LENIN, GRAMSCI E LE TESI

Leggo su Liberazione (3 gennaio 2002) un intervento della compagna Patrizia Sentinelli dove si sostiene che, sopprimendo il riferimento a Lenin e Gramsci nella nuova ipotesi di Statuto del Prc, non si è inteso “liquidare Gramsci e Lenin. I quali peraltro sono più volte richiamati nelle Tesi stesse, proprio perché sono stati capaci a suo tempo di avanzare la questione della rivoluzione innovando”. Non so di quali tesi parli Patrizia. In quelle varate dal Comitato politico nazionale vi è un solo riferimento molto parziale a Gramsci (tesi 52), mentre Lenin – poveretto – viene citato due volte nella sola tesi 14 per dire che la sua teoria sull’imperialismo è “superata” (alla faccia della valorizzazione!). Cara Patrizia : quando si fanno affermazioni e polemiche così impegnative, bisognerebbe avere maggiore rispetto per la verità, per i testi congressuali e per i nostri lettori.
Aggiungo una testimonianza personale : ho proposto più volte, in discussioni di ore con chi presiedeva la Commissione politica (che può confermare) di inserire nelle Tesi alcuni riferimenti positivi a Lenin, non per amore dei santini (smettiamola con queste banalizzazioni), ma perché apparisse chiaro che la nostra critica alle degenerazioni dell’epoca staliniana avesse un segno comunista e “di sinistra”, di recupero e attualizzazione (non di contrapposizione) alla migliore elaborazione di Lenin e al leninismo. Niente da fare. La questione dunque è dura e di sostanza (altro che santini) e ci vorrebbe almeno la limpidezza intellettuale di riconoscerlo apertamente di fronte a tutto il partito, invece di arrampicarsi sugli specchi.
Anche per questo mi sono convinto a presentare, con altri 54 componenti del Comitato politico nazionale, una tesi alternativa su “i comunisti e la loro storia”, che renda inequivoca e argomentata la valorizzazione (non dogmatica) del patrimonio storico e teorico di Lenin e di Gramsci; e ne sottolinei le connessioni, poiché l’elaborazione gramsciana, con tutta la sua originalità, è inseparabile da Lenin e dal leninismo.
Il richiamo teorico al solo pensiero di Marx non è sufficiente oggi (non siamo nel 1848) a definire l’identità di un partito comunista. Lo ha di recente confermato sull’Unità (31 dicembre 2001) un’illustre storico socialdemocratico come Giuseppe Tamburrano (già dirigente del Psi), il quale ricorda che – se è per questo – anche Saragat e Turati si richiamarono a Marx, e così “tutti i riformisti” del secolo scorso, così come i tanti “marxisti socialdemocratici”. La tendenza a separare e contrapporre Marx a Lenin (e Lenin a Gramsci) è sempre stata emblematica – anche nell’ultimo Pci – di mutazioni ideologiche in senso socialdemocratico (sia pure “di sinistra”, almeno all’inizio). E non credo proprio che ciò si addica al Prc e al nostro progetto di rifondazione di un partito comunista di nome e di fatto, su
cui tutti – non voglio dubitarne – ci sentiamo impegnati.

* Direzione nazionale Prc