Sabato 2 ottobre, di gente ce n’era tanta anche se in molti hanno sottolineato una partecipazione inferiore a al “No Berlusconi Day” di un anno fa. Una manifestazione non oceanica ma sicuramente consistente e soprattutto con una visibile presenza giovanile, ha proiettato il composito Popolo Viola dentro le contraddizioni e le potenzialità dell’attuale fase politica.
Ascoltando gli interventi, parlando con la gente, effettuando interviste in piazza e nel retropalco, abbiamo ricavato l’impressione che questa seconda edizione del “No B Day” abbia messo il Popolo Viola a confronto con una realtà più cinica di quella desiderata.
La convocazione della seconda edizione del “No Berlusconi Day” ha infatto provocato una aspra discussione con i gruppi del popolo viola che fanno riferimento alla pagina su facebook, mentre il sito internet dello stesso popolo viola non aveva messo la manifestazione neanche negli appuntamenti. Il giorno dopo, non c’è traccia di un commento. La polemica era stata sorta sia con i gruppi locali sia con l’area di Micromega e i suoi intellettuali di riferimento, i quali hanno preferito convogliare le forze sulla manifestazione della Fiom prevista il 16 ottobre disertando quella di sabato 2 ottobre.
Paradossalmente – ma non troppo – la manifestazione del 2 ottobre ha avuto accenti e contenuti assai più radicali di quelli di un anno prima. Il limite di una battaglia concentrata sulla “legalità” e sull’antiberlusconismo, ha dovuto fare spazio a riflessioni e interventi costretti a sostanziare questi due denominatori comuni di uno schieramento democratico ampio ed estremamente composito. Dal palco gli interventi delle organizzazioni partigiane (ANPI e FIAP) hanno fatto espliciti richiami alla resistenza e alle questioni sociali, altri interventi (La Valle) sono entrati nel merito della critica al sistema elettorale maggioritario, altri ancora (Vendemmiati, Cucchi) hanno rappresentato il fatto che il dogma della legalità può partorire orrori come nel caso di Federico Aldrovandi, Stefano Cucchi, Uva, Giuliani, Bianzino, Lonzi e tanti altri. Salvatore Borsellino non si è limitato ad un appello antimafia ma lo ha coniugato con la resistenza contro un sistema politico ed economico che partorisce mostri come la nuova maggioranza alla Regione Sicilia o in cui l’economia criminale è diventata una leva “dell’accumulazione primitiva del capitale” (quest’ultima è valutazione è nostra e non di Borsellino).
Insomma una piazza che sembra mano a mano comprendere come la difesa della democrazia non possa più essere una battaglia di opinioni e non può che diventare conflitto sociale e conflitto politico.
Ed è proprio su questo aspetto che si sono delineate sofferenze e insofferenze. Con la possibilità che si torni alle elezioni, il Popolo Viola è diventato inevitabilmente terreno di caccia delle varie opzioni politiche che si oppongono al governo Berlusconi ma anche allo schiacciamento bipolarista.
Se era forte la sofferenza verso l’IdV e Di Pietro– ma anche la sua presenza e il suo peso nell’organizzazione dell’iniziativa – è evidente come anche altre individualità politiche ritengano di poter rappresentare le aspettative e le ambizioni dei Viola. Nichi Vendola e Beppe Grillo innanzitutto, apparivano già ieri come i più forti competitori dell’IdV dentro questo movimento, con il primo che nei sondaggi tra i Viola appare favorito rispetto al secondo e allo stesso Di Pietro.
Su questo terreno la competizione non può che crescere, in quanto Vendola e Di Pietro puntano a portare tutto dentro il recinto del bipolarismo, del PD e di una alleanza strutturale con esso, mentre Grillo – almeno fino ad oggi – punta a rompere proprio la gabbia del bipolarismo indicando nei due poli pari corresponsabilità nel degrado complessivo del paese e della società.
Le sofferenze e le insofferenze viste prima, durante e dopo questa edizione del “No Berlusconi Day”, ci dicono che il Popolo Viola sarà costretto suo malgrado a fare i conti con la politica, magari con una dimensione della politica meno sgradevole di quella offerta dal berlusconismo, ma niente affatto trasparente, appassionante, alternativa e indipendente , perché tale si sta rivelando quella messa in campo dalle forze dell’antiberlusconismo ufficiale che accettano la logica bipolarista.
I ritornelli sul meno peggio potrebbero avere meno effetti del passato su una nuova generazione che si è formata sulla disillusione ed ha dovuto ricostruirsi spesso da sola il proprio immaginario, i propri strumenti di comunicazione e i parametri di una battaglia per la democrazia nell’Italia del XXI° Secolo. Una delle prime cose che potrebbe rivelarsi utile sarà quella di cercare dotare questa nuova soggettività degli anticorpi indispensabili verso i nuovi guru e gli affabulatori che hanno sempre indicato la strada del meno peggio e sono riusciti sistematicamente a trascinarci nel peggio.
La lotta sul terreno degli assetti democratici di una società non richiede minore radicalità del conflitto sociale che contrappone interessi di classe diversi e antagonisti. La dialettica tra le due questioni è strettissima e la storia ci ha insegnato che proprio il conflitto sociale non ha mai ristretto ed anzi ha ampliato gli spazi democratici e le aspettative delle generazioni che incalzano la società.