Le proposte alternative di Rifondazione comunista: un minimo di pensione superiore a quello attuale

Un milione al mese per i pensionati? A guardar bene i numeri si scopre che su sei milioni gli anziani che beneficeranno dell’aumento saranno poco più di 2 milioni, con uno stanziamento “fino ad un massimo di 4200 miliardi”. Per garantire il milione a tutti, i miliardi necessari ammonterebbero a 12 mila circa. La selezione, per stabilire gli aventi diritto, avverrà incrociando (combinato-disposto) il reddito e l’età. Si sa con certezza che il reddito preso a riferimento è di 13 milioni in un anno (1.000.000 x 13 mensilità). Il ministro ha promesso che l’abitazione, se in proprietà, non concorre a formare il reddito. E’ certo che il reddito preso a riferimento sarà anche quello coniugale che sembra venga fissato in 22 milioni. Questa scelta porta all’esclusione dall’aumento di non meno del 5% degli anziani (stima Spi-Cgil). Per l’età, sempre il ministro, l’aveva indicata in 65 anni mentre nei corridoi del ministero si parla di 70/71 anni.
Assistenzialismo Il “milione” al mese sostituisce o integra la pensione contributiva, infatti l’importo del minimo della pensione rimane di lire 740.600 mensile. I contributi versati o che si verseranno non vengono rivalutati, non si fissa un nuovo minimo pensionistico. In questo modo si tende a svilire la contribuzione, si favorisce il lavoro sommerso, si incentiva l’evasione contributiva che già viaggia sui 50 mila miliardi l’anno. Il ministro del lavoro ha annunciato che intende mettere un ticket di solidarietà sulle pensioni d’oro per aumentare quelle povere. Ebbene il togliere ai ricchi per dare ai poveri di questo moderno Robin Hood, consiste nel trattenere il 5% delle quote di pensione oltre i 20 milioni al mese; si tratta di poco più di 10 miliardi, pura demagogia. E’ iniziato in questi giorni il confronto governo e sindacati sui risultati della commissione Brambilla. La commissione Brambilla presenta i seguenti andamenti della spesa pensionistica rispetto al Pil. 1997: 13.9%; 2000: 13.5%; 2035: 15.8%; 2050: 13.5%. Avanziamo, rispetto a queste percentuali, qualche domanda? Ma per quale motivo i contributi versati per la pensione non vengono detratti dal monte pensioni pagate? Forse perché in questo caso l’onere vero (deficit) risulterebbe inferiore all’1% del Pil. Nel calcolo del Pil (proiezioni) per quale motivo la sua crescita viene ipotizzata solo dell’1.5% annuo? Ma per quale strano arcano la pensione integrativa non inciderebbe sul Pil? Ma un ulteriore impoverimento delle pensioni non provocherebbe una crescita di oneri sociali? Questi non hanno parentela col Pil? E soprattutto, per quale motivo si danno per certi una disoccupazione attorno al 10%, una fortissima precarietà, salari bloccati, una evasione di contributi previdenziali di 50 mila miliardi l’anno? Sono “conti” che hanno lo scopo di ridimensionare e di colpire il sistema pensionistico pubblico. Il punto vero non è il “costo” delle pensioni ma la riduzione dei contributi versati dalle aziende che per questa via vogliono diminuite il costo del lavoro ed obbligare i lavoratori e le lavoratrici a versare parte del salario (Tfr – quote dai contratti) ai fondi di previdenza integrativa per alimentare il mercato finanziario. I padroni guadagneranno due volte: pagano meno contributi e mettono le mani su quote importanti di salario. Persino Cgil Cisl Uil tentennano. Cosa viene contrapposto al polo che chiede di eliminare l’età per la pensione, il sistema contributivo da subito, l’obbligatorietà di trasferire il Tfr ai fondi pensione? Nulla. Rifondazione comunista ritiene che sia tempo di rivedere e modificare il sistema pensionistico in modo organico e innovativo. A nostro parere potrebbe basarsi su alcuni punti che offriamo alla discussione: – un minimo vitale (misura non previdenziale) subordinata ad un determinato reddito individuale, nel reddito non si dovrebbe conteggiare quello della casa di abitazione ed una certa somma derivante da risparmi; – un minimo di pensione ovviamente superiore al minimo attuale ed una rimodulazione (annuale) delle attuali pensioni contributive; – il massimo di pensione non può in nessun caso superare 10 volte quella minima; – ogni anno di contributi versati compresi i periodi di malattia, disoccupazione produce un importo di pensione pari ad un quindicesimo di quella minima; – modifica degli attuali limiti di reddito, la composizione del reddito, la titolarità che deve essere individuale per prestazioni quali l’invalidità, l’integrazione al minimo, la reversibilità, le pensioni e gli assegni sociali; – l’avvio di un finanziamento misto, una parte contributiva, un’altra proveniente dalla maggiore produttività: rapporto addetti-fatturato; – il riesame dell’intera normativa per eliminare incongruenze, disparità, ingiustizie come le pensioni di anzianità e quelle connesse al reddito; – un sistema di rivalutazione annuale delle pensioni che recuperi l’intero aumento del costo della vita e mantenga costante il rapporto con il salario.
Proposte concrete I sindacati dei pensionati per quanto attiene gli anziani hanno avanzato alcune richieste, che condividiamo appieno, come l’istituzione di “un fondo nazionale per le persone non autosufficienti” con una prima dotazione di mille miliardi. Interessanti anche le proposte relative al “milione al mese” per quanto attiene il reddito e la differenziazione tra pensioni assistenziali e pensioni previdenziali. Mentre invece ci pare limitata la proposta di “miglioramenti del sistema di adeguamento delle pensioni” avendo come riferimento il Pil e non i salari.