Le divisioni dei “nostri terroristi”

L’Alleanza anti-taleban del Nord ieri annunciava, per bocca del “ministro” degli esteri Farim: “Saremo a Kabul tra una settimana” insieme a una trattativa per avere l’appoggio dell’aviazione militare Usa; un’altra trattativa militare – memesiaca – è avviata tra Alleanza del Nord e Russia per avere “subito” rifornimenti militari per la battaglia in corso di Mazar-I-Sharif. Notizie altalenanti sul versante militare, più incerte quelle sul fronte diplomatico interno, almeno dopo le dichiarazioni di Burhanuddin Rabbani, ex presidente dell’Afghanistan governato dai mujaheddin e ora leader politico dell’Alleanza del Nord che, poche ore prima degli attacchi occidentali, in una intervista si augurava: “La guerra si può evitare e bin Laden può essere catturato lo stesso” ed esprimeva il suo dissenso sul ritorno a Kabul dell’ex re Zaher Shah. E soprattutto dopo le parole di Gulbuddin Hekmatyar, l’altro tra i più conosciuti leader dell’Allenza del Nord con Rabbani, il generale uzbeko Dostum e Massud – l’ex capo carismatico dei mujaheddin ucciso pochi giorni prima dell’attacco terroristico antimericano in un attentato dei taleban orchestrato dai Servizi segreti pakistani. Hekmatyar, riparato a Tehran e nemico di Rabbani, si è espresso a favore della posizione dei taleban su Bin Laden e, contrario ai raid angloamericani, ha lanciato la sua jihad: “Morte agli americani, morte agli inglesi”.
Insomma, se gli annunci sulle avanzate sono ripetuti, quel che si mostra è l’incertezza e la divisione intestina sugli obiettivi di fondo. Con il rischio evidente che, con i clan dell’Alleanza del Nord una volta arrivati al potere – i talebani hanno già dichiarato che se sopraffatti sono pronti a lasciare Kabul per incominciare dal sud una guerra di guerriglia lunga anni – tutto cambierà perché nulla cambi. Il nodo di fondo infatti è in che misura i taleban rientreranno dalla finestra, o meglio quanto potere di controllo resterà nelle mani del Pakistan di Musharraf sulla crisi a Kabul. La presenza dei taleban è decisiva perché, comunque sia, sono fortemente rappresentativi dell’etnia maggioritaria pashtun, mentre l’Alleanza del nord si caratterizza come radicata nella sola minoranza tagika, ma soprattutto perché i talebani conservano le loro basi “ideali” in Pakistan. Musharraf non può perdere la “sua” guerra in Afghanistan. Bisognerà allontanare i talebani “cattivi” e far restare al governo i talebani “buoni”. E’ la posizione dell’Onu, che del resto li ha finanziati con i suoi provvedimenti “anti-narcotraffico”, e dell’ex re Zaher Shah. Il cosiddetto processo di Roma servirà davvero alla transizione? Ieri era atteso a Roma l’inviato di Islamabad, Faruk Ahmed Khan Leghari, ex presidente della repubblica nel 1994 durante il secondo mandato a premier di Benazir Bhutto, un uomo considerato “incorruttibile” e già vicino alla Bhutto, capace di portare al Pakistan il compromesso che si aspetta Musharraf: che la guerra, comunque vada, mantenga il controllo pakistano su Kabul.
Ma poi, chi sono gli uomini dell’Alleanza del Nord? Robert Fisk, lo straordinario inviato nei Balcani di The Indipendent e uno dei pochi ad aver intervistato Bin Laden, ha scritto a tal proposito in questi giorni un pezzo illuminante: “Alla Cnn la chiamano ‘la nuova guerra dell’America’ – scrive Fisk -. Naturalmente, come sempre, si sbagliano perchè nel nostro desiderio di “consegnare alla giustizia” (ricordiamoci di queste parole nei prossimi giorni) quegli uomini crudeli che hanno pianificato i crimini contro l’umanità effettuati a New York e a Washington il mese scorso, stiamo ingaggiando, affinchè lavorino per noi, dei noti stupratori e assassini…tali sono i vari Dostum e gli altri comandanti dell’Alleanza del Nord, per questo sono temuti a Kabul… Sì, è una vecchia forma di guerra, un orripilante esercizio che negli ultimi tre decenni abbiamo visto mettere in pratica in giro per il mondo. Nel Vietnam gli americani volevano evitare ulteriori perdite; così riarmarono e rifecero l’esercito sudvietnamita perché assumesse il ruolo dei loro soldati di fanteria. Nel Libano meridionale per combattere i palestinesi e gli Hetzbollah gli israeliani usarono la teppaglia delle loro milizie libanesi. La Falange ed il cosiddetto “Esercito del Libano del Sud” avrebbero dovuto servire da fanteria per Israele. Fallirono ma ciò è insito nella natura delle guerre per procura. Nel Kosovo abbiamo tenuto le nostre ben armate truppe Nato tranquillamente fuori dal pericolo mentre l’Uck agiva da nostra fanteria. E adesso senza arrossire e senza nemmeno deglutire per l’imbarazzo siamo sul punto di ingaggiare in Afghanistan la cosiddetta Alleanza del Nord. I giornali americani dicono, senza ironia, che anche loro saranno i nostri “fanti” nella nostra guerra per braccare/ consegnare alla giustizia/ far saltar fuori/ sradicare/ liquidare Osama bin Laden e i Taleban. I funzionari Usa, che conoscono molto bene l’intero sanguinario e rapace curriculum degli assassini che stanno nell’Alleanza, sostengono in buona fede che questi sono gli uomini che ci aiuteranno a portare la democrazia in Afghanistan e ad espellere dal paese i Taleban ed i terroristi. In realtà – conclude Robert Fisk – noi siamo pronti ad assumere una banda di torroristi, i nostri terroristi, per liberarci di un’altra banda di terroristi. Che cosa, mi chiedo, penserebbero i morti di New York e di Washington di questo?”.