In queste ore drammatiche, di fronte al silenzio della politica e delle istituzioni, pubblichiamo l’intervento che il segretario del Prc, Fausto Bertinotti, avrebbe pronunciato in aula, se il Parlamento fosse stato convocato per discutere della guerra e della pace. Signori presidenti, signore e signori deputati, il Parlamento italiano è oggi convocato per restituire dignità alle istituzioni che, se rimanessero in silenzio, manifesterebbero in pieno la crisi e la messa in mora della democrazia. Se un Parlamento non parla della scelta drammatica fra la pace e la guerra è condannato a tacere per sempre. Quest’aula deve interpretare oggi la storia del paese, di quell’Italia che è uscita dalla Resistenza approvando una Costituzione che “ripudia la guerra”. Ma deve interpretare anche la storia migliore dell’Europa, di un continente che può unirsi in nome della pace recuperando il meglio delle sue antiche e moderne culture, dal cristianesimo, all’illuminismo, ai marxismi. Un’Europa in cui persino ogni grande guerra è stata vissuta come “ultima” e in cui l’aspirazione alla pace è stata la sostanza della sua civiltà cancellata invece proprio dalla guerra. Ma noi, donne e uomini che rappresentiamo questo paese abbiamo il compito di interpretare anche le aspettative e le speranze di tutta una umanità che oggi ha di fronte a sé un futuro terribile, tanto terribile da non escludere l’atrocità delle armi atomiche. Come il ministro della Difesa americana ci ha detto qualche giorno fa. La guerra che oggi si prospetta non è una guerra fra gli Stati e gli eserciti, ma una guerra contro i popoli. Il Parlamento deve dire di no a questa guerra, una guerra in cui chiunque può morire, in ogni luogo, in qualsiasi momento. L’Italia deve mettere in discussione l’articolo 5 del Patto atlantico secondo cui gli atti di guerra contro uno dei paesi alleati sono considerati un attacco a tutti i paesi facenti parte della Nato. Deve farlo tanto più dopo che è diventato possibile l’uso delle armi atomiche. L’alternativa è ormai netta: è fra la guerra e la pace. La posizione intermedia, quella di chi dice no alla guerra, sì all’intervento militare dimostra ogni giorno di più la sua impotenza. I sostenitori di questa tesi si consegnano di fatto nelle mani di chi prenderà la decisione, di chi sceglierà che cosa fare. Appunto: chi prenderà la decisione? Chi potrà alla fine pronunciarsi per i bombardamenti o per la bomba atomica? Oggi è sconosciuto. I parlamenti sono ridotti al silenzio con la motivazione che per decidere ci vogliono informazioni precise. Ma queste informazioni non le ha nessuno. Neppure il Congresso americano è al corrente di quello che sta davvero succedendo. Alla fine le scelte saranno fatte dai tecnici della guerra. E la democrazia verrà Ð è già – colpita al cuore. Perché tutti – stati, parlamenti, popoli – saranno costretti a fare a subire una guerra che non hanno deciso. Invece va fermata subito, senza esitazioni. Subito si deve assegnare all’Onu e al Consiglio di sicurezza il compito di lottare contro il terrorismo. Sono loro i soli organismi mondiali che hanno il compito di farlo, che possono farlo col consenso di tutti i paesi del mondo. Non c’è nessuna causa che possa giustificare le azioni terroristiche. Il terrorismo – questo dovrebbe essere chiaro – è amico della guerra e nemico dei poveri. Per questo tutti i popoli dovrebbero essere chiamati a combattere insieme contro il terrorismo e contro la guerra. Due torti – ce lo ricordano gli studenti di Berkeley che in questi giorni manifestano per la pace e occupano le loro università – non fanno una ragione. Viviamo giorni drammatici. Il terrorismo ha già mietuto migliaia di vittime. Il solo rischio che la guerra sia la risposta ad esso sta restringendo in tutto il mondo e anche nel nostro paese gli spazi di democrazia, di libertà e di critica. Sta cancellando la questione e il conflitto sociale. Chi si ricorda oggi della lotta dei metalmeccanici per il contratto di lavoro? Dove è finita la grande questione salariale, la cui urgenza fino a qualche settimana fa veniva proposta? Prima di quel terribile 11 settembre in cui il terrorismo ha colpito così tragicamente l’umanità tutta c’era già la recessione economica, oggi gli esperti si interrogano su una crisi che potrebbe diventare depressione. La globalizzazione, e le sue magnifiche sorti e progressive, secondo autorevoli economisti e autorevoli giornali è oramai roba d’altri tempi. Oggi anche sul Wall Street Journal si parla di fallimento del primato del mercato. Oggi si chiede quell’intervento pubblico fino a qualche settima fa disprezzato. Ma la politica tace. Spiazzata dal terrorismo e dalla guerra. Sconfiggere il terrorismo, impedire la guerra, riportare nella politica le grandi questioni sociali: questo è oggi il compito di questo Parlamento. Perciò oggi è un giorno importante per la Repubblica.
Fausto Bertinotti