Legge elettorale per le europee, PD e PdL stanno ancora discutendo di una modifica con sbarramento

Sono direttamente Elio Vito, ministro per i Rapporti con il Parlamento, e Dario Franceschini, vicesegretario del Pd, a occuparsi della possibilità di riformare la legge per le elezioni europee fissate per il 6 e 7 giugno, data dell’election day che riguarderà anche la tornata amministrativa.
Nonostante sia stato proprio Silvio Berlusconi lo scorso novembre a segnalare che in mancanza di un accordo bipartisan era meglio andare al voto con la legge attualmente in vigore (proporzionale pura con voto di preferenza), i contatti sono ripresi soprattutto su iniziativa del Pd.

Il partito di Walter Veltroni ci tiene al fatto che anche le regole per le elezioni europee si ispirino a una logica bipartitica. Da qui l’idea di una soglia di sbarramento da fissare al 3 o al 4% per evitare la frammentazione della rappresentanza al Parlamento di Bruxelles e il mantenimento invece del voto di preferenza, a differenza di quanto prevede la legge elettorale per l’elezione di Camera e Senato.

Nella ripresa di contatti tra Vito e Franceschini, il ministro per i Rapporti con il Parlamento ha posto però una condizione: la ripresa del confronto deve avere un punto fermo nel fissare il quorum al 4% e non al 3% come indicato in precedenza dal Pd. La pregiudiziale posta da Vito sarebbe stata accettata da Franceschini, anche perché c’è poco tempo per riformare la legge elettorale per le europee: o l’accordo si trova entro gennaio o non ci sono più margini tecnici per attuare la riforma.

Il ritorno di interesse del Pd per la riforma delle norme elettorali per le europee si motiva anche con l’esigenza di non disperdere i voti del centrosinistra e della sinistra. La legge proporzionale favorirebbe infatti la presentazione autonoma di Prc, Pdci, Verdi, Sinistra democratica e Socialisti italiani che si giocherebbero il tutto per tutto nel tentativo di guadagnarsi una rappresentanza nel Parlamento europeo avendo perso quella nel Parlamento italiano (un accordo con Verdi e Socialisti era già stato raggiunto quando si dava per certa l’abolizione della proporzionale pura).

Per il Pdl, la nuova attenzione a una possibile riforma è spiegabile con il tentativo di mettere in difficoltà gli ex alleati dell’Udc (il 4% non è una soglia ritenuta sicura per il partito di Pier Ferdinando Casini) e di evitare – se fossero cancellate le preferenze – una lotta fratricida tra candidati di Forza Italia e candidati di An a poche settimane di distanza dal congresso fondativo del nuovo partito guidato da Silvio Berlusconi che è stato fissato a marzo.

Ci sono quindi esigenze convergenti che spingono verso un accordo in extremis tra Pd e Pdl, anche se il tema delle preferenze continua a dividere i due partiti. Il partito di Veltroni è però meno rigido di qualche tempo fa su questo punto: anche nel Pd si vorrebbe evitare lo scontro fratricida sulle preferenze tra ex Margherita ed ex Ds, o tra dalemiani, veltroniani e rutelliani.

Il problema per il Pd resta quello di fare i conti con l’Udc, il partito che si corteggia in vista di possibili alleanze di nuovo conio, che resta contrario all’abolizione delle preferenze. Per Forza Italia, invece, si tratta di convincere la componente di An del futuro Pdl che è meglio procedere verso l’abolizione delle preferenze.

I tecnici dei due schieramenti, con la tipica inventiva della politica italiana dei momenti di difficoltà, stanno lavorando a trovare una soluzione che accontenterebbe tutto il Pd e tutto il Pdl. Si sta studiando in particolare la legge elettorale in vigore in Svezia che mette sì a disposizione dell’elettore la preferenza ma prevede che quest’ultima sovverta l’ordine di elezione dei candidati presenti nella lista decisa dal singolo partito solo se la somma delle preferenze raggiunge una certa quota percentuale.

Allo studio è anche il modello elettorale del Belgio, che prevede un calcolo tra voti espressi solo sul simbolo del partito e quelli espressi con l’uso della preferenza. Se i primi sono maggiori dei secondi, gli eletti sono stabiliti nell’ordine con cui compaiono nella lista del loro partito.

Tecnicamente la soluzione svedese e quella belga (o un mix italiano tra l’una e l’altra) assomigliano a un cruciverba, ma politicamente potrebbero aiutare Pd e Pdl a superare l’impasse. Restano due settimane per presentare un progetto di riforma in Parlamento che abbia chance di essere approvato.