Le gambe della Grande Mela
New York paralizzata dal secondo giorno di sciopero dei lavoratori dei trasporti che rifiutano il taglio a pensioni e sanità. Sette milioni di persone si spostano con i loro piedi
Seconda giornata di sciopero del sistema dei trasporti newyorkese, che ripropone lo stesso scenario di partenza: lunghe attese e traffico in tilt. Temperature sotto lo zero accompagnano ora dopo ora l’agitazione promossa dal sindacato Local 100, coordinato dall’organo centrale del Twu (Transport Workers Union).
“La città funziona bene, considerata la situazione”, continua a dire il sindaco di New York, Michael Bloomberg. Per raggiungere il posto di lavoro, 7 milioni di pendolari si sono intanto improvvisati pedoni, ciclisti e pattinatori. Dichiarata illegale, l’agitazione rischia di continuare a oltranza. Anche se ai sindacati si vuole imporre una multa di un milione di dollari per giorno di sciopero. Accogliendo la richiesta del sindaco Bloomberg, il giudice statale Theodore Jones ha infatti deciso che l’iniziativa della Transport Workers Union viola una legge dello Stato che vieta ai dipendenti pubblici di scioperare. Resta da vedere come i sindacati e i lavoratori reagiranno al verdetto: la multa è pesante, ma si può ricorrere in appello.
Nel frattempo i newyorchesi hanno invaso le strade della metropoli con ogni mezzo possibile e anche il primo cittadino Bloomberg ha raggiunto ieri la City Hall a piedi, mischiandosi tra la folla. Stando alle stime del comune, questo blocco dei mezzi pubblici a New York – che non ha precedenti negli ultimi venticinque anni – avrebbe provocato danni pari a 400-700 milioni di dollari al giorno. Giudicando lo sciopero “egoista, codardo, illegale e moralmente ripugnante”, il sindaco Bloomberg ha deciso di ricorrere a ogni mezzo possibile per arginare la protesta sindacale. “Lo sciopero è un affronto al concetto di servizio pubblico ed è un vergognoso tentativo da parte del sindacato di mettere la città in ginocchio per rafforzare la propria posizione negoziale”, ha spiegato il primo cittadino in un’affollata conferenza stampa.
Il sindacato che rappresenta i 33.700 dipendenti della Metropolitan Transit Authority (Mta) aveva accettato il braccio di ferro e deciso a maggioranza l’astensione dal lavoro, ritenendo inaccettabili le proposte della controparte sui tagli a pensioni e assistenza. Nelle ultime fasi della trattativa, il sindacato aveva abbandonato la richiesta di alzare l’età pensionabile da 55 a 62 anni per gli attuali dipendenti, proponendo che tutti i nuovi assunti pagassero il 10% del salario per i fondi pensione, ben oltre l’attuale due per cento. Di qui la rottura delle trattative. “Questo è uno scontro sul diritto di chi ha lavorato sodo tutta la vita ad avere una pensione decente. E’ uno scontro sull’erosione e l’eliminazione sociale della copertura sanitaria per chi lavora a New York. E’ uno scontro sulla dignità e il rispetto sul lavoro, un concetto estraneo alla filosofia della Mta”, ha dichiarato uno dei più popolari leader sindacali, Roger Toussaint. A tutto ciò, deve poi aggiungersi il surplus di quasi un miliardo di dollari dichiarato nel 2005 dalla Metropolitan Transportation Administration, praticamente l’equivalente di un nostro assessorato ai trasporti: denaro investito non a favore dei dipendenti ma per operazioni economiche di azienda, senza neanche interpellare la rappresentanza dei lavoratori che denunciano “minacce e intimidazioni nei confronti dei lavoratori e delle loro famiglie da parte dell’Mtu (Metropolitan Trasportation Autorithy), spalleggiata dal governatore e dal sindaco”.
Dopo il fallimento dei negoziati, la battaglia per il rinnovo contrattuale dei lavoratori del trasporto pubblico si trasferisce nel braccio di ferro a oltranza che vede come principali protagonisti il sindaco Bloomberg, recentemente rieletto, e il leader sindacale Toussaint, emigrato a Brooklyn intorno alla metà degli anni Settanta, oggi divenuto il rappresentante più amato e seguito dalla comunità afroamericana e ispanica che compone nella stragrande maggioranza il corpo operativo del settore.
La situazione è dunque giunta sull’orlo di una crisi di nervi che espone migliaia di lavoratori a margini di rischio non indifferenti, in virtù anche dell’integrazione di nuovi leggi in materia che proibiscono qualsiasi forma di astensione dal lavoro da parte degli operatori del servizio pubblico dei trasporti. Eppure, quasi 34 mila persone stanno scioperando ugualmente da 48 ore, convinti delle loro buone ragioni.