Nel giorno in cui la legge Cirielli sulla recidiva e la prescrizione compare in Gazzetta ufficiale – Ciampi ha aspettato solo sei giorni per la promulgazione, la legge è in vigore da oggi – c’è già un secondo ministro che, avendola votata, ne prende le distanze. Dopo il guardasigilli Castelli che 24 ore dopo l’ultimo sì si era accorto dell’impatto insostenibile che le nuove norme avranno sulle carceri, ora è il vicepremier Fini a promettere modifiche. Perché la Cirielli si scontra con il disegno di legge sulle droghe che porta il suo nome. Insensibile all’allarme che il Csm e i tecnici del diritto avevano lanciato nei lunghi mesi in cui la Cirielli ha fatto la navetta in parlamento, Fini ha finito col cedere al disappunto della comunità di San Patrignano. Che della legge Fini apprezza la possibilità per i tossicodipendenti condannati fino a sei anni di scontare la pena nelle comunità di recupero accreditate dal governo. Beneficio che la Cirielli finisce col negare del tutto ai tossicodipendenti recidivi. Difficile però che il centrodestra voglia modificare una legge che ha appena portato a casa. L’intervento correttivo sarà fatto in maniera indiretta emendando il ddl sulle droghe. Legge che, fiducia o non fiducia, non ha però molte chance di essere approvata entro la fine della legislatura. La mossa di Fini finisce così solo col tirargli addosso l’accusa di comportamento schizofrenico da parte dell’opposizione. Mentre, per la prima volta, magistrati e avvocati uniti a convegno a Roma chiedono ormai proprio al centrosinistra un impegno per cancellare la Cirielli che secondo il primo presidente della Cassazione Nicola Marvulli è «un obbrobrio che avrà effetti devastanti e porterà la giustizia alla bancarotta».
«Obbrobrio» che renderà ingestibili le carceri italiane già sovraffollate? Non necessariamente secondo il professore Tullio Padovani. Introducendo la legge una norma sfavorevole ai condannati, spiega il professore, i giudici non potranno in ogni caso applicarla alla recidiva già costituita. Cioè non si potranno aumentare le pene o cancellare i benefici carcerari per chi ha già più di una condanna. Non per questo Padovani è prudente nel bocciare la Cirielli, anzi parla di «ritorno della presunzione di pericolosità» in carico ai recidivi. Un’impostazione smantellata dalla Corte costituzionale «e che adesso invece torna addirittura prevedendo automatici aumenti di pena». Secondo Padovani «il relatore della Cirielli poteva farlo Hans Frank che da ministro del Reich hitleriano ha scritto pagine valide a giustificare questo regime».
Marvulli è solo un po’ più prudente. E ricorda che «anche nella Germania nazista ci fu il ripudio per il principio della colpa d’autore». «Non credo – dice – che a breve termine quest’obbrobrio sarà cancellato». Ma lascia intendere che la non applicabilità della prescrizione breve ai processi in corso, se è valsa a farle perdere il nome di salva-Previti, non mette al riparo la Cirielli dal giudizio di incostituzionalità. «La Cassazione – annuncia il primo presidente – potrà prendere iniziative sui limiti di applicazione di questa normativa, cioè se l’esclusione dell’applicabilità ai processi in Cassazione sia compatibile o meno con l’articolo 3 della Costituzione». Dov’è stabilito che tutti i cittadini sono uguali davanti alla legge. «Quando si abbassano i tempi della prescrizione – aggiunge Marvulli – si deve intervenire sul processo oppure si va verso la bancarotta, il 50% delle pendenze in Cassazione andranno in fumo». E conclude a proposito del «pentimento» di Fini rivolgendosi alla maggioranza: «Perché non ci avete ascoltato prima?». Si inseriscono il presidente dell’Associazione magistrati Riviezzo – secondo il quale rivedere la Cirielli si può «ma riformando tutto il sistema delle impugnazioni» – e Giuliano Pisapia, ministro della giustizia in pectore con Prodi al governo, che teme modifiche «ulteriormente peggiorative». Infine tocca a Peppino Gargani rispondere. «Rispettiamo il ripensamento di Fini. Perché non approfittare dei drogati – dice testualmente – e migliorare la legge?». Commento in sala di un anziano penalista, che pure ne ha viste tante: «… e questo è il responsabile giustizia del primo partito italiano». Forza Italia, in effetti.