Caro Direttore,
ho letto sia l’articolo di Grassi, sia la risposta di Caprili, pubblicati sul nostro giornale, in merito ai nostri rapporti con l’”Unione”.
Voglio rilevare alcune questioni. Mentre il compagno Grassi, in base ad una analisi della situazione politica, ha posto con coerenza e con intenti unitari, all’attenzione del partito, alcuni modi di agire capaci di dare più forza per la realizzazione dei nostri obiettivi, non chiara e contradditoria mi appare la risposta del compagno Caprili.
Nel metodo: mi sembrano incomprensibili alcune sue affermazioni su fatti e circostanze che Grassi nel suo articolo non risulta aver mai accennato. E questo non è un buon metodo.
Nel merito: mi pare strano che un compagno dell’esperienza di Caprili, anteponga una questione di procedura organizzativa (una indefinita forma di “partecipazione”) all’esigenza di scelte programmatiche.
Penso al contrario, che un’ampia mobilitazione e partecipazione si possa costruire solo su forti punti di programma.
Le varie tesi si possono condividere o meno, ma i fatti restano li ad inchiodarci. Infatti, anche restando sul terreno a cui si riferisce Caprili, rilevo una forte contraddizione.
Si fa un gran parlare del metodo della “partecipazione” che avrebbe l’obiettivo di “condizionare” la parte moderata della sinistra (che però si dimostra sempre più moderata).
Individua un “allargamento della platea dei soggetti che concorrono a definire il programma”. Ma la realtà è un’altra.
Avendo occasione di incontrarmi con compagni di diverse regioni, devo constatare che nell’attività del Circoli, i rapporti con i movimenti non sono esaltanti e spesso hanno anch’essi un carattere verticista. Certo, se si deludono grandi aspettative non si favorisce la crescita dei movimenti, in particolare sulla guerra.
La stessa “fabbrica del programma” di Prodi, mi risulta essere il contrario della partecipazione, dove l’elaborazione programmatica è svolta da una elite in rappresentanza dei partiti.
Difesa delle retribuzioni, occupazione, precarietà del lavoro, pensioni, sanità, privatizzazioni e pace (senza se e senza ma) non possono essere solo agitati ogni tanto.
I lavoratori e le masse popolari più indifese, non sembrano essere molto interessate alla Gad, alla Fed, alle “primarie”. E, se anche lo fossero, sarebbero certamente disorientate. Non si può affermare di essere contrari alle “primarie” e poi continuamente esigerle.
Per allargare il consenso (anche elettorale) intorno ai nostri obiettivi – che complessivamente sono condivisi da tutto il partito – occorre che essi diventino parte integrante di una piattaforma programmatica.
Del resto questa scelta andrebbe in direzione di una vera pratica di democrazia. Infatti, se da una parte dobbiamo sempre ricercare il massimo della partecipazione per concorrere alle nostre elaborazioni e sostenerle poi con la mobilitazione, dall’altra è pur vero (se non vogliamo imbrogliarci) che le trattative con altre forze politiche per formare eventuali maggioranze o governi, sono sempre condotte da gruppi ristretti.
Di conseguenza procedere alla stesura di “precisi” punti programmatici, è la condizione per garantire una effettiva verifica democratica e partecipata sull’esito delle trattative e imprimere un forte impulso alle lotte.
Per rafforzare il Partito e rispondere ai bisogni delle masse che rappresentiamo, servono metodi di discussione dai toni più pacati, partendo dall’analisi dei fatti, far riprendere le iniziative e le lotte.
Giancarlo Bellorio
1 Giugno 2005