Piero Fassino vince, anzi stravince, nel voto congressuale degli operai diessini a Torino. Ma, a sorpresa, a irrobustire il risultato non sono i lavoratori che vengono dal Pci, con la tessera della Fiom Cgil in tasca, ma quelli arrivati nel 2000, ex socialisti iscritti alla Uil e in molti casi anche al Fismic, l’ organizzazione moderata nata sulle ceneri del Sida, il vecchio «sindacato giallo» della Fiat. È una separazione piccola nei numeri, ma umanamente e simbolicamente dolorosa quella che si è consumata ieri sulle rive del Po, tra il ritratto di Gramsci e il vecchio pianoforte del circolo Arci dove i 382 iscritti dell’ Unione Industria sono stati chiamati a contarsi. Hanno risposto in 130, e 98 hanno scelto il nuovo Partito democratico voluto dal segretario, 23 la mozione della sinistra di Mussi, 8 quella di Angius. «Non parlo in questo congresso e, per la prima volta, voterò contro il segretario – ha spiegato Dino Orrù, per 35 anni iscritto al Pci prima e ai Ds poi, operaio a Mirafiori, delegato Fiom, dirigente sindacale -. Discutere è inutile, tutto è già stato deciso. Il futuro? Cercherò di fare in modo che il lavoro resti al centro e che il nuovo Pd resti a sinistra». Giuseppe Caristia, 56 anni, alle spalle una vita da operaio e da militante, invece pensa di lasciare: «Sono sempre stato un riformista, mi sono battuto anche dentro la Fiom. Ma ora sono preoccupato. Capisco che bisogna cambiare, ma non ho la certezza che nel Partito democratico i lavoratori avranno il giusto peso. Se nascerà una forza nuova, da Rifondazione ai socialisti, sono interessato». Neppure l’ arrivo mattutino del ministro del Lavoro Cesare Damiano, che all’ Unione Industria di Torino è iscritto da sempre, è bastato a placare gli animi. Damiano non ha lesinato gli argomenti: «Dal 2000 lavoro al programma sul lavoro del centrosinistra insieme a Tiziano Treu, della Margherita. Abbiamo obiettivi comuni. Il lavoro a tempo indeterminato per noi deve tornare ad essere la forma principale di contratto. Abbiamo chiuso 600 cantieri dove si lavorava in nero, abbiamo offerto sgravi alle aziende dove non c’ è precarietà. Mi conoscete, mi sono formato con voi e penso che sogno e concretezza debbano restare insieme. Il lavoro, per me, sarà sempre alla base dell’ azione politica». Applausi e un po’ di commozione per il compagno ministro che «sta lavorando bene». Mauro Ferrari è il capo dei Ds di Mirafiori, ha 49 anni, fa l’ operaio alle Presse e sostiene Fassino: «Alla Fiat abbiamo 180 iscritti, in passato sono arrivati anche a 2500, c’ erano sei sezioni. Mi dispiace per i compagni che conosco da una vita e che ora vogliono lasciare. Ma se non cambiamo andiamo dritti verso la dissoluzione. Siamo troppo vecchi e incapaci di attrarre i lavoratori più giovani». Fermo in corridoio a organizzare il voto c’ è Rocco Carella, 57 anni: «Sono socialista da quando avevo 14 anni, vengo dalla Calabria e sono arrivato a Torino da bambino. Dal 1969 lavoro alle Carrozzerie di Mirafiori. Quando il Psi è finito sono rimasto disorientato, poi, con un gruppo di compagni della Uilm, siamo entrati nei Ds e ora sosteniamo Fassino. All’ inizio non è stato facile, ora va meglio. Siamo nel Fismic adesso, che grazie a noi è diventato un po’ più di sinistra. E una settantina sono iscritti a questa Unione». «Siamo molto diversi – commenta Giorgio Airaudo, segretario piemontese della Fiom e sostenitore di Mussi -. Il nostro sindacato è legato all’ idea di rappresentare i lavoratori più che di contarsi nei partiti. Non mi iscriverò al Pd, perché temo che, così, i lavoratori diventino più deboli. E se ci sarà una nuova forza si sinistra disposta a dare voce al lavoro, ci sarò anch’ io».