Bertinotti, alla fine anche Massimo D’Alema sembra aver preso atto della crisi in cui versa l’Ulivo. Come valuti la sua posizione? E’ così distante persino dalla percezione della natura della crisi da risultare scoraggiante. E così Fassino. Ammettono che c’è la crisi, ma poi offrono una risposta puramente conservatrice. Dicono che c’è la crisi, ma aggiungono `Però noi non sappiamo né vogliamo fare altro da quello che già facciamo’. Propongono l’unità dei parlamentari dell’Ulivo. Ma scusa, chi è che si è diviso l’altroieri se non appunto i parlamentari?
Cos’è che il centrosinistra non capisce, dal tuo punto di vista, di questa sua crisi?
Il fatto che la crisi ha motivazioni politiche, mentre loro tentano di dare risposte a prescindere dalla politica, come direbbe Totò. Fanno così perché, se affrontassero davvero la crisi in termini politici, dovrebbero scoprire che le risposte che già esistono almeno in nuce nel centrosinistra sono tra loro inconciliabili.
La conclusione, direi, è che il centrosinistra non ha alcuna possibilità di superare questa crisi…
No. La crisi non è congiunturale ma irreparabile. E lo è perché è fallita l’ipotesi strategica su cui il centrosinistra era vissuto: condizonare e temperare le politiche di guerra e neoliberiste per poterle governare. Di conseguenza il centrosinistra non ha più né le ragioni né le prospettive strategiche per restare unito.
All’interno della crisi del centrosinistra c’è anche una crisi specifica dei Ds…
La crisi del centrosinistra è innanzitutto la crisi dei Ds. Rutelli, che per la prima volta si configura come vero leader di uno schieramento, ha fatto un discorso convergente con il governo in un punto chiave. E lo ha fatto toccando precisamente le corde sui avevano lavorato i governi di centrosinistra, rivendicando la continuità con quell’esperienza, rivendicando una sorta di identità politica moderata che in Italia cìè sempre stata. Così facendo, mette in luce il fatto che nei Ds sono presenti tutte le diverse e opposte opzioni per uscire dalla crisi. C’è chi la pensa esattamente come Rutelli, e c’è chi pensa che la linea da adottare sia tutt’altra.
Sì, ma se davvero il centrosinistra è arrivato al capolinea, non si apre forse uno spazio molto importante per la costruzione di una sinistra d’alternativa?
Io intravedo la possibilità che emergano tre posizioni. La prima è appunto la sinistra d’alternativa, al cui interno c’è naturalmente Rifondazione ma non solo. Credo che sia possibile la formazione di una costellazone di forze convergenti su due grandi discriminanti: il rifiuto non solo della guerra ma della politica della guerra, del rapporto tra un modello sociale e la politica di guerra e poi la fuoriuscita netta dalle politiche neoliberiste. Direi che le forze che hanno partecipato alla raccolta di firme per il referendum potrebbero rientrare in questa costellazione.
E le altre due posizioni?
Una sinistra veramente riformista, anche se non d’alternativa, come non c’è da molti anni, e che proprio per questo evito di definire social-democratica. Una sinistra che sappia riprendere un suo credibile profilo riformista. Infine, quel centro moderato che Rutelli sta già costruendo.
Partiamo dalla sinistra d’alternativa. Come la si può costruire?
Non a tavolino, ma, ad esempio, buttandosi nella costruzione di un movimento contro la guerra. Credo che ci sarebbe bisogno di una grande accelerazione nella formazione di questa costellazione, perché, se non cresce, la crisi del centrosinista rischia di ingabbiare energie invece di ridislocarle fuori dalla gabbia.
Della formazione di quella sinistra veramente riformista di cui tu parli, però, non si vedono tracce…
Non ce ne sono tracce perché nessuno lavora in questa direzione. Sono rimasto molto colpito quando, in agosto, Cofferati rilanciò l’idea di Ulivo più organicista possibile. Può essere che da allora, dopo i fatti di questi giorni, le cose siano cambiate.
Il centro, invece, c’è…
Sì, il centro moderato c’è e si vede. Alla sinistra riformista spetterebbero l’onere e l’onore di ridefinirsi, misurandosi anche con il nuovo quadro mondiale. Certo, tutto questo sarebbe molto più facile se si modificasse un sistema politico che tende proprio a ingabbiare energie politiche e a impedire la nascita di un’alternativa, e cioè il maggioritario
Pensi che dopo l’esplosione dell’Ulivo sia ipotizzabile un ritorno al proporzionale?
Penso che se le forze del centrosinistra, in particolare quelle della sinistra riformista, non si dispongono a questo passaggio si predispongono al loro suicidio. O vengono calamitate dal centro, oppure passano alla sinistra d’alternativa, il che è una cosa buona ma equivale comunque a un suicidio dal punto di vista della costruzione di un vero riformismo. Non capisco come i Ds non vedano che solo così possono sottrarsi all’alleanza obbligatoria con il centro. Con il quale, sia chiaro, non dico affatto che poi non debbano trattare. O che non dobbiamo trattare.