due preferenze al massimo, e con gli “apparentamenti”. Per esempio: il Prc dichiara di apparentarsi con il Pdci, con la Sd e con i Verdi, i quali si presenteranno ciascuno con il proprio simbolo e con un programma comune in quanto avranno fatto analoga dichiarazione. Questo gruppo di Partiti apparentati può dichiarare, inoltre, che, se non avesse i voti sufficienti per disporre di una maggioranza di governo, cercherà di formare un’alleanza di centro-sinistra (che avrà cercato anche prima del voto), ma che non sosterrà mai un governo di centro-destra.
Gli altri Partiti possono (non debbono) fare altrettanto, tanto del centro-destra, quanto del centro-sinistra.
Le percentuali dei voti ottenuti da ciascun Partito apparentato dovranno essere sommate fra di loro e la loro somma costituisce la percentuale valida per l’intero gruppo dei Partiti “apparentati”.
Con questo sistema proporzionale, con i possibili “apparentamenti”, con la possibilità di apporre una o due preferenze, con anche uno sbarramento (quantunque ciò sia una misura altamente antidemocratica e liberticida in quanto si uccide una idea sul nascere) non troppo alto, al 3% (per ridurre il danno antidemocratico e liberticida), si ottengono vari risultati positivi.
1. Nel Parlamento – alla Camera e al Senato – saranno rappresentati tutti i programmi e tutte le opinioni politiche in proporzione a quanto realmente esistente in Italia.
2. Con le preferenze (una o due perché con un numero maggiore diventa possibile individuare l’elettrice o l’elettore) c’è la possibilità di scegliere il candidato preferito.
3. Con gli “apparentamenti” si viene incontro all’esigenza di dire prima del voto con chi si intende governare.
4. Con gli “apparentamenti” si evita la necessità per i Partiti minori di andarsi a nascondere dietro un simbolo inventato per l’occasione sotto una unica lista (che comporta una forte possibilità di litigiosità per cercare di avere il maggior numero di candidati del proprio Partito in questa unica lista) evitando anche, per essi, il pericolo di non superare la soglia di sbarramento, in quanto vale la percentuale ottenuta dal gruppo di Partiti “apparentati” e non da ogni singolo partito.
5. Con gli “apparentamenti” si evita, inoltre, la necessità per un piccolo Partito che non superasse la soglia di sbarramento di ridursi ad una forza extra-parlamentare, che dovrebbe ricorrere a mezzi extra-parlamentari per tentare di contare qualche cosa nella società.
6. Naturalmente, un tale sistema proporzionale quasi puro (purtroppo, c’è una soglia di sbarramento), con le preferenze e con la possibilità degli “apparentamenti”, che consentono di presentare programmi comuni di governo, si avranno anche altri vantaggi, che sono senza dubbio almeno un avvio di normalizzazione sul piano politico perché consente a tutti di unirsi ai Partiti più vicini e di gareggiare con altri gruppi per guadagnare una propria crescita nel Paese.
E’ chiaro che se il gruppo di apparentati della CdL ottenesse almeno il 50% più uno dei voti dovrebbe certamente formare il governo. Ma se ottenesse il 45%, mentre il gruppo opposto ottenesse il 43% e un terzo gruppo ottenesse il 12% non è detto che il governo dovrebbe farlo la CdL perché se il 12% si alleasse con il 43% (12 + 43 = 55) il governo dovrebbero farlo insieme questi due gruppi.
Se, poi, qualche Partito vorrà correre da solo potrà farlo…
Caro Fausto, è sacrosanto che Prodi sia caduto in Parlamento e non nei corridoi così come è sacrosanto che il Presidente della Repubblica consulti i partiti per verificare se vi sia la possibilità di avere un nuovo governo con una sua maggioranza. Ma non sono d’accordo per un governo a tempo, di scopo per fare le riforme o anche solo una legge elettorale, di larghe intese, istituzionale, di responsabilità nazionale e via dicendo. O c’è un governo di legislatura (cioè, senza limiti di tempo e senza limiti programmatici) o si deve andare al voto. E’ facile che vinca Berlusconi, ma le furbizie non ci salveranno da lui.
E’ molto meglio essere chiari e andare a viso aperto al voto…
Se tu sapessi quanto mi addolora e quanto mi dispiace di vedere che non ne hai azzeccata una (salvo poche quisquilie) da diversi anni (almeno dal 2001 a Livorno per l’80° del Pci). Ma ti voglio bene lo stesso perché all’inizio mi allargavi il cuore e mi davi tanta fiducia nel successo della nostra impossibile (quasi) impresa. Fiducia, che tuttora conservo e che mi dà la certezza che, se anche tu e Giordano e troppi altri, riuscissero a far scomparire il mio partito, esso risorgerà in quanto si tratta di una necessità storica per i lavoratori, i pensionati, le donne, i giovani, gli stessi intellettuali e gli uomini di cultura: in una parola, l’umanità.

Carissimi saluti.
Gilberto Volta