“Tutto questo? Non mi sorprende affatto». Angelo Leo è attualmente segretario del Nidil Cgil della provincia di Brindisi. Autore di libri come “Vite bruciate di terra” in cui denunciò il triste fenomeno del “caporalato” rilascia un commento scarno. Eppure la notizia di per sé lascia esterefatti. Dopo un blitz compiuto nella provincia di Lecce cinquantacinque imprenditori sono stati denunciati all’autorità giudiziaria con l’accusa di aver violato la legge 977/1967 che tutela i minori. Si tratta di titolari, legali rappresentanti di aziende dei più
disparati settori – dal commercio ai pubblici esercizi ma anche di imprese edili e di imprese manifatturiere – accusati di sfruttamento minorile.
Sono 68 i bambini scovati a lavorare con orari massacranti, anche di notte, senza poter contare sul previsto riposo settimanale. Nessuna tutela per dei “piccoli schiavi all’opera”. Nel complesso, l’indagine ha permesso di identificare oltre 102 lavoratori in nero, rilevare evasioni per oltre 106mila euro e comminare 260 sanzioni amministrative per un importo di 61mila euro. «Certamente la notizia è di per sé rilevante ma – nota ancora Leo – ripeto non mi sorprende. E non mi sorprende affatto. Con questo mercato del lavoro regolato dall’intervento di “leggi forsennate” che non si appellano più neppure a una minima regola di tutela sindacale come non si può pensare che si possa ricorrere da parte delle imprese allo sfruttamento più bieco e arrogante come quello dei bambini?». La riflessione, del resto, trova conferma in altri dati e proprio dell’ultimo rapporto stilato dall’Ires Cgil. Nel nostro paese sarebbero circa 500mila i bambini, con un’età compresa tra gli 11 e i 14 anni che svolgono lavori precari, il 10% di questi è rappresentato da figli di migranti. Un triste tristissimo
fenomeno che mette in luce quell’“Italia del declino” che deve fare i conti anche con questo. «Eppure – riflette ancora Angelo Leo – proprio ciò che dovrebbe essere denunciato viene di fatto incoraggiato per lo meno dalle recenti leggi. Vorremmo forse negare che la legge 30 non vada alla fine a stimolare e nel vero senso della parola oltre allo sfruttamento più bieco anche il caporalato?». «Una volta – riflette – ci si poteva pure appellare a una tutela sindacale che prevedeva appunto la interdizione dal lavoro per chi commetteva atti di caporalaggio. E il fenomeno era molto visibile fino a qualche tempo fa in particolare per alcuni settori come l’agricoltura. Ma, oggi, in queste condizioni legislative, non essendo più punibile alcuno, dato il riconoscimento dello sfruttamento come “status quo” è naturale che aumenti a dismisura proprio il ricorso al lavoro nero e a quello sommerso». E tutto ciò rivela ancora la penosa situazione di debolezza dei lavoratori che non possono più neppure sperare di “avere giustizia”. Contratti a chiamata, job sharing, flessibilità selvaggia, e quant’altro sono solo gli aspetti più visibili dei danni commessi da provvedimenti iniqui. «Cosa possono fare i lavoratori?. E del resto se pure si
arrivasse alla denuncia, che punizione potrebbero mai avere gli imprenditori di fatto tutelati dai recenti provvedimenti legislativi?». Un motivo in più per chiederne l’immediata abrogazione. «Ormai – è l’ultima denuncia del sindacalista – il lavoratore non è in grado di far valere un peso sociale. Ha perso la sua forza. Per questo – conclude – un “blitz” come quello di ieri con una notizia di per sé agghiacciante, 68 bambini sfruttati a lavoro di notte e senza alcuna tutela nell’Italia di oggi, non mi sorprende davvero affatto».