La condanna di Alberto Fujimori acquista rilevanza, trattandosi di un fatto eccezionale, perché raramente un ex presidente viene messo sotto accusa per crimini commessi in nome dello Stato.
Si sostiene, con una buona dose di cinismo, che il sistema possiede importanti “condutture” e il terrorismo di Stato si giustifica sempre in nome dei grandi interessi della collettività o almeno come mali minori o necessari per cui chi governa si vede spinto, anche contro la propria volontà, a violare la legge.
In questo modo si coinvolge il sistema giudiziario e si apre così la caccia ai comportamenti piú malvagi.
In realtà, pochi governanti possono presumere di attenersi rigorosamente alla legalità senza incorrere in questo tipo di delitti protetti dalla impunità concessa loro dalla carica ricoperta; inoltre, si è sempre sostenuto che tali pratiche erano proprie delle dittature tropicali, del fascismo europeo o del sistema comunista. Tuttavia le cosiddette democrazie borghesi consolidate hanno commesso o commettono questo tipo di crimini, o li propiziano, per non citare gli orrori delle guerre imperialiste e i crimini atroci del colonialismo. Per vari motivi più governanti di quanto si pensi dovrebbero sedere sul banco degli accusati come Fujimori; in questo caso tutti coloro che dentro o fuori del Peru’ hanno beneficiato di questo pacificatore efficace che ferocemente ha sterminato i guerriglieri di Sendero Luminoso, il movimento dei Tupac Amaru e, approfittando dell’occasione, l’opposizione sindacale e sociale garantendo alla borghesia creola e a quelle transnazionali un posto ideale per fare investimenti e saccheggiare. Risulta così condannabile sia appoggiare il crimine come commetterlo e si dovrà considerare responsabile più chi istiga al delitto che colui che lo commette materialmente. Questo mostruoso dittatore non ha agito per proprio interesse personale e a suo rischio; è stato appoggiato non solo dai gruppi privilegiati del Perù , ma anche dai suoi amici dei governi regionali (non molto differenti da lui) così come dalle potenze capitaliste, tutti contenti di avere un agente così efficace in difesa dei loro interessi.
Perché il dittatore peruviano è finito dietro le sbarre? Semplicemente perché ha sbagliato i suoi calcoli e ha pensato di poter paralizzare il paese con una enorme manifestazione in suo favore e uscire così da un situazione difficile, ma diverse forze si sono organizzate per neutralizzare il suo tentativo, permettendo così il processo e la condanna. L’appoggio popolare nei suoi confronti è stato molto limitato e ancora meno quello degli ampi settori che hanno subìto la repressione e il terrore ufficiale. Inoltre si è messo contro il potere giudiziario che prima aveva umiliato e sottomesso nel momento in cui è diventato un dittatore; sono gli stessi giudici che ora lo condannano, dopo aver accumulato motivi e prove schiaccianti. E’ stato inoltre tradito dai suoi ex alleati della vecchia oligarchia di Lima, bianca e razzista, la stessa che adesso ancora controlla il potere in tutte le manifestazioni, che lo ha utilizzato a suo tempo e ora lo abbandona alle oscure manovre esterne. Dove staranno adesso tutti coloro che nell’Occidente democratico lo appoggiavano entusiasti? Si conferma ancora una volta il principio che in certi frangenti non ci sono amici, ma interessi?
Questi fascismi creoli finiscono con l’avere la stessa sorte del fascismo tradizionale. Non saranno mai giudicati i grandi imprenditori che stanno dietro a tutte queste forme patologiche del capitalismo. Questo destino viene riservato ai gregari, ai capetti grotteschi che bastonano nelle strade, aizzano le masse e organizzano campagne di sterminio del nemico di turno. Questo è il povero Fujimori, che si è difeso dicendo che altrettanto criminali quanto lui sono stati Alan Garcìa e altri governanti che lo hanno preceduto, ai quali non è tremata la mano quando si è trattato di ordinare assassinii e massacri di gente umile e di oppositori scomodi.
E sicuramente ha ragione, però i crimini commessi da altri non scagionano dai propri.
L’accostamento al fascismo puo’ essere molto discutibile, però non lo è certamente la base sociale che sostiene questi progetti: alcuni settori della piccola borghesia che si sviluppano intorno alle forze armate e di polizia, determinati strati dell’apparato statale, coloro che svolgono mestieri che favoriscono il lavoro duro e un basso salario, settori popolari ignoranti e settari, nuove fasce della borghesia arrivista e accesi sostenitori dell’utilitarismo del “tutto va bene” e, naturalmente, le fasce non omogenee del sottoproletariato, la parte delinquenziale della popolazione che finisce per convertirsi in forze d’urto del progetto fascista. Basta osservare le forze dinamiche dell’ultradestra in Europa; sono le stesse del fascismo creolo, i sostenitori dei militari argentini, di Pinochet, di Somoza o di tutti gli altri dittatori vecchi e nuovi del continente latinoamericano.
Non mancano neppure coloro che, con sufficienti motivazioni, vedono Alvaro Uribe Vélez come una specie di caricatura del dittatore peruviano e augurano al piccolo caudillo di Bogotà la stessa sorte toccata a Fujimori.
Non mancano gli stessi personaggi: dietro il governo della “seconda repubblica” ci sono gli stessi che appoggiarono con entusiasmo il “ Cinese” : la vecchia oligarchia. Le società transnazionali e i “governi democratici” che si sperticano in elogi di fronte ai successi nella lotta contro la sovversione e il comunismo (adesso denominato “terrorismo”) e si fregano le mani davanti agli incoraggianti scenari di investimenti. Domani taceranno discretamente e quelli che oggi sono “successi” si trasformeranno in “crimini atroci che non si possono perdonare”.
Quanto sono simili i paramilitari colombiani alle “ronde contadine” che hanno seminato il terrore accanto alle forze armate del Perù! Quanto sono simili i “falsi positivi” (i falsi risultati positivi conseguiti dalle forze armate, ottenuti attraverso la pianificazione di falsi attentati o l’uccisione di contadini fatti passare per guerriglieri ndt) di Uribe Vélez con i crimini commessi contro studenti innocenti e professori per i quali Fujimori è stato appena condannato a 25 anni di prigione!
Se tali premonizioni dovessero compiersi Uribe Vélez si difenderà sostenendo che egli non ha fatto nulla di diverso da quanto compiuto dai precedenti governi; che egli non ha fatto altro che difendere gli interessi della vecchia oligarchia, aprire il cammino ai nuovi strati “emergenti” della borghesia (come i signori della droga e della motosega), ripulire il paese dai comunisti e perfino dai liberali convinti dell’ideologia umanista ( così scomodi!) e soprattutto difendere gli interessi del grande capitale internazionale. E non gli mancherà neppure la convinzione di avere ragione. Certo che in confronto ai crimini commessi dalla “sicurezza democratica” di Uribe, la scia di sangue che lascia Fujimori sembra cosa da ragazzi. E 25 anni di pena sarebbero pochi.
di Juan Diego Garcìa/ Collaboratore ABP Colombia
ABP/ 17/04/2009