Le minacce alla nostra costituzione

Il referendum è alle porte. Dopo sessanta anni di onorato servizio per gli italiani, la Costituzione è messa a rischio nei suoi principi fondamentali. Leopoldo Elia ha raccolto in La Costituzione aggredita. Forma di governo e devolution al tempo della destra (Il Mulino, pagg. 209, euro 15) questo libro i suoi interventi per il «no».
«Pezzi» in cui la consumata capacità di analisi tecnica e comparatistica del giurista famoso si congiunge ad una ragionata passione di politica costituzionale. In nome appunto di un «patriottismo della Costituzione» che, punto forte della rinascita della Germania alla democrazia, sembra essersi risvegliato in Italia solo per paradossale merito dell´attacco congiunto di leghismo e berlusconismo contro la storia e l´impianto della Repubblica. L´allarme che ne dette subito Giuseppe Dossetti è stato ampiamente confermato. Denuncia dunque Elia le proposte senza anima del progetto, delle quali segnala non solo i vizi di costruzione ma anche e soprattutto la pretesa di far prevalere con esse «soluzioni ingegneristiche» sui «principi del costituzionalismo».
I principi che sono violati innanzitutto nella forma di governo. Il progetto Bossi-Berlusconi immagina di interpretare il «comune sentire europeo per i governi di legislatura» con una cintura di «invulnerabilità per l´intera legislatura» del primo ministro. Si immaginano perciò meccanismi insensati come quello di dividere sostanzialmente i deputati in tre categorie. La serie C dei deputati di opposizione, privati di ogni possibilità di incidere, neppure in forma adesiva, alla evoluzione del rapporto fiduciario Governo-Parlamento. La serie B dei deputati di maggioranza, che possono sfiduciare il premier e nominare un nuovo premier: ma a condizione che raggiungano la maggioranza assoluta dei componenti della Camera («unificando abusivamente la sede privata e di partito con la sede pubblica parlamentare»). E, infine, la serie A dei deputati «fedelissimi» al premier, che costituiscono la golden share per impedire il verificarsi di quella condizione maggioritaria (la «minoranza di blocco» della stessa maggioranza uscita dalle urne…).
I principi che sono poi violati nella devolution con l´assurda contrapposizione di due competenze «esclusive» – dello Stato e delle Regioni – in materie come la scuola e la sanità. E con la sovrapposizione a questa distinzione verticale, già di per sé impossibile, di una divisione orizzontale del potere legislativo nazionale, destinato a coordinarsi con quello delle Regioni, tra Senato e Camera: in una maniera che accomuna i giuristi di ogni estrazione politica per meritarsi la qualifica di «farraginosa».
L´appello finale tocca un punto politico di particolarissima sensibilità in questi giorni, dopo l´episodio ultimo nella diocesi di Milano. «E´ evidente – scrive Elia – che l´onnipotenza del premier contiene anche una minaccia alla prima parte della Costituzione e in particolare agli articoli 3 e 4, anche in relazione alle loro radici cristiane. Senza rivendicare monopoli, i cattolici devono riconoscere e difendere una carta alla quale i loro padri hanno conferito un apporto originale decisivo. Ma bisogna far presto e rimediare ai danni che antiche omissioni nell´educazione civica hanno provocato alla tenuta democratica del nostro paese».