«Sono ottimista che verrà pienamente rispettato il cessate il fuoco e che ci sarà pieno sostegno delle parti nella sua applicazione». A dichiararlo è stato lunedì l’inviato speciale delle Nazioni Unite Terje Roed-Larsen dopo un incontro a Gerusalemme con il ministro degli esteri Tzipi Livni. «La situazione è ancora estremamente fragile, ad essere realisti in Libano ci sarà questo vacuum per i prossimi due tre mesi». A dichiararlo è stato ieri lo stesso Terje Roed-Larsen il quale, riferendosi implicitamente agli spari israeliani di poche ore prima nel Libano sud-occidentale, ha aggiunto che «incidenti involontari potrebbero suscitare l’escalation di nuove violenze che potrebbero far sfuggire di mano la situazione».
C’è qualche problema con il principio della non-contraddizione: le due violazioni del cessate il fuoco e le violazioni israeliane dello spazio aereo libanese per ben sei volte nel giro di 48 ore possono difficilmente essere considerate «involontarie», visto che le autorità israeliane hanno esplicitamente reso nota la «volontà» di Tel Aviv di «difendere» preventivamente il cessate il fuoco in attesa dell’arrivo della forza multinazionale delle Nazioni unite.
Nel frattempo il quotidiano francese Le Monde ha rivelato ieri i dettagli di due documenti inviati dall’Onu ai paesi candidati alla forza multinazinoale affinché ne studiassero le regole d’ingaggio. Il primo, un testo di 21 pagine sottolineato «UN restricted» afferma chiaramente il carattere sopratutto difensivo delle operazioni dell’Unifil. Il documento stabilisce anche che «viene autorizzato l’uso della forza appropriata e credibile» in modo «proporzionato» e « se necessario» per impedire che la zona cuscinetto tra la linea blu ed il fiume Litani sia usata per «attività ostili», per «resistere» ai tentativi di ostruire le attività dell’Unifil e per «proteggere i civili da una minaccia imminente di violenza fisica». Il secondo testo invece, sottolineato «UN confidential» verte sul «concetto di operazione» e chiarisce senza equivoci che spetta all’esercito libanese «prendere il controllo della zona cuscinetto» e «disarmare Hezbollah» mentre l’Unifil potrà sviluppare «efficaci operazioni di informazione per contrastare la propaganda di Hezbollah». Prosegue intanto la mobilitazione per garantire il massimo coinvolgimento dell’Unione Europea alla missione internazionale incaricata di applicare la risoluzione 1701, e continua anche la mediazione guidata dalle Nazioni unite tra Israele e Hezbollah sulla questione del rilascio dei prigionieri. L’Italia ha aderito senza se e senza ma all’invio della forza multinazionale e ha di fatto chiesto il comando delle truppe, sollecitando un incontro urgente dei ministri degli esteri dell’Ue che è stato fissato per venerdì dalla presidenza finlandese, preceduto oggi da un incontro tecnico. La Francia, che intanto continua a resistere a pressioni e critiche per aver contribuito con solo 200 soldati a quel contingente di 3500 unità previsto dall’Unione europea, ha dichiarato tramite il proprio portavoce del ministro degli esteri che «non ha nulla di cui vergognarsi», mentre Spagna, Olanda e Belgio sono potenziali partecipanti alla missione ma premono per avere ulteriori informazioni. Il Portogallo invece «analizza l’invio di militari in Libano con molta prudenza», ha dichiarato ieri il ministro della difesa Nuno Severiano Teixera. Il paese sta infatti ancora affrontando due temi che non hanno sfiorato l’Italia (o quasi): per un verso chiedersi se non sia il caso di ridimensionare la presenza del paese in altre missioni militari internazionali, per altro fare i conti con l’opposizione politica interna del Partito comunista e del Blocco di sinistra.